La bellezza salverà il mondo. Dal 4 agosto 2020 a Bergamo il Festival Orlando
Dialogo di Katya Parente con Mauro Danesi, direttore artistico del Festival Orlando
Dostoevskij afferma che la bellezza salverà il mondo. Forse è un po’ difficile da credere. Ma se ci fermiamo a riflettere un po’, capiremo quanto di vero c’è in questa affermazione. La bellezza del sapere chi siamo e che “andiamo bene così”; la bellezza dell’espressione di noi stessi; la bellezza di ciò che ci circonda e di quell’opera dell’uomo che chiamiamo “arte”.
Per renderci più consapevoli di tutto ciò è nato ORLANDO, un festival di Identità | Relazioni | Possibilità. A parlarcene è Mauro Danesi, che di “Orlando” è il direttore artistico.
Quando nasce Orlando, e perché?
Orlando nasce a Bergamo nel 2014 da un pensiero semplice: creare un progetto culturale che desse spazio di visibilità e racconto alla pluralità degli amori possibili, delle relazioni e delle identità, in un contesto dove, al contrario, vedevamo modelli ricorrenti e stereotipati, riduttivi e lontani dall’ampia variabilità della vita. Desideravamo che le nuove generazioni avessero un immaginario di possibilità e un repertorio di modelli più ampio di quello che era stata la nostra esperienza personale, e volevamo tentare di farlo raccontando storie: con film, spettacoli, laboratori e incontri.
Quando abbiamo deciso di iniziare il progetto, l’abbiamo fatto “in punta di piedi”: costruendo una breve rassegna di qualche film ed un solo spettacolo di danza, ma la risposta che abbiamo ricevuto dal pubblico ci ha dimostrato che il bisogno di “respiro”, culturale e sociale, era condiviso. Partito come un esperimento, è presto diventato una necessità, una sfida sempre più attuale e preziosa. Il primo anno non avrei mai pensato che il progetto sarebbe cresciuto fino a diventare un Festival culturale che ogni anno dialoga con il territorio, in contatto con realtà culturali nazionali ed internazionali.
Orlando è una realtà “bicefala”. Da una parte il festival, dall’altra la formazione. Perché questa doppia anima?
Fin dal primo anno abbiamo pensato che per cercare un cambiamento reale avremmo dovuto aprire riflessioni su più piani, cercando di incontrare anche quella parte di “pubblico” che non sarebbe venuto a teatro nelle iniziative serali. Abbiamo proposto quindi alle scuole superiori una mattinata di lavoro dedicata alla prevenzione del bullismo omofobico, con una proiezione cinematografica seguita da un lavoro di gruppo: per aprire domande e stimolare riflessioni, senza risposte preconfezionate.
Anche qui la risposta è stata sorprendente: c’era un evidente bisogno di affrontare tematiche come gli orientamenti sessuali, gli stereotipi e la violenza di genere, la ricerca della libertà nella costruzione della propria identità unica e personale. Per questo motivo principale, e per la bellezza di riflettere con ragazzi e ragazze delle scuole, abbiamo aumentato le progettualità differenziando le proposte, le tematiche trattate e le fasce di età coinvolte.
Nel frattempo abbiamo incontrato formatrici e formatori con cui sviluppare nuove idee, con cui studiare a nostra volta, ed il gruppo si è arricchito e ingrandito. Attualmente l’associazione culturale Immaginare Orlando (APS che abbiamo fondato per sviluppare i progetti con continuità) ha questo doppio serbatoio di progetti (le formazioni ed il Festival), che si sviluppa in parallelo durante l’anno potenziandosi a vicenda.
Per quanto riguarda il festival, che si svolgerà dal 4 al 8 agosto, quali appuntamenti ci saranno, e come si svolgerà questa edizione segnata dalla pandemia?
A marzo, durante il lockdown, abbiamo deciso che avremmo voluto mantenere lo spazio di rappresentazione plurale che è il Festival Orlando. Non volevamo far mancare il nostro apporto alla città di Bergamo, duramente provata, e al comparto culturale in crisi. Ci siamo quindi rimboccati/e le maniche per trasformare l’edizione e mantenere tutti i progetti: per farlo abbiamo diviso il Festival in due nuclei: un primo atto dal 4 all’8 agosto, a cui seguirà un secondo dal 5 all’8 novembre.
