Lesbica e cattolica, due parti irrinunciabili di me
Riflessioni di Fou Savant pubblicate sul blog Lezpop il 24 marzo 2015
Ho iniziato questo post una decina di volte, confrontandomi con me stessa più di quanto non abbia fatto negli ultimi anni. Posso parlarne? Ne ho le capacità? Lo farò bene? Ne ho il coraggio?
Nelle ultime due settimane ho oscillato tra un baldanzoso “ma ovvio” a un più sconsolato “non ci riuscirò mai” e alla fine ho preso il coraggio a due mani e ho deciso di farlo non per me stessa (io sono a posto cosi, grazie) ma per chi in Italia come me, è gay e credente. E si trova puntualmente a dover far da paciere tra due parti di sé che il mondo gli dice non essere conciliabili.
Partiamo dal fatto che non ho scelto di essere nessuna delle due cose. La mia famiglia fa atti di fede a cadenza olimpica, ovvero ogni quattro anni, quindi non sono stata cresciuta in un ambiente religioso. E non hanno nemmeno promosso la mia omosessualità come se fosse stato un voto da mettermi in pagella (dove comunque campeggiava la scritta “intelligente ma non si applica” quindi è probabile che se avessero tentato di rendermi lesbica, al test avrei preso a mala pena la sufficienza). Insomma, non è una scelta né la fede, né l’omosessualità. Si è (e non si ha) o non si è. Mi verrebbe da dire “e amen” ma vorrei cercare di restare seria ancora per un po’.
La fede è una cosa molto intima e ognuno la vive a modo suo, come l’omosessualità, e l’ossessione per le etichette costringe molti credenti omosessuali a vivere la propria fede con sofferenza. Perché? Perchè molti fanno confusione tra fede e Chiesa, e questo non è d’aiuto. Vogliamo dirlo? Lo dico. Sono una lesbica cattolica. Ma non vado in chiesa perché non credo nella Chiesa. E questa è una differenza importante.
Nelle situazioni migliori, sono stata travolta dalle domande, ma è successo anche di essere derisa, perchè credo in Dio e sono cattolica, da più di una persona omosessuale. Non è bello. Perché ci indigniamo quando insultano le persone omosessuali, o quando discriminano le altre confessioni religiose, e festeggiamo per le due donne lesbiche sposate da un Imam, ma se poi mi faccio il segno della croce vengo guardata come se compissi alto tradimento?!
Mi rendo conto che non sia facile da spiegare e che possa sembrare contraddittorio. Perché sperare nell’accettazione di un mondo che ti rifiuta e di un Dio che vorrebbe spedirti all’Inferno, costretta a ballare Redefinition fino alla fine dei tempi? Perché pretendere di saperne di più su cosa dice la Bibbia dei vari teologi che compongono la créme de la créme della confessione religiosa più diffusa al mondo? Beh, cominciamo dal fatto che nessuno ha ancora risposto alla domanda “perché mangiare crostacei non è abominio anche se nel Levitico è messo alla pari con l’omosessualità?”, dandoci la conferma che gli ecclesiastici si siano intestarditi pur di non ammettere i loro errori (succede, succede…) e che prima o poi capitoleranno. Il punto è che siamo in Italia, e per forma mentis, è cattolico anche il mio cane. E la confusione tra Chiesa (come istituzione) e fede diventa quasi inevitabile. Ma alla fine conta quello che sentiamo. Quello che siamo.
Sto ponendo più domande che dando delle risposte, e mi dispiace. Perché ognuno è fedele a modo suo, e non posso spiegare a un non credente cosa vuol dire per me pregare, più di quanto non possa spiegare a un etero cosa vuol dire per me baciare una ragazza. Puoi farlo capire fino a un certo punto, perché non è che ci siano parole per tutto. Vorrei, lo giuro, spiegarvi come mi sento quando vado a trovare mia nonna, sepolta in uno di quei piccoli cimiteri di campagna tutto erba e grilli. Di come mi piaccia stare lì e pregare, ripetendo il Salmo 23 davanti alla croce che segna lo spazio dove c’è lei e tutti i miei altri parenti. Di come mi sento a farlo, del conforto che trovo, della forza che mi dà. O dirvi di come la mia fede mi abbia sostenuto in momenti molto duri. Ma dato che non posso, perché se non vi appartiene non c’è molto da fare, posso chiedere di avere rispetto. Non offendete i credenti, qualsiasi sia il loro orientamento sessuale e il loro credo. La Chiesa dice tante cose sbagliate. Però è la Chiesa, non la fede e di certo non io.
Se cercassimo di parlare con maggiore attenzione e rispetto di fede, e di cattolicesimo, anche chi è molto credente e si scopre gay potrebbe vivere meglio questo passaggio, sapendo di poter essere accettato e di non essere messo davanti a una scelta che, per forza di cose, non può prendere. Non è assurdo battersi per le libertà individuali e denigrare un credente?
Essere una donna lesbica e credente in Italia è una sfida. Vorrei non lo fosse.