Autobiografia della memoria. Ho fatto coming out a quaranta anni!
Testimonianza inviataci da Rosa Salomone
Ho fatto coming out a quaranta anni. Ho iniziato con la mia comunità, la chiesa valdese di Milano, poi è venuta l’ora della mia famiglia, quindi ho iniziato con i miei colleghi.
Ho adottato la politica dei piccoli passi. Facevo solo quello per cui sentivo di avere energia, non di più. Mettiamola così: se hai benzina per sessanta chilometri, inutile andare da Milano a Catania in automobile. Cercavo inoltre di circondarmi di buoni compagni per il viaggio. Di solito omosessuali e bisessuali dichiarati anche loro, amici ed amiche di ogni età, passati per la stessa esperienza. In questo modo, quando le critiche da parte degli estranei aumentavano, poche a dire la verità, io sapevo dove appoggiarmi. Solo una persona mi ha fatto una guerra tenace, la mia madre adottiva e la mia famiglia.
Una delle prime cose, però, che si apprende del coming out è che quando la gente vede che non hai paura, praticamente è come se perdesse ogni tipo di controllo su di te. E’ come se le armi del ricatto e della maledizione cadessero da sole. Un mio amico dice che la paura ha un odore particolare. Ecco, quando smetti di aver paura, è come se la gente percepisse che quell’odore particolare è scomparso dalla tua pelle. E in buon ordine si ritira.
La mia famiglia mi vedeva serena. E nel momento in cui percepiva che io accettavo pienamente la mia condizione di omosessuale e che ciò mi rendeva migliore, più equilibrata e coraggiosa, ebbene c’era poco da criticare.
Questo non vuol dire che mi hanno accettata, ma nel momento in cui capivano che accettata o meno, amata o no da loro, comunque io andavo avanti per la mia strada ebbene hanno steso un velo di silenzio sulla mia vita sentimentale. Come se ci fosse un buco nero in quella parte della mia vita.
Con i miei parliamo di tutto: di salute, di lavoro e viaggi. Ma nulla su chi amo o non amo. Questo è sicuramente triste, per loro dico non per me, ma dal mio punto di vista è più triste mentire e ricorrere a pietose bugie o inventarsi fidanzati che non ci sono.
Più sono andata avanti nel mio coming out più la stima nei miei confronti è aumentata. Questo è un aspetto poco valutato nella sua portata devo dire. Di solito, chi non ha stima di sé è più portato ad allacciare relazioni in cui viene umiliato, offeso e mortificato nelle sue aspettative. Ci si accontenta di poco.
Di vedere la propria compagna ad ore e giorni contati, si sopportano i suoi tradimenti e inganni, che non si possano fare progetti, che si venga presi in considerazione per ultime, dopo famiglia, lavoro ed amici.
Ci si accontenta delle elemosine, come se fossimo mendicanti, invece che figlie del Regno dei Cieli. Oggi, difficilmente potrei accettare una relazione con queste caratteristiche. Nello stesso tempo, devo dire, è aumentata la stima di me nel lavoro. Oggi scrivo, pubblico, faccio convegni: cosa del tutto inimmaginabile per me fino a qualche tempo fa a causa della mia timidezza.
In nessuna occasione, devo dire però sono stata abbandonata da Dio. Guardandomi indietro, mi rendo conto che invece di segni di potenza, cosa che spesso gli chiedevo, mi ha mandato segni d’amore. Semplicemente, perché il suo linguaggio è questo.
E questi segni sono state le persone che ho incrociato nel mio cammino, nei momenti in cui più mi erano necessarie. A volte sono state brevi apparizioni, a volte amici che sono rimasti tali ancora oggi. In nessuna lotta intrapresa, mai dico mai, Dio ha mancato di fornirmi gli strumenti e la forza necessari per superarle.
Gli esempi, a questo proposito, si sprecano. Solo questo voglio aggiungere: dicono che siano poche le persone valide e che se uno ha la fortuna di trovarle è una persona fortunata. Ebbene, io ne ho incontrate continuamente.
Uomini e donne di grande coraggio, che hanno cambiato un pezzettino di mondo con le loro vite spesso silenziose. Non può essere una casualità che io ne abbia incrociato a dozzine di eroi come questi. L’ultima cosa che mi rimane da dire è che il coming out mi ha reso una donna profondamente diversa da ciò che ero. Ancora oggi mi sento in transito, in fase di cambiamento e di trasformazione.
Ci sono aspetti inediti della persona nuova che sono diventata, nuovi difetti e nuove virtù che spesso non riesco a riconoscere come tali, semplicemente perché non li avevo visti apparire prima in me. Il mio baricentro si è spostato, per esempio.
Prima dipendevo molto dagli umori ed amori altrui, ora no. Il difetto, però, in questo processo è che si è tentati di sprofondare in se stessi. Mi rendo conto, inoltre, che la psicologia e la psicoterapia continuano a trattare le relazioni omosessuali come se avessero gli stessi meccanismi di quelli etero.
Il che è in gran parte vero, a mio modo di vedere. Eppure, ci sono meccanismi tipici delle nostre relazioni che non sono quelle degli etero. Per esempio, è mai capitato ad una coppia etero di avere avuto la stessa ex fidanzata? Che influenze ha questo nel paesaggio sentimentale di una coppia?
Anche nel linguaggio, mi accorgo le cose cambiano. Si diventa più queer. I generi cambiano, si modificano, si passa dal lui al lei con una velocità che spesso lascia senza fiato: provate ad avere per un giorno una trans in cucina che sta effettuando il cambiamento da m/f e saprete ciò di cui parlo.
Molte mie amiche che si accingono al passo importante del coming out nelle loro vite, mi chiedono spesso se ne è valsa la pena. La risposta è: assolutamente sì. Sì, ne è valsa la pena e io oggi non tornerei più indietro alla bambina che ero. Perché quando ero bambina amavo da bambina, ora che sono donna amo da donna adulta, posso dire parafrasando Paolo. Il maggiore timore verso questo passo, di solito, è quando ci si ferma a riflettere sulle conseguenze del proprio gesto.
Ed ecco un quadro fosco, un paesaggio truce a grandi linee. Genitori in rivolta, colleghi che ti crocifiggono, amici che ti mettono alla gogna. In realtà, questo non è il futuro chi farà coming out, questo è semplicemente il suo presente. Genitori che sbraitano se solo si accenna alla parola lesbica, colleghi che raccontano le barzellette più oscene sugli omosessuali, amici che ridono sguaiatamente dell’eventualità di un rapporto gay.
E noi lì, a tacere, a stare zitte, a trattenere la rabbia. Nessun futuro può essere peggiore di un presente come questo. Se si mantiene la serenità, il saldo coraggio, il proprio sentimento della dignità niente del genere può accadere. Anzi, accade proprio il contrario. Succede che le persone cominciano ad avere rispetto di te, ad ammirati e stimarti per ciò che sei, a nutrire nei tuoi confronti grande considerazione.
Questo è a tal punto vero che se mi guardo intorno posso dire con molta serenità che le persone che vivono male le loro relazioni, le loro vite, i loro sentimenti e il loro lavoro non sono certo le persone che hanno fatto coming out, sono proprio quelle che non lo fanno. Perché si vive una vita, la vita che io facevo, pronte a sussultare ad ogni brezza, ad ogni rumore, ad ogni strana diceria.
Perché non c’è nulla di più deleterio che tacere di un amore e della nostra maniera di amare: è come volere nascondere un miracolo, quando invece si ha voglia di uscire per le piazze e di gridarlo a squarciagola. Nulla di più tragico in un mondo come questo che nascondere la luce nelle nostre case.