Argomenti tabù. I pastori gay e la difficoltà di gestire la propria sessualità
Articolo di Joseph M. Amico pubblicato sul sito di NALGAP* (Stati Uniti) nel novembre 2004, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Mentre ascoltavo una notizia di qualche anno fa riguardante le denunce di abusi sessuali nell’arcidiocesi cattolica di Boston, mi accadde di guardare alla televisione un prete accusato condotto nell’aula di tribunale in manette. Il mio interesse raddoppiò quando riconobbi un prete della parrocchia della mia città natale. È stato in quel momento che ho deciso di parlare su come la soppressione dell’orientamento sessuale contribuisca alla dipendenza sessuale e ad altre azioni compulsive, inappropriate nel clero. Prima di tutto, voglio essere chiaro: non tutto il clero omosessuale ha confini sessuali inappropriati e non tutti gli omosessuali sono dipendenti. Comunque, ci sono alcuni problemi sistemici che contribuiscono ad un comportamento inadeguato nel clero gay, che verrà illustrato in questo articolo insieme ai suggerimenti clinici per il trattamento.
Voglio sottolineare che non è solo un problema della Chiesa Cattolica. È presente in tutte le confessioni, in particolare in quelle che pongono l’accento sul celibato e sui divieti in materia di identificazione o azioni omosessuali. Nel corso degli anni ho lavorato con molti clienti che hanno scelto di entrare nella vita consacrata per affrontare i loro problemi di orientamento sessuale (“Se divento prete, forse Dio mi perdonerà per questi pensieri e mi manterrà puro”). Nelle Chiese che permettono ai pastori eterosessuali di sposarsi, alcuni si sono sforzati di sposarsi, pensando che ciò li “avrebbe salvati” dalle loro tendenze e dai loro pensieri omosessuali. Entrambe le linee di pensiero hanno portato a comportamenti di dipendenza disastrosi, inclusi atti sessuali inappropriati.
Un modo per descrivere cosa succede è pensare al gioco del “tienilo lontano” sulla spiaggia con un pallone gonfiabile. Se cercate di trattenere la palla sott’acqua per tenerla lontano dalla squadra avversaria, alla fine la pressione sott’acqua farà scivolare la palla via da chi la controlla e la farà balzare in una direzione in cui il giocatore non avrebbe voluto farla andare.
Le Chiese che proibiscono l’omosessualità e che obbligano al celibato hanno lo stesso effetto sul clero omosessuale. Più costoro cercano di sopprimere la propria sessualità, meno la controllano e così finiscono per esprimerla in maniera inadeguata (per esempio, atti sessuali aggressivi con parrocchiani, i seminaristi e, a volte, tragicamente, con adolescenti e bambini). Più di un cattolico mi ha raccontato di come pensava sarebbe stato al sicuro quando ha fatto l’impegno del celibato e poi è stato avvicinato sessualmente da docenti in seminario. Il clero di tutte le fedi racconta di “essersi innamorato” di parrocchiani che hanno mostrato loro comprensione e compassione in una professione che spesso è stressante senza un supervisore che possa essere d’aiuto.
Molti sacerdoti, dopo tutto, sono “rangers solitari” come pastori della loro chiesa. Come guaritori feriti, diventano vulnerabili in una professione che, fino a poco tempo fa, non aveva nessuna formazione sui confini sessuali. Tenete a mente che solo una generazione fa non era strano in molte confessioni per un pastore scapolo essere “preso all’amo” da single disponibili della propria parrocchia, con la speranza, da parte della congregazione, che il tutto finisse con un matrimonio.
Nella professione di facilitatore non potremmo mai pensare di uscire con una cliente. Non molto tempo fa, le congregazioni (protestanti) avrebbero visto il loro pastore sposato con l’organista, la segretaria o la monitrice come un “di più” per la loro congregazione. I seminari non insegnano nulla sui confini sessuali. La mia struttura ha avuto la sua prima richiesta per un workshop con il clero su questi confini solo due anni fa!
