Il vescovo cattolico Gumbleton “perché dico si ai sacerdoti gay”
Riflessioni del Vescovo cattolico americano Thomas Gumbleton* pubblicate sul sito del settimanale cattolico America magazine (USA) il 30 settembre 2002, tradotte da Fabio
Una delle principali ricadute della crisi della leadership nella Chiesa cattolica è fare dei sacerdoti e dei seminaristi omosessuali i capri espiatori. Un vescovo ha detto che la sua “conclusione non scientificamente provata è che la maggior parte degli abusi sessuali dei preti è radicata nell’accettazione sociale dell’omosessualità”.
E ha proseguito traendo la bizzarra conclusione che ci sono ambiti che dovrebbero essere vietati a certe persone: “i tossicodipendenti non dovrebbero fare i farmacisti, gli alcolisti non dovrebbero fare i baristi, i cleptomani non dovrebbero fare i banchieri e gli omosessuali non dovrebbero fare i preti”.
Ovviamente questo vescovo crede che ogni persona omosessuale sia un pervertito sessuale e crede che vietando loro il sacerdozio, lo scandalo dei preti pedofili sarà messo a tacere.
Altri vescovi non arrivano a pensare che tutti gli omosessuali siano dei pervertiti; ciononostante li escludono dai seminari e dal sacerdozio. La loro scelta riflette il giudizio del teologo Germain Grisez: “Possono gli uomini di orientamento omosessuale essere buoni candidati per l’ordinazione? Ci sono buone ragioni per dubitarlo.
La sessualità plasma profondamente la vita della persona umana, e l’orientamento omosessuale, sebbene meno bizzarro della parafilia, è un grave disordine. Certamente gli uomini omosessuali possono essere perfettamente continenti, ma il carisma del celibato richiede di più; serena castità e sublimazione dell’energia sessuale del prete al servizio dell’amore del Regno di Dio”.
Alcuni critici dell’accettazione degli omosessuali al sacerdozio, come Charles Wilson, a capo della Fondazione St. Joseph, un’organizzazione texana riconosciuta dalla Chiesa, preferirebbe bandire i seminaristi omosessuali con un atto esplicito del diritto canonico, sebbene ritenga che già oggi il diritto canonico correttamente interpretato proibisca il seminario agli omosessuali.
Infatti, un vescovo ha giù pubblicamente preso posizione, dicendo: “C’è una differenza fra un candidato eterosessuale e un candidato omosessuale al sacerdozio. Un candidato eterosessuale sta facendo una cosa buona, diventare prete, e sta rinunciando a una cosa altrettanto buona, il desiderio di avere una famiglia. Un seminarista gay, anche uno assolutamente casto, a causa del suo orientamento sessuale non è adatto a candidarsi al sacerdozio. Sta soltanto rinunciando a qualcosa che la Chiesa considera abominevole”.
Lo scorso marzo, Joaquin Navarro-Valls, portavoce del Vaticano (al tempo di Giovanni Paolo II), ha pubblicamente collegato i preti pedofili con l’omosessualità ed è arrivato a suggerire che l’ordinazione sacerdotale dei gay potrebbe non essere valida. Le sue dichiarazioni di per sé non possono preoccupare, dal momento che Navarro-Valls non si occupa di magistero della Chiesa.
Comunque, dietro il suo intervento sembra ci possa essere qualcuno importante, dal momento che nessun vescovo in Vaticano o altrove ha pubblicamente sconfessato queste dichiarazioni. Questo può certamente dare l’impressione che dietro l’intervento ci sia un sostegno ufficiale.
Tutto questo interesse ai gay nel sacerdozio e nella vita religiosa come risposta ai recenti scandali sessuali, lascia molti preti e fratelli gay vulnerabili e impauriti. In un recente articolo, un religioso, frate Jack Talbot, un frate cappuccino della provincia di St. Joseph, ha citato un amico: “E’ difficile essere dichiarati; dichiararsi omosessuali nella vita religiosa richiede coraggio e conversione. Con il recente attacco del Vaticano contro gli omosessuali nella vita religiosa, ho paura che qualche parrocchiano s’inventi qualche brutta storia, che leggerei poi sulla stampa locale”.
Tutto questo deve finire: fare dei preti gay i capri espiatori della crisi degli abusi sessuali, la richiesta di escludere i candidati omosessuali dal sacerdozio e dalla vita religiosa, la inaudita provocazione secondo cui l’ordinazione dei gay non sarebbe valida. Tutte queste posizioni contribuiscono al rapido aumento di sentimenti negativi che così tante persone nella chiesa e nella nostra società nutrono verso gli omosessuali.