Avevamo deciso che il tema portante dell’edizione sarebbe stato il recupero del piacere nelle nostre vite: il piacere semplice e delle piccole cose, ma che spesso ci neghiamo. Questo tema è ora ancora più necessario. Lo affidiamo alle artiste e artisti presenti: tra questi/e Silvia Gribaudi con GRACES e il progetto OVERTOUR, Alessandro Sciarroni con SAVE THE LAST DANCE FOR ME, Valentina Pagliarani con la performance F e |home|walk| e il concerto/spettacolo PERPENDICOLARE di Cristina Donà e Daniele Ninarello. Con loro, con gli altri ospiti dell’edizione ed il pubblico, ci interroghiamo sul rapporto tra tabù e desideri, su cosa ci sia di rivoluzionario nel piacere. Crediamo nella citazione di Jerry Saltz che dice che “Il piacere è una forma di conoscenza”.
La formazione punta su consapevolezza e prevenzione. Quali figure professionali mettete in campo, e quali sono le realtà che ne usufruiscono?
Come accennavo poco fa, le figure che si sono avvicinate al progetto sono molte, e rappresentano la vera ricchezza plurale di Orlando. Formatori e formatrici, educatori/trici, psicomotricisti/e, docenti universitari/e, artisti con cui sviluppiamo i progetti formativi, che sempre partono da stimoli culturali di cinema, teatro o danza. Prima dell’emergenza Covid19 i progetti attivi andavano dall’area infanzia fino a progetti per la fascia adulta, ovviamente con temi e modalità molto differenti, passando anche per progetti di formazioni specifica per educatori dell’ambito sportivo o di comunità di affido. Ora dovremo capire come reinventare tutto rispetto ad un ambito scolastico che muta le proprie regole in rapporto alle misure di prevenzione sanitaria.
In tutta questa varietà e complessità permane un filo rosso trasversale: l’attenzione all’educazione alle differenze e alla prospettiva di genere nel guardare il mondo, nella ricerca del superamento delle dicotomie culturali che ci ingabbiano e delle rigide dinamiche di potere che spesso limitano l’espressione e la ricerca del “proprio posto nel mondo”.
Avete collaborato con Cammini di speranza. Ci racconti brevemente l’esperienza? È la prima volta che interagite con una realtà religiosa?
Negli anni abbiamo cercato una pluralità di tempi, approcci e punti di vista. La dimensione della ricerca di spiritualità e della religione è certamente stato un nostro pensiero ricorrente. Il rapporto con una parte del mondo cattolico è stata complessa per molti/e di noi: il tabù della sessualità, l’eteronormatività, la difficoltà ad accogliere la varietà degli orientamenti sessuali, gli amori possibili e le strutture relazionali ed affettive plurali hanno creato ferite e allontanamenti. Nonostante tutto crediamo che il messaggio cristiano, e la Chiesa stessa, siano più diversificate di quanto appaia, che non possano ridursi ad alcune posizioni estreme e oscurantiste. Ecco perché abbiamo cercato dialoghi e alleanze con associazioni di cattolici omosessuali, riflessioni con enti cattolici di Bergamo e con numerosi preti e realtà legate alla Chiesa.
In questo contesto è nata l’attività culturale costruita con Cammini di Speranza, che si è concretizzata in uno spazio di riflessione e dibattito con Selene Zorzi, che abbiamo chiamato a riflettere proprio sulla ricerca di ponti e dialoghi. Ammetto che la questione, nonostante i passi avanti, rimane complessa: i rapporti di potere impediscono risoluzioni e aperture evidenti, ma continuiamo a lavorare nella consapevolezza che le cose possono cambiare.
Un’ultima domanda, legata ad una curiosità. Suppongo Orlando si riferisca al noto libro di Virginia Woolf, come mai questa scelta?
Orlando è un libro che amavamo e amiamo tutt’ora. Con nettezza e poesia racconta la metafora di un/a protagonista che attraversa i cambiamenti senza paura: i secoli, i generi, le convenzioni e le abitudini culturali. Osserva con disincanto i rapporti di potere che ci ingabbiano e li relativizza, li decostruisce. È un inno ed un richiamo alla ricerca della propria libertà: non limita quelle altrui, non attacca le costruzioni precedenti, ma reclama la possibilità di crearne una per sé, al di là delle convenzioni.
Non bisognerebbe avere paura di essere se stessi e, anche se oggi non è ancora del tutto possibile, realtà come Orlando possono e devono educare alla comprensione, alla molteplicità di espressione ed alla bellezza. Perché sarà proprio la bellezza quella che salverà il mondo.