L’aiuto di Papa Francesco alle prostitute transgender di Torvaianica
Articolo di Frank Hornig pubblicato sul settimanale DER SPIEGEL (Germania) n.2 del 4 gennaio 2025, pp.80-81, liberamente tradotto dai volontari del progetto Gionata
Vivono in baracche senza elettricità alla periferia di Roma e lavorano come prostitute. Ma le persone transgender provenienti dall’America Latina hanno trovato un aiuto sorprendente.
Quando il parroco Don Andrea Conocchia stava distribuendo cibo e medicine fuori dalla sua chiesa in un giorno d’inverno del 2020, è successo qualcosa di strano. Come era accaduto per tutta la settimana, le persone erano in coda. Erano 300, forse 400. La pandemia era iniziata, l’Italia era in pieno “lockdown. Molte persone hanno perso il lavoro e non hanno ricevuto alcun aiuto dallo Stato. Erano affamate.
Il prete di Torvaianica, un sobborgo di Roma, conosceva quasi tutte le persone in attesa, almeno di vista. Ma quel pomeriggio vide un volto nuovo. Una prostituta transessuale argentina gli si parò davanti e lo guardò timidamente. “Si faceva chiamare Paola”, ricorda Andrea Conocchia. “Padre, per favore”, disse, “puoi aiutarmi come fai con gli altri?”. Le furono dati pasta e pomodori in scatola, caffè, biscotti e latte.
Paola tornò il giorno dopo. Aveva portato con sé un’amica. Il giorno seguente ne vennero tre, poi quattro. Presto ci furono 150 trans in coda per il cibo, la maggior parte dei quali provenienti dall’America Latina.
Il prete e le prostitute hanno iniziato a parlare e la fiducia è cresciuta, dice. Dopo due o tre settimane, Paola lo avvicinò con tre amiche. “Don Andrea, dobbiamo pagare l’affitto, ma non sappiamo come”, gli dissero.
Conocchia ci pensò su. Poi ebbe un’idea. “Siete argentini, vero, proprio come Papa Francesco?” chiese loro. “Raccontategli la vostra vita in una bella lettera e parlategli della vostra situazione. Sono sicuro che Papa Francesco vi aiuterà”.
La Chiesa cattolica non è esattamente famosa per la sua tolleranza. C’è la sua rigida morale sessuale. C’è il suo atteggiamento discriminatorio nei confronti delle minoranze sessuali.
Ci sono i commenti sprezzanti sulle persone che non vivono l’immagine di famiglia tradizionale della Chiesa. Negli ultimi mesi, Francesco ha usato due volte un linguaggio considerato offensivo nei confronti dei gay.
Il Papa ha anche lanciato segnali di apertura nella vita quotidiana. Ma quando si tratta di dottrina cattolica, è implacabile.
Ad aprile ha firmato un documento intitolato “Dignità senza limiti” (“Dignitas Infinita”). A volte si presenta come un furioso attacco generale al mondo al di là della dottrina cattolica.
Francesco trova la teoria del gender in particolare “molto pericolosa”. Secondo il testo, essa cede alla “tentazione secolare” dell’uomo di “farsi Dio”. In particolare, vengono criticate le persone trans. Secondo Francesco, “ogni intervento che altera il genere” comporta il pericolo di “minacciare” la dignità umana.
A prima vista, il Papa e la comunità trans non sono una bella coppia.
Don Conocchia ricorda che poco tempo dopo andò a trovare Paola e le sue tre amiche a casa. Si era chiesto perché non gli avessero consegnato da tempo le loro lettere a Francesco e aveva consegnato loro carta e penne. “Hanno iniziato a piangere”, dice. “Don Andrea, non possiamo dire al Santo Padre che siamo prostitute e come viviamo”, gli dissero. “Ho avuto dai 15 ai 18 clienti al giorno, uno dopo l’altro”, ha confessato una di loro, singhiozzando.
Alla fine hanno iniziato a scrivere e a disegnare cuori sulla carta da lettere per Francesco. “Diventarono lettere intrise di lacrime”, racconta il sacerdote. Le ha spedite.
