A Bologna. Quando la chiesa cattolica prega con i gay
Articolo di Pierpaolo Velonà tratto da l’Unità del 12 Dicembre 2008, pag.13
Don Nildo Pirani ha 71 anni. È sacerdote dal 1961 e in tutto questo tempo, dice, «ogni volta che mi hanno chiesto di pregare per chi soffre l’ho fatto». Domani la sua parrocchia, San Bartolomeo della Beverara, settemila anime nella periferia bolognese, ospiterà una veglia di preghiera per le vittime dell’omofobia.
Ci sarà anche il presidente di Arcigay Bologna Emiliano Zaino: «Alcuni nostri iscritti sono cattolici e vivono un doppio rifiuto: lo Stato non li riconosce e la Chiesa non li capisce». L’idea della veglia non è partita da don Nildo, che però ha deciso di ospitarla, ma dal movimento «Noi siamo Chiesa».
«Abbiamo deciso di organizzare la veglia dopo che il Vaticano si è schierato contro l’iniziativa dell’Onu per depenalizzare l’omosessualità nei Paesi dove è reato. Una scelta che ha creato scandalo anche tra i fedeli»*.
Non è la prima volta che «Noi siamo Chiesa» organizza iniziative del genere. Ma è la prima volta che una parrocchia decide di ospitarle. A Milano, una preghiera analoga si terrà il 20 dicembre in una chiesa valdese.
Don Nildo invece non si è scomposto: «Sono stato ordinato prete dal cardinale Lercaro, uno dei protagonisti del Concilio. Lui mi ha abituato a guardare avanti, a non accettare le posizioni prefabbricate». Don Nildo gli spazi li avrebbe concessi comunque, «anche se non ci fosse stato quel pronunciamento infelice del Vaticano. Perchè per un cristiano, la condivisione della sofferenza sta al primo posto».
Monsignor Ernesto Vecchi, vicario tradizionalista del cardinale di Bologna Carlo Caffarra, non l’ha presa troppo bene. In passato si è scontrato tante volte con l’Arcigay. Quando, l’anno scorso, un corteo di gay, lesbiche, bisex e trans contestò la processione della Madonna di San Luca, in segno di protesta contro il presidente della Cei Bagnasco, ci volle una messa riparatrice.
Vecchi poi definì ilGay Pride «una manifestazione vergognosa». Stavolta dice: «La veglia è un azzardo del parroco. Potremmo proibirla ma non lo facciamo per non prestarci all’equivoco secondo cui il Vaticano sarebbe favorevole alla pena di morte per i gay». Non è vero, aggiunge: «Semplicemente la Chiesa non potrà mai riconoscere ciò che non è riconoscibile».
È questo lo scoglio che bisogna superare, ribatte Sergio Lo Giudice, presidente onorario di Arcigay: «Di solito si pensa che da una parte ci siano i cattolici e dall’altra i gay: non è così. Il problema è che la Chiesa prospetta agli omosessuali una sola strada: quella della rinuncia all’amore e alla sessualità».