Nella chiesa cattolica non c’è posto per Jim Crow?
Riflessione di Andrea Rubera del gruppo Nuova Proposta di Roma del 2 novembre 2010
Non c’è posto per Jim Crow* sui cavalli della giostra. Sui cavalli della giostra? Un signore mi domanda:- “Perché ne hai tanta voglia?”.
Io vengo dal Sud, dove al negro e al bianco – laggiù nel Sud – non è permesso di sedere accanto. C’è un vagone per Jim Crow, un vagone a parte sul treno, laggiù nel Sud. E nell’autobus? Ci mettono dietro, nell’autobus. Ma la giostra è rotonda rotonda e non possono mettermi dietro: Dov’è dunque un posto a cavallo per un ragazzo negro? (Langston Hughes)
Questa è una delle prime poesie che ho imparato da bambino… Me l’hanno insegnata le suore missionarie Marianiste dove ho fatto asilo e elementari… Avevano un grande carisima nell’accoglienza del diverso e avevano ritenuto, tra le prime cose, di trasmettere a noi bambini il disagio di un altro bambino nero nato in un paese razzista.
Mi è rimasta sempre in memoria questa poesia… Provavo un grande dolore per la rassegnazione di questo bambino ma anche per la speranza che comunque albergava nel suo cuore… Con il passare degli anni, mano a mano che si sviluppava il mio percorso di fede all’interno della comunità cristiana, mi sono trovato spesso a sentirmi come Jim Crow… A sentirmi fuori posto, a non trovare il mio posto, a sentire di provocare disagio e a provare disagio…
Questa sensazione, per fortuna, nel corso degli anni si è affievolita… Ora sono più forte e sono in grado, come si dice tra le persone adulte e mature, di “razionalizzare” quello che provo… Ma ogni tanto ritorna prepotentemente fuori, come in questi giorni, quando la realtà ti viene sbattuta in faccia come una sberla…
Capisco che ancora oggi “non c’è posto per Jim Crow” nella Chiesa, se pensiamo a Jim Crow come una persona omosessuale che non voglia nascondersi, che voglia trovare il suo posto alla luce del sole, senza ipocrisie, senza chiedere altro che un minimo di legittimazione della propria dignità e della propria identità…
Comincio a pensare che la Chiesa riesca ad accogliere una persona omosessuale solo se malata, in fin di vita, derelitta o disperata… Ovvero nel momento della perdita della energia vitale… Ma non riesce neanche a pensare di poterlo fare se la stessa persona, invece, volesse essere felice, realizzata e riconciliata… come se questo fosse una colpa imperdonabile…
Dov’è il mio cavallo e dov’è la mia giostra?
* L’espressione Jim Crow laws si applica alle leggi vigenti negli stati del Sud che imponevano una rigida esclusione dalla società “bianca” a tutte la “persone di colore”, intendendo come tali tutti colore che avessero anche un solo antenato afroamericano.
Il nome è anche un soprannome insultante; è preso da una forma di varietà musicale in cui attori bianchi si travestivano e si truccavano da neri, intitolato “Jump Jim Crow”.