Torvaianica è una delle numerose località balneari a sud-ovest di Roma. Le autostrade portano dalla capitale attraverso campi e zone industriali fino alla costa.
Qui, sul ciglio della strada, i transessuali aspettano i clienti. A tarda notte tornano alle loro case, che spesso sono capanne in una pineta dietro la spiaggia, senza acqua, riscaldamento o elettricità.
Un sabato di fine autunno, molti di loro sono tornati nella parrocchia di Don Andrea. Hanno ancora bisogno del suo aiuto dopo la pandemia. Molte delle prostitute sono nel paese illegalmente. Non hanno un’assicurazione sanitaria e spesso hanno gravi problemi di salute. “Si iniettano nel seno il silicone del negozio di bricolage e poi le ferite si infettano rapidamente”, dice il sacerdote, descrivendo dei casi tipici. Questo sabato perciò gli offre delle visite gratuite con medici volontari.
Consuelo si siede davanti al centro di mobile per le visite accanto alla chiesa e aspetta il suo turno. “Ho 53 anni ormai. Mai prima d’ora un prete mi ha parlato. Al contrario: mi hanno discriminata. Credo in Dio, ma ho sempre avuto paura di andare in chiesa”.
Consuelo porta i capelli lunghi e scuri, il rossetto e una collana di perle di vetro rosse. Ti guarda con occhi seri e tristi. Poi fa un respiro profondo e racconta la storia della sua vita.
“Quando avevo nove anni e ho scoperto la mia sessualità, i miei genitori mi hanno cacciata di casa in Colombia. Da allora ho vissuto per strada. Ho cercato di trovare lavoro, ma le persone come me non riescono a lavorare nel mio paese. A un certo punto sono finita nella prostituzione”.
A 18 anni ne aveva abbastanza. “In Colombia uccidono le persone come me. I gay e i trans vengono uccisi per strada. Mi sono salvata in Italia”.
I suoi racconti non possono essere verificati. Ma gli altri sul sagrato della chiesa raccontano storie simili, parlano della violenza nei loro paesi d’origine sudamericani, della fuga dall’Uruguay, dall’Argentina o dal Perù, della maggiore sicurezza e libertà che hanno sperimentato in Italia. “Per molto tempo ci siamo sentiti in paradiso”, dice uno di loro.
Poi è arrivata la pandemia e ha rimesso in discussione molte cose. “Non avevo nulla da mangiare. Quando sono stata contagiata dal Covid come malata di AIDS, sono andata a pregare nella chiesa di Torvaianica”, racconta Consuelo. “Pensavo che sarei morta”. Don Andrea le ha fornito cibo e medicine. Consuelo inizia a piangere. “Mi ha accolto a braccia aperte”.
In Vaticano c’è l’elemosiniere di Sua Santità”, Konrad Krajewski. Il cardinale polacco realizza le opere di carità a favore dei poveri in nome del Papa. Padre Conocchia gli scrisse un’e-mail e gli parlò delle necessità finanziarie delle sue fedeli transessuali. “La risposta è arrivata 30 secondi dopo”, racconta. “Nessun problema, Andrea”, ha scritto il cardinale; non appena avesse ricevuto richieste scritte dalle persone interessate, avrebbe aiutato.
Il sacerdote inviò quindi ogni settimana delle lettere al Vaticano e ogni settimana arrivava del denaro alla sua parrocchia. 200, 300, 500 euro a persona, che distribuiva alle prostitute.
“Non riuscivano a crederci”, racconta. Davvero, dal Papa?”, dicevano, e: “Vogliamo incontrarlo. Vogliamo ringraziare il Santo Padre personalmente”.
Andrea Conocchia ha 54 anni. Quando è in giro con i suoi occhiali da sole, la barba grigia a chiazze e il piumino blu, si distingue visivamente dai suoi colleghi sacerdoti conservatori.
L’incontro con le persone trans lo ha elettrizzato, dice, forse anche perché ha rotto la sua routine fatta di funzioni religiose, battesimi e funerali.