Pensate adesso che il clero incontra i parrocchiani quando questi sono molto vulnerabili, di solito in casa di questi ultimi (per esempio in caso di malattie, morti, battesimi, nascite, crisi matrimoniali). La cura e le attenzioni del sacerdote possono essere fraintese come avances romantiche e, senza un’adeguata formazione e dei confini, certi egli può trovarsi rapidamente in guai rovinosi. Aggiungete a queste situazioni comuni una personalità dipendente e avrete il paradiso di un sesso-dipendente.
Ostacoli al trattamento
Tornando alla dipendenza e all’orientamento sessuale: niente spinge alla dipendenza come la vergogna. Molti sacerdoti gay provano parecchia vergogna per il fatto di essere gay. Devono nascondere il loro stile di vita, che poi – come la palla da spiaggia – viene fuori in modi inappropriati: andando in aree di cruising, in parchi, in toilettes, in librerie per adulti o in saune.
Alcuni finiscono col comportarsi in modo inappropriato con i parrocchiani (“Mi ha sedotto”; “Gli stavo mostrando ‘amore’”, ecc…). Nel caso che siano stati abusati loro stessi da giovani o da seminaristi, stanno ripetendo il circolo vizioso che è successo a loro (“Se va bene per me, allora deve andar bene per gli altri”).
Come con molti dipendenti, sono molte le ragioni per cui il clero resiste al trattamento per la sua cattiva condotta sessuale. Valgono le solite difese della dipendenza: la negazione, il diritto, la minimizzazione e la razionalizzazione. Comunque, i preti ha un’ulteriore motivo per il quale resiste al trattamento: sono abituati ad avere il controllo. I preti sono come gli amministratori delegati di un’organizzazione e la parrocchia spesso li mette su un piedistallo. Dopo tutto, i preti sono i rappresentanti di Dio.
Come possono fare del male? Sono vulnerabili alla perdita della carriera. Con le leggi attuali di comunicazione previste dalle agenzie governative e dalle confessioni, i preti hanno una buona opportunità di perdere il lavoro se si fanno curare.
Simile al problema del controllo è quello della manipolazione delle regole. I preti spesso sono quelli che interpreta nelle chiese locali lo statuto della Chiesa e le regole della confessione. Sono abituati a fare/riformare/rompere le regole e hanno ragioni giustificabili (nella loro mente) del perché sia giusto fare così. Le parrocchie raramente sfidano la loro autorità. Questo spesso porta a problemi di eccessiva stima di sé e contribuisce a tendenze narcisistiche. In caso di “vittime” del clero, ci sono distorsioni comuni che impediscono di segnalare e cercare aiuto. La prima è la negazione(“Non sarebbe potuto accadere. Il prete, che è buono, non avrebbe fatto una cosa del genere se fosse sbagliato”).
Vi è spesso la paura della privazione dei diritti civili (“Nessuno mi crederà. Tutti amano il prete. La gente scoprirà che sono gay!”). Proprio la mancanza di confini ben determinati della vittima contribuisce anche a sottostimarsi o a non cercare aiuto per il trattamento. Un’altra distorsione comune è l’essere protettivi (“Tutti amano il prete. Ha battezzato tutta la mia famiglia. Non voglio essere responsabile del fatto che se ne vada. Tutti mi odieranno”). L’ultimo è comune per tutte le vittime di abusi: sentirsi responsabile per aver provocato il suo comportamento (“Devo averlo cercato o mi piaceva, quindi non lo dirò a nessuno”).
Approcci innovativi
In molti casi, poiché nessuno ha insegnato in modo appropriato a queste persone i loro confini, il nostro compito di medici è quello di confrontarci con la negazione da parte del clero che questi “atti d’amore” siano davvero degli abusi. Il mio buon amico e collega, il dottor John Sealy, direttore sanitario del Sexual Dependency Unit al Del Amo Hospital a Torrance, in California, ha delineato un approccio di trattamento utile per queste persone, che chiama “Going to the BEACH” (letteralmente “andare in SPIAGGIA”).