Il primo passo per cambiare questi duri giudizi e questi sentimenti negativi verso i preti gay e le persone omosessuali in generale è esaminare le nostre esperienze. Senza esserne consapevoli, un imprecisato numero di persone nella chiesa sono state benedette dall’amorevole e servizievole ministero pastorale dei preti e dei vescovi gay. Un ordinario senso comune ci dice che questo ministero viene da Dio. E’ autentico e valido.
Può essere inoltre utile ricordare quello che i vescovi americani hanno scritto nel loro documento Sempre nostri figli. Parlando ai genitori che scoprono che i loro figli sono omosessuali, noi abbiamo chiesto “Come potete esprimere al meglio il vostro amore – riflesso dell’amore incondizionato di Dio- per i vostri figli”.
E li abbiamo esortati “non rompete i contatti, non rifiutate vostro figlio… vostro figlio può aver bisogno di voi e della vostra famiglia più che mai. E’ la stessa persona di prima. Il figlio che è sempre stato il vostro regalo di Dio può essere causa di un altro dono: la vostra famiglia sarà più onesta, rispettosa e caritatevole.
Sì, il vostro amore può essere messo alla prova da questa realtà, ma può anche accrescersi attraverso lo sforzo di essere amorevoli”.
Non sarebbe meglio per i genitori che si stanno sforzando di accettare e di amare incondizionatamente il loro figlio omosessuale, se la chiesa accettasse i preti e i vescovi gay apertamente e con riconoscenza? E se il dono di un figlio omosessuale può essere causa di un altro dono in famiglia, allo stesso modo un prete omosessuale potrebbe essere di un dono simile alla comunità parrocchiale? Una comunità che accettasse questo dono crescerebbe nella capacità di essere onesta, rispettosa e caritatevole.
Noi dobbiamo anche chiederci: vogliamo realmente privare la chiesa di un prezioso e benedetto ministero che è stato offerto dai preti, dai religiosi e dalle religiose che sono gay o lesbiche? Vogliamo realmente aumentare la sofferenza e il dolore che molti di loro hanno sperimentato nella loro vita? Vogliamo realmente istigare una “caccia alle streghe” per espellere dal sacerdozio i preti gay e, aggiungo, i vescovi gay?
Come vescovo, per oltre 30 anni, ho lavorato con molti preti gay e li ho conosciuti bene. Loro stanno bene psicologicamente e nel loro devoto servizio sono davvero stati operosi. Sono testimone del loro amore per Dio e per la gente che servono così bene e generosamente. So anche la difficoltà che ora incontrano nel vedere come i vescovi stanno affrontando la attuale crisi della chiesa.
Alcune lettere che ho ricevuto recentemente mostrano chiaramente l’impatto di questo attacco alle persone omosessuali. Un prete scrive:
« Sono un prete cattolico celibe. Io non l’ho scelto, ma nell’infinito amore e nell’infinita grazia di Dio, sono stato creato gay… ho lottato per scoprire la mia sessualità. Ho cercato modi affinché i miei doni e i miei talenti potessero essere usati appieno per contribuire a realizzare il Regno di Dio. Comunque, la paura della “caccia alle streghe” continua a tenere una parte di me nel nascondimento.
Come posso essere “dichiarato” (in modi appropriati) e onesto con la gente che servo? Sento il rifiuto della gente che tento di servire con amore, e questo mi causa sofferenza.
A volte mi chiedo se devo rimanere prete… Io amo il lavoro che faccio. Vivo il celibato giorno dopo giorno, e credo di essere un buon prete. Ma mi rende triste il fatto di non poter condividere con gli altri una parte di ciò che sono, la sorgente dei miei sentimenti e che mi dà le energie… Trovo insopportabile che ci sia così tanto odio che continua ad essere alimentato da coloro che proclamano di parlare per conto del nostro Dio dell’amore ».
Un altro esempio: « Sono un prete gay e celibe, e ho lottato tutta la vita con le difficoltà legate all’essere nato omosessuale. Lo Spirito Santo ha ovviamente chiamato molti gay al sacerdozio negli ultimi anni. Come lo spiegano i vescovi? Capiscono i vescovi la sofferenza e l’ostilità che stanno sollevando contro i preti gay con le loro dichiarazioni? Non vedono che, come per l’opposizione all’ordinazione di altre minoranze anni fa, la loro opposizione ai gay non ha fondamento negli insegnamenti di Gesù?
Vescovo Gumbleton, tu hai incoraggiato i preti gay a dichiarare il proprio orientamento sessuale. E io l’ho fatto, solo per essere trattato ora dai miei parrocchiani come qualcuno che è stato ordinato per sbaglio. Dopo tutti questi anni in cui ho amministrato sacramenti, oggi è stata la prima volta che una giovane coppia nella mia parrocchia mi ha chiesto se il battesimo del loro bambino sarebbe stato valido, dal momento che avevano saputo che sono omosessuale ».
