Il don risponde. Un omosessuale deve presentarsi frequentemente alla confessione?
Email inviataci da Carlo F., risponde don Luca
Caro don Luca, mi è capitato di dare un’occhiata alle risposte date alle lettere dei lettori che inviano a Gionata i loro dubbi, i loro quesiti e le loro preoccupazioni. Partendo dal presupposto che un sito frequentato da cristiani omosessuali per forza di cose raduni gente a cui interessa un dibattito, un confronto, un approfondimento circa certe tematiche, credo si possa ben dire che il sito sia frequentato da gente pronta a mettersi in discussione, che si sente attratta dalla spiritualità, dal Vangelo e che, quindi, non si fermi all’esteriorità delle cose, all’epidermide.
Per un gay cattolico già il fatto di conoscere la dottrina della Chiesa Cattolica, la quale avverte un “homosexualitatis problema” e doversi scontrare quotidianamente con un “sé” che vorrebbe affermare il contrario, magari avvertendo naturalezza in ciò che prova (se non è egodistonico), e magari anche in ciò che fa [ due uomini o due donne (omosessuali??) di sovente sentono il bisogno di stare assieme fisicamente] fa di lui/lei, a mio avviso, una persona forte, capace di resistere alle dissonanze fra ” ciò che mi si dice” e “ciò che sento”.
Ora, al fatto che Dio ci ami, che Dio sia sempre pronto al perdono siamo tutti più che preparati, il papa ce lo ricorda sempre, ed è con questa motivazione che spesso, da bambini, siamo stati invitati alla confessione.
A qualcuno come al sottoscritto, però, magari piacerebbe saperne di più. Posto che non si può vivere senza peccato ( come tu stesso scrivevi ad un lettore ), una persona omosessuale che si prende la responsabilità di ciò che sente e di ciò che fa, è legittimato a vivere serenamente solo ponendo la condizione di presentarsi frequentemente alla confessione? E quindi ammettendo implicitamente che cedere alle pulsioni sia peccato?
Ho l’idea che, al di là di tutto quello che si possa dire, il messaggio finale sia questo: Dio guarda a te come persona, non gli importa dei tuoi peccati, ma se ti confessi devi dire che lo hai fatto.
Per me che non accetto proprio il fatto che ” l’ignoranza ” salvi dai peccati, poiché non lo si sapeva, spero profondamente che almeno la ricerca, lo studio, la messa, la disposizione personale ad un incontro con il messaggio evangelico costituiscano un ” titolo di credito ” effettivo, un valore aggiunto all’essere cristiano in maniera matura, che la “fatica” e l’impegno profusi possano essere graditi ( e qui mi ricollego alla parte iniziale della lettera, ribadendo che forse si ha a che fare, in questo sito, più con persone di buona volontà che con persone semplicemente “devote” ).
Se la Chiesa, semper reformanda, ripartisse da un’esegesi dell’omosessualità e riconoscesse come doni dello Spirito Santo gli apporti di scienze sociali e neuroscienze, o scienze in generale ( cme già contemplato nel “Gaudium et Spes”) non sarebbe forse più facile, anziché aggiustare il tiro, di tanto in tanto, o non aggiustarlo affatto?
Posso sembrare pedante, ma non intendo esserlo: semplicemente espongo, con l’ordine che posso, tutto ciò che ho in mente e che è frutto un po’ della mente, un po’ del cuore.
Ti saluto con simpatia
Carlo
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La risposta…
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Una persona omosessuale, che “si prende la responsabilità di ciò che sente e di ciò che fa, è legittimato a vivere serenamente solo ponendo la condizione di presentarsi frequentemente alla confessione?”
Non so bene cosa tu intenda per “si prende la responsabilità di ciò che sente e di ciò che fa”. Avevo già espresso il mio parere nelle precedenti lettere: se c’è amore vero (e l’amore vero io lo associo necessariamente alle parole “per tutta la vita”) per me non è sbagliato esprimerlo in tutte le sue sfaccettature, se invece è una mera ricerca di piacere fine a se stessa, allora è sempre e comunque sbagliato.
Tuttavia prescindendo da quello, sarebbe un po’ cretino un Dio che perdona chiunque basta che uno vada lì facendo magari il piantino e dicendo mi spiace. Non chi dice Signore Signore… ci ricorda Gesù. Quando ci si accosta al sacramento della riconciliazione o lo si fa seriamente, oppure è meglio evitare. Prima della quantità conta la qualità.
Nel libro di Samuele leggiamo una frasetta bellissima che dovremmo ricordarci sempre: “l’uomo guarda l’apparenza, ma Dio guarda il cuore”. Se non è il tuo cuore a chiedere al Signore perdono… la tua bocca può parlare finché vuole ma il Signore non capisce: nella riconciliazione sono due cuori che si parlano: quello del peccatore e quello di Dio, e la lingua dei cuori è un idioma tutto particolare.
E questo è il motivo per cui, quando qualcuno mi obietta che in fondo è una fregatura essere dei bravi cristiani perché basta pentirsi un attimo prima di morire per andare in paradiso e prima si può fare tutto quello che si vuole, io sorrido: si può ingannare l’uomo ma non Dio. Lui guarda il cuore e quello non può mentire.
Poi, io sono di quelli che sostiene l’importanza dell’accostarsi al sacramento della riconciliazione periodicamente (una volta al mese? mica male direi), meglio se con lo stesso prete in modo da avere una persona di riferimento, che sappia chi sei, qual è la tua situazione e ti aiuti a crescere nella fede (un padre spirituale – lo so il 99% di voi odia questa figura, ma in realtà è una grande ricchezza).
Ecco evitate vi prego preti che vi dicono che siete indemoniati o vi invitano alla fustigazione periodica (credo e spero non ce ne siano più… ma se ci sono, trovatevene un altro e dite al reverendo di cambiare spacciatore:-)).
Gli omosessuali devono confessarsi più spesso degli eterosessuali? Per Dio non esiste l’omosessuale o l’eterosessuale. Esiste il figlio peccatore e il figlio non peccatore. Il figlio non peccatore è uno solo, Gesù Cristo, tutti gli altri sono peccatori. Quindi… Ciao, amato figlio di Dio.
don Luca