Amare non è peccare. Essere essere cristiani e omosessuali
Articolo di Anna Ravix tratto dal sito TV5 Monde (Francia), del 15 agosto 2012, liberamente tradotto Simone Ramacci
«Ci sono voluti quindici anni perché accettassi chi sono, ma paradossalmente il fatto di accettare la mia omosessualità completamente mi ha permesso di ritrovare un percorso di fede».Elisabeth Masset è cresciuta in un ambiente cattolico, ha seguito «tutto il cammino» e si dice «profondamente toccata dal messaggio di Gesù, che non parla assolutamente di sessualità nei Vangeli».
Perciò la co-presidentessa dell’associazione David et Jonathan, un movimento omosessuale cristiano (francese), ha avuto difficoltà a trovare il suo posto in seno alla Chiesa. «Ho ancora la sensazione di dovermi scusare d’essere lesbica, perché è l’abitudine, è l’omofobia interiorizzata».
Per lei, non c’è dubbio, l’omofobia è causata dalla religione, e la Chiesa gioca un ruolo tutto particolare. «Essa discorre con quella che io chiamo “omofobia compassionevole”, ovvero ha compassione di noi perché soffriamo, ma la causa di questa sofferenza è giustamente la persona che ha compassione di noi. In parole povere “vi picchiamo e abbiamo compassione di voi perché le botte fanno male” ed è difficile dibattere con questo atteggiamento.»
“Peccare non è amare”
Nella vita di tutti i giorni i vescovi nominano nei loro episcopati preti incaricati di accompagnare gli omosessuali, e fanno regolarmente appello all’associazione. Lo stesso fratello di Elisabeth Nasset, che è prete, è stato chiaro: «Ne sono convinto: peccare non è amare».
Allora lei si domanda dove mai possa trovarsi il peccato nella sua omosessualità. «Non vedo a chi abbia fatto del male: non alla famiglia, non alla società, non al prossimo, non a noi, a nessuno! Non c’è alcun male!». Va anche oltre:«La prima volta che ho avuto una relazione con un altra donna, è stato completamente naturale e Dio era lì perché amavo, lei mi amava, e lì dove c’è amore, c’è Dio.»
Ma il discorso della gerarchia ecclesiastica contrasta radicalmente con l’azione quotidiana: «Il Vaticano dà di sé l’immagine di una struttura completamente monolitica, con qualcuno al vertice che dice cosa bisogni pensare, cosa dire, chi abbia il diritto di amare e con chi si abbia il diritto di giacersi». E quest’anno l’episcopato francese ha dato un messaggio chiaro: si oppone senza se e senza ma al matrimonio gay.
Il presidente della conferenza episcopale di Francia ha fatto appello affinché «si dia un segno nazionale il 15 agosto», «tenendo in considerazione la situazione e i probabili progetti legislativi del governo sulla famiglia». Nella preghiera diffusa dal Cardinal Vingt-trois, si chiede ambiguamente che i bambini «cessino d’essere oggetto dei desideri e dei conflitti degli adulti per beneficiare pienamente dell’amore di un padre e d’una madre».
“Una mano tesa ai tradizionalisti”
«Sembra normale dire che noi desideriamo che i bambini abbiano un padre e una madre» commenta Elisabeth Masset «ma sappiamo bene, fra di noi, che si prepara un attacco». Soprattutto per lei «la mano tesa ai tradizionalisti è evidente, tutto questo è una scelta assai politica».
Intervistato dal quotidiano Libération, il creatore del modulo “religione e società” presso Science Po, Eric Vison, spiega l’origine della celebrazione del 15 agosto, e il suo significato: «nel 1638 Luigi XIII fece voto di consacrare la Francia alla Vergine per proteggere il paese. La consacrazione si tenne principalmente il 15 agosto, giorno dell’Assunzione.
È un po’ curioso rinnovare questa tradizione di una preghiera per il paese, dacché la Chiesa non s’occupava di questo genere di preghiere dal 1945. Sono soprattutto gli ambienti più tradizionalisti, o conservatori, che ripropongono da qualche anno a questa parte questa pratica».
L’idea è giustamente di «non lasciare spazio agli estremisti» che aumentano il numero di azioni di forza contro il matrimonio gay, secondo l’analisi di Eric Vinson.
Con slogan come “Oggi il matrimonio omo, domani la poligamia. Stop!” i movimenti integralisti fanno pressione, e con successo, sull’episcopato. Pertanto, negli ultimi due anni, durante la giornata internazionale contro l’omofobia, la chiesa è stata ben lungi dal condannare gli omosessuali.
In tali occasioni il Cardinal Vingt-trois, lo stesso alla base dell’appello del 15 agosto contro il matrimonio gay, aveva preparato una preghiera che faceva dell’omofobia, e non dell’omosessualità, un peccato.
“La Bibbia non parla mai di Omosessualità”
Contro gli integralisti, che citano Sodoma e Gomorra o il Levitico, alcuni religiosi hanno utilizzato l’esegesi. È il caso del pastore Corbaz, che officia in Svizzera, che ha deciso di affrontare «con cautela» «questo argomento delicato».
Nel suo sermone ricorda che «la Bibbia non è un libro di ricette utilizzabile direttamente, che ci dice cosa bisogna fare o no». Per quanto riguarda Sodoma e Gomorra, ricorda che questo «passaggio della Genesi considera in maniera evidente meno grave violare due ragazze che violare le regole dell’ospitalità. Nessuno potrebbe dire oggi che questa è la volontà di Dio…»
Soprattutto, il pastore Corbaz ci tiene a sottolineare che «la Bibbia non parla mai di omosessualità» non esistendo il termine fino al XIX secolo. «I due soli passaggi dell’Antico Testamento che vietano esplicitamente i rapporti omosessuali sono entrambi nel Levitico».
Il Levitico, in effetti, propone la pena di morte (20,9-13) «se un uomo si giace con un uomo come si giace con una donna». Ma il Levitico impone la pena di morte anche per l’adulterio (20:10) e giustifica la schiavitù. A tal punto che esiste persino una lettera aperta che denuncia l’arcaicità di tali precetti.
«Vorrei vendere mia sorella come schiava, secondo quanto scritto in Esodo 21:7. Oggidì quale prezzo dovrei ragionevolmente chiedere?» si domanda l’autore, a cui il Levitico fa nascere ancora più dubbi… «Mio zio ha una moglie. Ha infranto Lev 19:19 seminando due sementi diverse in un campo, e sua moglie non fa altro che indossare abiti di fibre differenti (cotone e poliester) […] È necessario che avvisi tutta la città per lapidarli? (Lev 24:10-20)».
Quanto al Nuovo Testamento, il pastore Corbez ricorda ai suoi fedeli che «i vangeli non parlano mai di relazioni omosessuali». Quando si chiede a Elisabeth Masset se la sua omosessualità sia in contraddizione con la sua fede, si sorprende: «Certo che no! Cos’ha detto Gesù? Quando ha spezzato il pane ha detto “mangiatene tutti”, non “mangiatene tutti, tranne gay, lesbiche, divorziati e risposati”, ha detto tutti».
* Il 15 Agosto 2012 il cardinale Vingt-trois, al tempo presidente dei vescovi francesi, ha incaricato le parrocchie del paese di far recitare ai parrocchiani una preghiera per la famiglia che si oppone implicitamente al matrimonio omosessuale. È l’occasione per interessarsi del posto che ha l’omosessualità in seno alla Chiesa, dacché le testimonianze mostrano un divario “ipocrita” nella gerarchia ecclesiastica e le sue azioni quotidiane.
Testo originale: Peut-on être chrétien et homosexuel?