Mi sembra chiaro che questi preti che sono stati totalmente fedeli nel seguire la loro chiamata al sacerdozio meritano di meglio da noi. Non devono essere torturati e forzati a vivere la loro vita nella paura e anche non devono soffrire la violenza che la nostra società spesso indirizza contro le persone omosessuali. Un sostegno aperto e l’amore per i preti e per i vescovi gay rimuoverebbe il senso di isolamento e solitudine che molti sperimentano. Questo, insieme alla libertà di non nascondere più “un importante parte di ciò che sono” potrebbe aiutare coloro che non riescono ad essere fedeli all’impegno celibatario.
E insisto che dobbiamo rifiutare ogni pregiudizio secondo cui un prete o un vescovo gay non possano condurre l’impegno celibatario come fanno gli eterosessuali. E’ davvero una concezione inadeguata del celibato sostenere, come ha fatto il vescovo che ho citato prima, che un prete eterosessuale “sta rinunciando a qualcosa di buono, il desiderio di avere una famiglia”. Il celibato non è semplicemente un “rinunciare” a qualcosa.
E’ un modo positivo di amare –amare ed essere amato- ma senza intimità sessuale. Le persone omosessuali possono amare nel celibato come segno dell’amore di Dio, genuinamente come gli eterosessuali. In “Sempre nostri figli”, i vescovi americani hanno pensato chiaramente a questo quando hanno stabilito: “Tutti –omosessuali e eterosessuali- siamo chiamati alla maturità personale e alla responsabilità.
Con l’aiuto della grazia di Dio, tutti siamo chiamati a praticare la virtù della castità nelle relazioni. Castità significa integrare i pensieri, i sentimenti e le azioni nell’ambito della sessualità umana in un modo che valorizzi e rispetti la dignità propria e dell’altro”.
Come persona eterosessuale, ho dovuto imparare come integrare la mia sessualità in un modo salutare nelle mie relazioni d’amore. Come persona celibe, ho scelto di farlo senza una piena intimità sessuale. E come ha notato il professor Grisez, sono arrivato al punto di una “serena castità e sublimazione dell’energia sessuale del prete al servizio dell’amore del Regno di Dio”.
Ciò che è vero per me come persona eterosessuale celibe è ciò che è vero per una persona omosessuale celibe. Il prete o il vescovo omosessuale celibe porta con sé lo stesso carisma al servizio della chiesa come gli eterosessuali e può raggiungere la stessa “serena castità e sublimazione dell’energia sessuale”.
Sostenere che la sola cosa alla quale un prete gay può rinunciare è un comportamento “abominevole” manifesta non solo una profonda ignoranza di ciò che è davvero il celibato, ma è anche un insulto a tutte le persone omosessuali. Di nuovo, mentre il celibato rappresenta un sacrificio, esso non è semplicemente una rinuncia. E’ un particolare modo di amare, un carisma dato da Dio a persone che sono eterosessuali o omosessuali. Per questa ragione, è assurdo suggerire che l’ordinazione delle persone omosessuali è invalida semplicemente a causa del loro orientamento sessuale.
Ovviamente Dio ha chiamato molti uomini gay al sacerdozio e all’episcopato attraverso la lunga storia della Chiesa. Senza dubbio, dichiarare tutte queste ordinazioni invalide significherebbe chiamare in causa l’integrità dell’intero sistema sacramentale.
Un’altra importante ragione per rifiutare questo attacco contro I preti e I vescovi omosessuali è che identificare gli omosessuali come la causa, o come una parte importante della causa della attuale crisi, sarà un errore che non terrà conto della più basilare causa di questa scandalosa situazione. La causa più radicale è stata identificata nel 1971 nello studio psicologico dei preti e dei vescovi negli Stati Uniti condotto dal Dr. Eugene Kennedy. Questo studio, di certo, includeva preti omosessuali e eterosessuali.
Lo studio indicò che una grandissima percentuale dei preti era seriamente sottosviluppato in termini di maturità psicologica. Questo può derivare in situazioni in cui una persona può essere cronologicamente un adulto ma psicologicamente, affettivamente ed emozionalmente un adolescente. Ovviamente, queste persone tendono verso relazioni inappropriate. (Una persona che è psicologicamente un adolescente si sentirà più a suo agio con in relazioni con ragazzi – con “adolescenti” come lui). E che questa relazione sia omosessuale o eterosessuale, resta sbagliata e criminale.
Ma il problema che ci sta di fronte non è il problema dei preti omosessuali. E’ un problema di un serio sottosviluppo psicologico dei preti.
