“Alzati. Non temere”. E’ tempo di testimoniare che Dio accoglie tutti
Riflessioni bibliche di Fr. Shay*, fondatore di queertheology.com (Stati Uniti), liberamente tradotte dai volontari del Progetto Gionata
Leggiamo in Matteo 17,1-9: “Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse su un alto monte. Fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che parlavano con lui. Pietro allora prese la parola e disse a Gesù: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia.”
Mentre parlava ancora, ecco una nube luminosa li avvolse. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: “Questo è il mio Figlio, l’amato: in lui mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!” All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra, presi da grande timore.
Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete.” Alzarono gli occhi e non videro più nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: “Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti.”
Negli ultimi tempi ho riflettuto molto sui cambiamenti: quelli grandi e quelli piccoli, quelli che ci sentiamo pronti ad affrontare e quelli che ci sorprendono, spingendoci in direzioni che non avevamo previsto.
Non sono una persona che ama particolarmente i cambiamenti. Mi piace tornare nei miei posti preferiti, mangiare nei soliti ristoranti, mantenere le cose come sono. Non è che io sia rigido, ma trovo conforto nella stabilità. Tuttavia, quest’anno è stato segnato da cambiamenti significativi nella mia vita e mi sono trovato a interrogarmi su ciò che possiamo imparare da questi momenti di trasformazione.
Alcuni anni fa, ho perso un lavoro che avevo da sei anni. È stato un periodo difficile. Mi sentivo arrabbiato, ferito e spaventato per il futuro. Mi sentivo come se avessi perso il mio punto di riferimento. Non ero pronto, e non mi sembrava una buona cosa. Tuttavia, quella perdita si è rivelata essere la spinta di cui avevo bisogno. Mi ha proiettato verso un futuro che si è dimostrato migliore di quanto avrei potuto immaginare.
Ma in quel momento non riuscivo a vedere il bene che sarebbe potuto nascere da quella situazione. In mezzo alla paura e al dolore, non volevo sentire che “era per il meglio.”
Ti è mai capitato qualcosa del genere? Un cambiamento che non volevi o per il quale non ti sentivi pronto? Come ti sei sentito? Cosa hai fatto?
Nella storia del Vangelo che abbiamo letto, troviamo i discepoli in una situazione simile, e questo ci ricorda che non siamo soli nella nostra paura o nel nostro desiderio che le cose rimangano come sono. Gesù li porta con sé su una montagna e lì vivono un’esperienza straordinaria. Vedono i profeti, sentono la voce di Dio e scoprono qualcosa di nuovo sul loro amico e maestro. Ma, anziché voler scendere dal monte e raccontare a tutti ciò che avevano vissuto, la loro prima reazione è voler rimanere lì.
Desiderano costruire delle tende, rendere quel momento permanente, trattenere per sempre quella sensazione di meraviglia. È una reazione naturale. Spesso cerchiamo rifugio nella stabilità, soprattutto in un mondo pieno di incertezze. Eppure, a volte ciò che è comodo e sicuro ci impedisce di scoprire ciò che Dio sta cercando di fare in noi e attraverso di noi.
Gesù non permette ai discepoli di rimanere sulla montagna. Dice loro di alzarsi, di non aver paura, e poi li conduce giù, verso il loro cammino. Un cammino che li porterà a Gerusalemme, al dolore della croce, ma anche alla gioia della resurrezione.
Immagino che, nei giorni successivi alla morte di Gesù, i discepoli abbiano ripensato a quel momento sulla montagna. Forse si sono chiesti se avrebbero dovuto fare di più per trattenerlo. Forse, nella loro angoscia e nel loro dolore, si sono domandati cosa avrebbero potuto fare diversamente.
A volte, la chiusura di un capitolo porta con sé dolore e rimpianti. Vorremmo che le cose fossero andate in modo diverso. Non vediamo ancora il senso di ciò che stiamo attraversando, e restiamo nel “valle dell’ignoto”.
Ma le parole di Gesù risuonano ancora: “Alzati. Non temere.”
Se Gesù fosse rimasto sulla montagna, il messaggio del Vangelo non si sarebbe diffuso. La croce e la resurrezione sono ciò che ha dato ai suoi seguaci la forza di portare il suo messaggio nel mondo. E lo stesso vale per noi: anche nei momenti più difficili, crediamo che Dio stia ancora operando, portando vita nuova da ciò che sembra morto.
Non sappiamo sempre cosa ci riserva il futuro, ma sappiamo che Dio ci sta chiamando a essere persone trasformate, capaci di trasformare ciò che ci circonda. La nostra missione rimane la stessa: essere testimoni di un Dio che accoglie tutti e invita ciascuno di noi a partecipare alla costruzione del suo Regno.
Gesù ci dice ancora oggi: “Non temete.” Abbiamo il coraggio di affrontare ciò che verrà, sapendo che apparteniamo a Dio, che siamo un popolo della resurrezione. Anche dalle conclusioni più tristi possono nascere nuove possibilità.
Allora oggi ci alziamo. Scendiamo dalla montagna, sapendo che siamo figli amati di Dio e che possiamo affrontare ciò che ci attende con fiducia.
* Fr. Shay è un uomo transgender e uno scrittore prolifico, con una profonda passione per l’integrazione della spiritualità e della giustizia sociale. Si impegna a creare spazi in cui le persone queer possano sentirsi accolte e valorizzate nelle loro comunità di fede. Il suo lavoro combina una prospettiva personale e un’approfondita riflessione teologica per affrontare temi come il senso di appartenenza, l’identità e la liberazione.
Su QueerTheology.com, Fr. Shay, insieme al co-fondatore Brian G. Murphy, promuove un’idea di teologia che celebra la diversità e offre una visione inclusiva del Vangelo, rendendolo rilevante per la vita delle persone queer e delle loro comunità.