Amori invisibili. I trentacinque anni insieme di una coppia lesbica cattolica
Testo di Jerry Furlong tratto da “Let’s Talk About Homosexuality – Putting a Human Face on Homosexuality“, parte 3, edito da Fortunate Families USA (Genitori cattolici con figli LGBT), liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Doris Cipolla e Charlene Tanner hanno nascosto al mondo la loro storia per trentacinque anni – non hanno mai fatto coming-out, nemmeno con i loro genitori. Quando nel 2005 Charlene morì, Doris rivelò il loro rapporto in un modo piuttosto strano: nel suo necrologio. Doris ha raccontato la loro storia nel numero del 17 marzo 2006 del National Catholic Reporter.
La storia di Doris Cipolla e Charlene Tanner
“Charlene M. Tanner, di 70 anni, è morta a casa sua il 23 aprile 2005. Char era diplomata alla Benedict Academy. Dopo il diploma ha lavorato al St. Vincent Health Center per quarantatre anni fino al suo pensionamento nel 1995. Era un’oblata e una benefattrice delle sorelle benedettine dell’Erie, ed era estremamente attiva per quel che riguarda i problemi di giustizia sociale. Era volontaria all’Emmaus Soup Kitchen (una sorta di cucina sociale per i poveri) e per molti anni ha partecipato alle manifestazioni in memoria delle vittime dei massacri come alle Holy Hours for Peace (preghiere mensili per la pace). Oltre a sua madre, sopravvive a Char quella che per trentacinque anni è stata la sua amata compagna,Doris Cipolla“.
Con questo necrologio, abbiamo rivelato i nostri trentacinque anni condivisi e vissuti insieme. Durante questo periodo non abbiamo mai saputo cosa pensassero di noi i nostri parenti, gli amici etero, i colleghi di lavoro. Sapevano che eravamo una coppia lesbica?
… Abbiamo passato molti anni buoni in questa casa, senza sapere cosa pensassero gli altri. Poi, una primavera, il ragazzo della porta accanto con due amici ci sussurrò: “Lesbiche, lesbiche, lesbiche”.
Il nostro cuore mancò un colpo e ci gelammo proprio in mezzo al giardino, prese nella morsa della paura, mentre loro continuavano a sogghignare e a sibilare “lesbiche, lesbiche”. Non lo sapevamo, ma quella sarebbe diventata l’estate più terribile delle nostre vite.
Il giorno dopo ci svegliammo con delle impronte di pneumatici nel nostro giardino. La settimana successiva, mentre facevamo la nostra solita passeggiata, ci gridarono dietro “lesbiche, lesbiche”. Quell’estate non passeggiammo più e, avendo paura che la nostra casa potesse essere oggetto di vandalismo, installammo un impianto di sicurezza.
Quanti dei nostri vicini avevano sentito? Cosa avremmo potuto fare per tutelarci da possibili ripercussioni? Presi di petto i genitori con l’indignata dichiarazione che eravamo buone cristiane, non eravamo pedofile e non ci andava che ci venissero appioppati certi epiteti. Non sapevo cosa significasse tutto ciò. Era solo qualcosa di tristemente ridicolo..
Me ne uscii quindi con la non brillante idea di raccontare ai vicini che eravamo state accusate di essere lesbiche e che questi adolescenti l’avevano fatto, ingiustamente, perché eravamo due donne che vivevano insieme. Dopo tutto, molte persone dello stesso sesso vivevano insieme, ma ciò non le rendeva gay o lesbiche.
Char aveva detto di non fare niente, di lasciare che la gente pensasse quel che voleva perché comunque nessuno gli avrebbe potuto far cambiare idea. Lei aveva ragione, e io torto, specialmente perché avevo mentito vigliaccamente.
Certamente la morte di Char mi ha liberato da determinate necessità. Non mi può importare di meno di cosa la gente pensa di me. E sì, sono lesbica, perché ho amato, e amo ancora l’anima più gentile e meravigliosa che si possa conoscere.
Char e io abbiamo condiviso una vita tranquilla, a volte apprensiva e sempre compartimentalizzata. Per esempio, solo i nostri amici omosessuali avevano sentito di quell’estate orribile. Infatti, a casa nostra, per l’intera stagione, non abbiamo invitato amici etero, e quando le nostre famiglie venivano per il solito pranzo domenicale, tormentavamo la tovaglia per paura che si sentissero grida come “lesbiche”. Grazie al cielo non accadde nulla e quei ragazzacci sparirono.
Ci assicurammo che i nostri amici e i nostri colleghi di lavoro conoscessero solo “l’edizione riveduta e corretta” di chi eravamo e con chi eravamo. Quando eravamo con loro stavamo molto attente a non usare termini carini e a non fare gesti affettuosi.
Avevamo paura di mettere a repentaglio il nostro lavoro. Char lavorava in un ospedale cattolico e io facevo l’insegnante in una scuola secondaria statale. Saremmo state licenziate se avessimo fatto coming-out? Le persone omosessuali venivano licenziate a causa del loro orientamento sessuale.
Char era timida e reticente e andava con i piedi di piombo. Io d’altra parte avrei voluto gridare e strepitare contro le ingiustizie sociali. Trovo ironico che i nostri leader critichino le pratiche talebane mentre qui in Pennsylvania ci sono molti di noi che sperimentano discriminazioni devastanti e a cui sono negati i diritti legali garantiti ai coniugi. Stiamo combattendo in Iraq e in Afghanistan per la libertà di quelle popolazioni, e stiamo perdendo la battaglia sul nostro campo…
Retrospettivamente è qualcosa che fa trasecolare. Non abbiamo mai fatto coming-out con i nostri genitori per paura che, sapendo chi eravamo veramente, avrebbero dovuto fronteggiare il problema della discriminazione. I genitori di Char non hanno mai fatto domande sulla nostra relazione, e nemmeno l’ha fatto mia madre. Se sapevano, non hanno detto niente…
Dopo che il dottore ci disse che la recidiva del cancro di Char era al quarto stadio, la necessità di rimanere in silenzio sembrò superflua. Dalla morte di Char, la vita è stata difficile; solo il tempo può dire quanto mi manchi.
Trovo conforto nel fatto che a Char è stato risparmiato il peso che porto. C’è un vecchio detto: “Possa tu vivere mille anni, e io mille anni meno un giorno, così non saprò mai che te ne sei andata”. Una di noi due ha dovuto vivere quell’“un giorno”.
Ci sono momenti in cui provo un grande conforto pensando che il nostro coming-out non ha cambiato quello che molta gente provava per noi. Durante la veglia per Char vennero tutti i nostri vicini – amici, parenti ed ex colleghi.
Più di trecento persone hanno firmato il registro e la maggior parte di loro era etero. La cappella era piena e dopo l’ultimo canto e la fine della messa, tutti si alzarono spontaneamente scoppiando in un applauso.
C’è stata anche una grande partecipazione al pranzo funebre. È stato un addio straordinario e un vero tributo a Char. A volte tutto ciò evoca ricordi belli e calorosi, una cerimonia fenomenale, ma mi ricorda che abbiamo potuto avere un funerale ma non un matrimonio.
Testo originale tratto da: Week:3 Putting a Human Face on Homosexuality (Pdf)