Sono nero, disabile e gay. Non sono normale e va bene così
Riflessioni di Christian Brown* sul suo blog The Dispatch il 16 febbraio 2016, liberamente tradotte da Silvia Lanzi
Ricordo ancora molto chiaramente la prima volta che sono stato chiamato negro. Ero in terza e stavo giocando in un prato quando un ragazzo bianco, alto e dinoccolato, ha deciso che farmi dei dispetti avrebbe strappato una risata ai suoi compagni di classe che stavano lì vicino. Aveva ragione, e in un istante quel che già sospettavo venne rinforzato. Non ero come gli altri. Ero diverso.
Per gli ultimi sedici anni ho fatto del mio meglio per non emergere, per conformarmi e aderire agli standard d’omologazione che pesavano su di me, ma sto iniziando a capire che Dio potrebbe avere bisogno che io non sia normale. Che lo sappiate o no, sono tre volte in minoranza.
Sì, sono un nero, gay e disabile che vive in un paese prevalentemente bianco etero e normodotato. Non passa quasi momento in cui io non pensi alle mie “anomalie”. Mentre senza dubbio sono fortunato di abitare negli Stati Uniti dove posso avere molte opportunità e molti privilegi, mi domando spesso quale “anomalia” mi ucciderà prima.
Come uomo di colore che nel passato ha fronteggiato le ingiuste discriminazioni della polizia, sono sempre in massima allerta, attento al mio abbigliamento, al mio comportamento e alle mie risposte alle autorità bianche. Di recente infatti un amico mi ha chiesto perché fossi sempre così ben vestito e il suo viso si è intristito quando gli ho spiegato che avevo timore di cosa sarebbe successo se fossi stato fermato senza essere vestito bene.
È una realtà sfortunata essere una minoranza in questo paese, dover assecondare sempre il potere maggiore, incapace di esprimerti liberamente senza paura di rappresaglie. Come nero, sono stato preparato ai maltrattamenti da una madre nera, che parlava (e ancora parla) in termini reali degli ostacoli e delle battaglie che mi aspettavano, semplicemente a causa del colore della mia pelle. Comunque, nulla mi ha preparato alla discriminazione portatami dalla mia omosessualità.
Il giugno scorso, il giorno dopo che la Corte Suprema statunitense ha legalizzato il matrimonio omosessuale su tutto il territorio nazionale, ho fatto coming-out come gay cristiano. La punizione è stata che il 90% dei miei amici si è allontanato da me e/o non ha preso posizione per difendermi. Forse è per questo che mi sono allontanato dalla mia sessualità per così tanto tempo, non volevo un altro tipo di minoranza marchiato sulla mia fronte. Volevo, almeno per una volta, essere tra la maggioranza.
Comunque Dio mi ha rivelato, negli ultimi mesi, che egli usa sempre persone speciali, emarginati, gente strana e bizzarra per costruire il suo regno. Non dimentichiamo che gli ebrei, nella narrativa biblica, sono un gruppo minoritario, oppresso costantemente da nazioni più grandi e ricche.
Ester era un’orfana che ha salvato il suo popolo da un genocidio praticamente certo.
Abramo era un immigrato che ha attraversato terre straniere per ordine di Dio.
Agar era un’ancella e una concubina africana che infine è diventata ragazza madre di Ismaele, il primo figlio di Abramo.
Venduto in schiavitù dai suoi fratelli, Giuseppe giunse dall’essere un prigioniero ebreo in Egitto, all’essere il secondo in carica dell’intera città-stato.
Daniele e i suoi amici erano prigionieri di guerra a Babilonia, costretti a servire un re ingiusto.
Maria e Giuseppe sono stati dei rifugiati in Egitto per quasi due anni mentre re Erode, un romano, cercava di uccidere Gesù.
La donna al pozzo più tardi redenta da Gesù era anche una samaritana senza marito.
E Filippo ha battezzato un eunuco africano che voleva conoscere Gesù nonostante la sua pelle scura e la sua identità sessuale non proprio ben definita.
Lo ripeto, Dio non usa mai nessuno di normale.
Così, mentre il mondo mi dà ogni ragione per temere il mio essere parte di una minoranza, sono grato di servire un Dio che celebra la mia diversità e non ha mai voluto che fosse un cruccio o causa di paura e oppressione, ma piuttosto qualcosa che aggiunge colore, carattere e coraggio al suo regno.
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* Christian Brown è un pluripremiato giornalista multimediale statunitense, specializzato nella carta stampata e nelle radio che trattano argomenti di politica, fede e comunità emergenti. Nel 2015 si è diplomato alla USC Annenberg School for Communication and Journalism
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Testo originale: I’m Not Normal — And That’s Okay