Cara Binetti sull’omosessualità le scrivo che…
Corrispondenza tra Daniela Tuscano e Paola Binetti tratta da arcigaymilano.org
Una prof.ssa milanese, cattolica e gayfrendly scrive alla Binetti, che ha posizioni intransigenti su molti temi tra cui l'omosessualità, che di certo “i gay rifiutano di essere in blocco respinti e additati come pericolosi per la religione, la morale e la società. Tutti esigono di essere trattati da persone complete. Tutti, in fondo, questo si aspettano dalla politica e dalla chiesa. evangelicamente parlando, anch’essi attendono la loro redenzione”. La Binetti alle sua parole ha risposto che…
Senatrice Binetti,
sono un’insegnante di 42 anni. Le scrivo per manifestarLe la mia indignazione a proposito delle Sue ossessive, abborracciate, farneticanti e razziste teorie sull’omosessualità e, in particolare, sugli omosessuali che, secondo le Sue parole, sarebbero diversi persino “geneticamente”.
Sono molto curiosa di sapere in cosa consista questa diversità genetica. Perché, vede, io collaboro con omosessuali cattolici (so che per Lei è inconcepibile, ma esistono) da una ventina d’anni e li ho sempre visti persone come me. M’illumini dunque, Senatrice, non permetta che io cada nel peccato, che venga ingannata da questi diavoli travestiti da uomini.
Senatrice Binetti, Lei è un’ignorante, nel senso letterale del termine. Lei ignora non soltanto le più recenti (e accreditate) teorie scientifiche, secondo cui l’omosessualità non è una malattia, ma – cosa ben più grave – la carità e il rispetto, dovuti a ogni essere umano.
Evidentemente Lei nel prossimo non vede l’uomo o la donna concreti. Vede la “categoria” cui appartengono. Per lei non esistono Marco, Luigi, Antonella e Silvia; ci sono Marco e Antonella, bravi eterosessuali, e Luigi e Silvia, peccatori omosessuali.
Diversi addirittura geneticamente. Una terminologia molto in voga una settantina d’anni fa, in certi ambienti che, come i medici cui Lei forse fa riferimento, assicuravano di poter guarire gli omosessuali. Questi sotto-uomini, così “diversi” da noi.
E sarebbero guai per tutti, se quel Gesù cui Lei afferma di credere avesse ragionato così davanti alla Samaritana. Ma risulta evidente che il Gesù che Lei prega non è lo stesso in cui credo io. Non è lo stesso, e non occorre scomodare questi deliri per sincerarsene. Leggo, infatti, che Lei si compiace di gridare ai quattro venti che porta il cilicio, così da far sentire in alto il Suo chiasso.
Il Vangelo che conosco io, geneticamente diverso dal Suo, afferma che questo comportamento è ipocrita e arrogante. Secondo questo Vangelo, Lei ha già avuto la Sua ricompensa. Permetta però a noialtri, a tutti quelli che credono nell’uomo senza distinzione, una speranza più alta, un cielo più misericordioso, un sorriso più fraterno, un amore più umano.
Con disistima, Daniela Tuscano
La risposta….
Gentile signora Tuscano, mi rendo conto che il fraintendimento delle mie parole ha raggiunto un livello difficilmente controllabile, per cui scelgo solo un punto per spiegarmi e per farle comprendere di che razza di mistificazione anche io sono stata fatta oggetto: NON ho mai detto che esiste una differenza genetica con gli omosessuali, anche perchè paradossalmente se così fosse il problema non esisterebbe quasi…
Ho detto rapidamente che al nostro orientamento sessuale concorrono:
1. aspetti genetici : ognuna delle nostre cellule è targata xx o xy, ossia ha un impring di un tipo o dell’altro
2. aspetti morfologici: ovvi…
3. aspetti endocrinologici: profilo più orientato in senso andrologico o estrogenico
4. aspetti psicologici
5. aspetti educazionali
6. aspetti sociali
7. aspetti valoriali
La convergenza di questi profili crea un orientamento sessuale più solido e sicuro, mentre le discrepanze tra di loro creano disagio e insicurezza. Questa non è la mia teoria ma l’approccio più condiviso a livello della comunità scientifica che guarda alla sessualità e al suo orientamento senza pregiudizi ma con attenzione alla complessità dell’uomo nella sua dimensione bio-psico-sociale.
Mi scuso se il contesto è stato tutt’altro che favorevole alla spiegazione e io stessa avrei dovuto sottrarmi assolutamente al giudizio che non poteva che essere confuso e confondente date le circostanze.
Me ne scuso anche con lei e perdoni il tentativo fatto di parlarle un po’ pedantemente come ad una insegnante.
Cordialmente
Paola Binetti
* * *
La replica….
Gentile senatrice,
innanzi tutto La ringrazio per la risposta e Le chiedo a mia volta scusa per l’approccio un po’ irruento. In fondo, il vero dramma del nostro tempo è la superficialità e la semplificazione, l’ideologia al posto delle idee. Molta informazione, poco approfondimento. E ciò si riflette in particolare sui grandi media.
Per onestà intellettuale dovrà però riconoscere che, nel caso in questione, nemmeno la Chiesa gerarchica ha sempre mostrato un atteggiamento equilibrato e sereno. In altre parole, non si può dar torto agli omosessuali se si sentono discriminati e, a volte, perseguitati. Fra le tante parole pronunciate dal precedente Pontefice non ce n’è stata una di misericordia, non che di approvazione, nei loro confronti.
Mai si è stigmatizzata la violenza anti-gay, anzi, per certi versi – come si evince dalla Lettera dell’86, passo 10, firmata dall’allora card. Ratzinger – la si è giustificata. Mai si è ascoltata la voce degli omosessuali credenti. Mai si è riconosciuta una loro particolare sensibilità e “missione” verso la famiglia umana.
Sempre, invece, li si è trattati da immorali, perversi (secondo un recentissimo documento del Pontefice che vieta loro il sacerdozio, addirittura pedofili) e soprattutto viziosi; insomma, senatrice, l’impressione è che, malgrado il lessico appena più moderno, la gerarchia continui a identificare gli omosessuali coi “sodomiti”.
E che il sen. Andreotti abbia nuovamente fatto ricorso all’esecrando termine è alquanto indicativo dell’imbarbarimento in cui il dibattito è scivolato. Ultimamente ho letto che un vescovo sudamericano, mons. Cotugno, ha paragonato le unioni gay a quelle tra animali e non è certo il solo; lo stesso ha fatto il vescovo Maggiolini. