Gay e cattolici: è possibile?
Articolo di Francesca Tognetti tratto da gay.tv dell’11 Ottobre 2010
Religione e omosessualità: per alcuni è una bestemmia, per altri una dicotomia insanabile. Ma è possibile essere gay e credenti senza essere lacerati dalla contraddizione?
L’essere umano è una creatura meravigliosamente complessa, e la sua identità è data non già dalle etichette che altri appiccicano sulla sua fronte, ma da un intreccio di auto-determinazioni profonde.
Uomo, donna, etero, gay, lesbica, italiano, straniero, fattorino, stilista, artista, politico, giovane, vecchio, disoccupato, precario, ricco, ateo, cattolico.
Alzi la mano chi può dire di sentirsi riassunto nella sua interezza da un’unica e sola definizione. Ecco.
Fili che si annodano, fili di diversi colori che si intrecciano nella trama di ogni “sé”, unica e complessa. Alcune complessità, però, sono più “difficili” di altre: alcuni fili legano e rafforzano l’identità, altri la dividono. E la strangolano.
Il binomio “omosessualità” e “cattolicesimo” rappresenta, per molti, una dicotomia insanabile. Insanabile e insana molti cattolici, convinti che essere gay sia una perversione e un peccato.
E per molti omosessuali, che vedono nell’istituzione della Chiesa uno dei nemici più accaniti sulla strada del riconoscimento e dei diritti. Hanno tutti ragione, ovviamente. Tenendo stretto un solo capo di un filo, è facile vederlo svolgersi con chiarezza. Ma cosa accade quando i fili si annodano?
Una volta discussi in maniera piuttosto infiammata con una teologa cattolica che sosteneva la possibilità di un femminismo cristiano.
La cosa appariva ai miei occhi insostenibile: poteva forse la legge della Chiesa condividere la battaglie della sessualità femminile e dell’autogestione del corpo (anticoncezionali, aborto..), pilastri sine qua non delle rivendicazioni sociali e politiche delle donne?
La risposta di questa teologa fu: ovviamente no. Il punto, secondo lei, non stava tanto nella possibilità di conciliare due visioni, ma nel prendere atto che tali conciliazioni, tali intrecci, esistevano.
E sia la Chiesa, sia il femminismo, dall’alto del loro utopico “purismo”, sbagliavano a volerli slegare. Le contraddizioni esistono solo in filosofia, non sulla pelle delle persone.
Immagino che un simile ragionamento possa essere adottato anche parlando di omosessualità; è assai improbabile che, a livello di ortoprassi o di regola “spiccia” (delle serie: cose da fare e cose da non fare), l’omosessualità possa essere accettata.
Ed è altrettanto inverosimile che gli omosessuali possano riconoscersi all’interno di un sistema di regole e leggi che li considera di per se stessi “sbagliati” e peccatori.
Ma da entrambe le parti, forse, c’è qualcosa di più profondo. Forse essere gay e cattolici non è possibile; forse è possibile solo essere gay e credenti. Forse omosessualità e religione sono un paradosso. Ma lo sono anche omosessualità e fede?
Non essendo né omosessuale né cattolica trovo difficile capire la situazione di chi – e sono tanti – trova nell’omosessualità e nel cattolicesimo parti integranti di se stesso.
Quello che penso è che forse bisognerebbe smettere di sezionare le identità per capirne la natura e accettarle per come sono.
E’ di una violenza inaudita il fatto di dover sradicare una parte di se stessi perché in apparente contraddizione con un’altra.
Allontanarsi da una fede perché qualcuno (la Chiesa? La cultura gay?) ritiene che sia inconciliabile con l’omosessualità è contronatura, come reprimere il proprio orientamento di genere in nome di un comandamento.
E se la Chiesa non è pronta ad accettare senza giudicare, forse i primi a farlo potrebbero essere i gay: esistono sul territorio italiano moltissime associazioni di gay cattolici, che si occupano tra l’altro di conciliare queste identità apparentemente lacerate (TROVI QUI LA LISTA DEI SITI WEB DEI GRUPPI DI CREDENTI OMOSESSUALI IN OGNI CITTA’), ma a livello generale il tema rimane un mezzo tabù.
E ho la sensazione che esista, profondamente radicata nella mentalità gay italiana, una barriera culturale e emotiva nei confronti degli omosessuali credenti. Sembra che poiché il Vaticano è un nemico da combattere, la fede sia un dono precluso ai gay consapevoli. E’ un tacito aut aut: o noi, o loro.
E per chi deve scegliere, si tratta di rinunciare a una parte di sé, di lacerarsi oppure subire un doppio ostracismo.
Forse religione e omosessualità non possono convivere sulle tavole della legge: ma coesistono nella trama complessa di molte identità. E forse proprio la comunità gay dovrebbe essere la prima a rompere questo tabù, senza giudicare.
Il giudizio, lasciamolo sul pulpito.