B sta per Boundaries (Confini). Le persone abusate perdono il loro senso dei confini. Quelle dipendenti perdono di vista i confini degli altri. E le persone abusate e dipendenti li perdono di vista tutti e due. Abbiamo bisogno di aiutare i nostri clienti a capire la vulnerabilità: la propria e quella degli altri. Questo porta alla E, che sta per Empatia. Questi trasgressori dei confini personali sono spesso individui narcisistici, che non prendono in considerazione le esigenze delle loro vittime.
Nel caso di efebofili che importunano gli adolescenti (spesso rifacendo quello che è accaduto a loro), chiedo loro di sedere e guardare i ragazzi giocare. Sembrano pronti a prendere decisioni su sesso e relazioni? I giovani gay che si avvicinano al parroco lo fanno perché sembra che al parroco interessi non la ricerca di sesso ma la comprensione e l’aiuto. Questo si può fare senza l’inclusione della sessualità. Questo può sembrare normale per noi, ma a molti clienti deve essere spiegato. La loro risposta è “la persona era (consapevolmente) seducente” o “anche loro lo volevano”.
A sta per Accountability and Attitude (Responsabilità e Atteggiamento). Questi pastori hanno pensieri distorti, specialmente quando si arriva alla presa di responsabilità (“L’altro l’ha voluto; mi ha sedotto consapevolmente”). È nostro compito fargli fare marcia indietro. Una volta che capiscono i confini appropriati, imparano che, come professionisti (e adulti), hanno la responsabilità di sapere dove sono i limiti nel comportamento affettivo.
Molte parrocchiane si aspettano abbracci dai loro parroci sulla porta della chiesa. Alcune anche un bacio. Ma il bacio e l’abbraccio a volte cambiano e dal “Dio ti ama” si trasformano in “Sono sessualmente coinvolto con te?”. Il clero dalle aree rurali sosterrà che non ci sono abbastanza sfoghi sociali, così naturalmente va bene avere un appuntamento o avere rapporti sessuali con una parrocchiana. Mentre nel caso di parrocchiani gay essi possono invogliare il parroco dicendo: “Dai, io e te facciamo parte dello stesso ‘club’. Va tutto bene. Non c’è bisogno che nessuno lo sappia”.
C sta per Comunità. Tutti sappiamo che l’isolamento è un problema per le persone dipendenti. I preti possono essere molto isolati nelle loro parrocchie. Danno e danno, senza che nessuno dia a loro. Ovviamente, i gruppi dei dodici passi sono un grosso antidoto all’isolamento e forniscono una comunità solidale. Nel caso del clero gay, un qualche tipo di collegamento alla comunità gay è essenziale. Oltre gruppi dei dodici passi gay, ci sono tutti i tipi di attività ricreative, sociali e i gruppi sportivi.
H sta per Honesty e Healthy sexuality (onestà e sessualità sana). Abbiamo bisogno di incoraggiare questi preti ad essere onesti riguardo i loro sentimenti e i loro comportamenti. Per quei pastori gay che arrivano da confessioni repressive, potrebbe essere necessario per loro lasciarle per vivere una vita sana. La chiave in qualsiasi programma di recupero sessuale non è l’astinenza (anche se l’astinenza può essere necessaria nel periodo di recupero iniziale per disintossicarsi). La chiave è promuovere una sessualità sana.
Se una persona lotta con il suo orientamento sessuale, che è incompatibile con gli insegnamenti della sua Chiesa, la persona deve prendere decisioni difficili. Come medici, abbiamo bisogno di assistere la persona nell’esaminare le opzioni senza giudicare.
*NALGAP è un’organizzazione statunitense, fondata nel 1979, che si occupa della prevenzione e del trattamento dell’alcolismo, della tossicodipendenza e di altre dipendenze nelle comunità lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer.
Testo originale (PDF): Clergy Sexual Addiction and Sexual Orientation Issues