È commosso, dice, dal fatto che lo scetticismo nella sua parrocchia stia lentamente svanendo. Che anche i parrocchiani di vecchia data ora salutano le prostitute per strada. Conocchia crede che la Chiesa cattolica possa cambiare.
Ma come convincere il Papa a incontrare Paola e le altri persone transessuali? Ha chiamato una vecchia conoscenza, Suor Geneviève Jeanningros della vicina città di Ostia. “Geneviève”, le disse, “tu sei la chiave del cuore di Papa Francesco”.
L’ultraottantenne suora francese ha una reputazione leggendaria negli ambienti vaticani. Non solo perché, fino al suo pensionamento quest’autunno, ha vissuto con una suora in una piccola roulotte, tra giocolieri e giostrai a Ostia. Ma anche per la sua amicizia con papa Francesco, che le ha fatto visita già due volte.
“I trans vorrebbero incontrarti e ringraziarti per il tuo aiuto”, scrive Suor Geneviève al suo vecchio amico. E lui ha accettato. Dalla primavera del 2020, lei o don Andrea si recano in Piazza San Pietro quasi ogni settimana con tre o quattro prostitute per l’udienza generale, in modo che una ad una tutte e 150 possano salutare Francesco.
“È sempre un piacere. Non c’è mai stato nessun pregiudizio da parte sua, le benedice, si lascia abbracciare”, dice Don Andrea. Tira fuori il suo telefono e mostra le lettere con cui il Papa ha risposto alle lettere dei trans.
Poi legge quello che il Santo Padre ha scritto a lui, il giovane prete di Torvaianica. “Caro fratello, grazie per tutto quello che fai per le persone della comunità LGBTQ+. Ti sono vicino”.
“Non ho mai vissuto un’esperienza simile”, dice don Andrea. Per Francesco le persone e i loro destini sono più importanti della dottrina: “Lo Spirito Santo non ci darà mai più un Papa così”.
Il sacerdote continua a occuparsi della sua comunità trans. Molti del gruppo sono avanti con gli anni. Paola è tornata in Argentina. Alcuni lottano con problemi di alcol e droga e continuano a guadagnarsi i soldi sul ciglio della strada. Altri hanno cambiato carriera e lavorano nell’assistenza geriatrica o nel settore infermieristico.
E poi c’è Angelina Diacono. Ha scoperto la sua sessualità femminile all’età di 14 anni. A 18 anni è scappata di casa. Ora ha 43 anni e sogna una nuova vita. “Se Dio me lo permetterá, vorrei diventare suora e aiutare le persone nelle zone di guerra”, dice.
Una domenica pomeriggio di novembre, in Vaticano si respira un’atmosfera di festa. Nella grande sala delle udienze accanto alla Basilica di San Pietro, i tavoli sono imbanditi con fiori e frutta. Una banda di ottoni suona mentre Francesco viene spinto sulla sua sedia a rotelle tra gli applausi degli ospiti.
Il Papa ha invitato le persone a un “pranzo per i poveri”, come lo chiamano in Vaticano. Ben 1.300 persone hanno accettato l’invito, tra cui Don Andrea e 43 transessuali della sua parrocchia. A due di loro è stato persino permesso di sedersi al tavolo di Francesco.
“È stato meraviglioso”, dice Milagros mentre lascia la sala con gli altri dopo il pasto. Per un attimo diventa malinconica, pensando all’Argentina, il suo paese d’origine e quello di Francesco. “Per anni siamo stati esclusi, dalla Chiesa e dalla società”, dice, “e molti di noi hanno perso la vita”.
Cammina con le altre amiche lungo le alte mura del Vaticano come una classe in gita scolastica. Chiacchierano eccitate, felici dei piccoli doni che hanno ricevuto dal Papa. “Spero”, dice Milagros, “che un giorno ci apparterremo. Che saremo semplicemente parte della società”.
Poi salgono sull’autobus che li riporta a Torvaianica. Alle loro case, alle loro baracche nella pineta.
Testo originale: Franziskus hilft Sexarbeiterinnen. Wirklich, der Papst?