Questo problema deve esserre ancora risolto. Persone sottosviluppate possono essere guidate verso un successivo stadio di maturità che consenta loro di vivere in un modo psicologicamente sano. Questo è vero delle persone omosessuali sottosviluppate, così come delle persone eterosessuali sottosviluppate.
La cosa importante nei seminari e negli istituti di formazione religiosa, è approvare all’ordinazione sono colore che hanno raggiunto un adeguato grado di sano sviluppo psicologico. Questo sano sviluppo psicologico deve includere sia gli eterosessuali, sia gli omosessuali. Vari studi psicologici indicano che le persone omosessuali sono sane come chiunque altro. Questo vale anche per preti e vescovi.
Ci sono anche molte altre ragioni per rifiutare attacchi contro i preti omosessuali e valorizzare il loro servizio alla chiesa. Per esempio, nel suo libro Direzione spirituale e persone gay, il gesuita James Empereur ha scritto: “L’omosessualità è uno dei più significativi doni di Dio all’umanità.
Attraverso la loro testimonianza di sofferenza, Dio ha scelto i gay e le lesbiche per rivelare qualcosa di Dio stesso che non ha rivelato agli eterosessuali”.
Basandosi su questo assunto, frate Jack Talbot sottolinea che gli omosessuali “attuano il servizio sacerdotale attraverso il linguaggio della sofferenza. All’inizio di questo nuovo secolo, è necessaria una ricontestualizzazione del vangelo per una riconciliazione, e una medicina portentosa può essere offerta proprio da chi è marginalizzato.
I nostri fratelli gay e le nostre sorelle lesbiche possono aiutare la nostra istituzione durante questo momento di sofferenza e umiliazione”. Sono d’accordo. Che perdita sarebbe se perdessimo queste persone, coi loro doni!
Un ulteriore dono che i preti gay portano alla nostra chiesa è l’eccezionale abilità e coraggio di proclamare la verità- atto richiesto dalla stessa natura profetica del sacerdozio. Questo può succedere in relazione al difficile processo di accettazione di sé che gli omosessuali devono intraprendere.
Le persone gay e lesbiche devono identificare, accettare e affermare una verità che riguarda loro stessi che gli altri diffamano. Arrivare a questa consapevolezza può essere enormemente difficile. Inoltre, questo passo è spesso fatto senza nessun incoraggiamento o supporto da parte degli altri. Loro hanno spesso sperimentato i problemi legati alla conoscenza della loro verità, dell’accettarla e di condividerla eventualmente con gli altri. Vivendo questo sofferto processo, i preti gay sviluppano un profondo coraggio profetico.
I preti gay possono anche offrire una profondità di compassione non sempre fatta propria in modo paragonabile dai preti eterosessuali. I gay sono spesso stati trattati come gli scarti della società, della chiesa e persino della famiglia. A causa di questa esperienza, essi possono sviluppare una particolare comprensione e una particolare sensibilità verso coloro che sono esclusi in varie situazioni. Questo dono di compassione sicuramente arricchisce la persona chiamata al servizio sacerdotale.
Per tutte queste ragioni, esorto la nostra Chiesa a gioire dalla benedizione che può derivare dal riconoscere e sostenere i preti gay, anziché dal rifiutarli. Frate Jack Talbot descrive molto bene quello che serve se vogliamo sperare di raggiungere una soluzione alla attuale crisi della Chiesa: “La gerarchia ecclesiastica ha bisogno di accettare l’aiuto dei suoi membri gay e lesbiche come servitori di guarigione, anziché fare di loro dei capri espiatori per un problema che non hanno creato.
Lasciateci sostenere la Chiesa durante questa crisi. Ascoltate le nostre storie… Per molti, i nostri fratelli gay e le nostre sorelle lesbiche non dovrebbero avere nulla da insegnare. Al contrario, essi possono essere il balsamo curatore di Dio, la grazia e la pace di Dio in un tempo in cui la debolezza della nostra società si mostra dolorosamente nella cronaca quotidiana e nella fragilità del cuore umano.”
* Thomas J. Gumbleton è vescovo emerito dell’arcidiocesi cattolica di Detroit (Stati Uniti). La sua è una voce importante per la pace, la giustizia e i diritti civili negli Stati Uniti. E’ stato uno dei primi vescovi di parlare contro la guerra in Vietnam e membro fondatore e presidente di Pax Christi USA.
Da quando è diventato vescovo nel 1968, ha viaggiato in tutto il mondo per chiedere di porre fine alla guerra inoltre ha parlato con coraggio in nome delle vittime degli abusi sessuali in seno alla Chiesa cattolica ed ha sostenuto la piena partecipazione delle donne e degli omosessuali alla vita della Chiesa cattolica.
Articolo originale: Yes, Gay Men Should Be Ordained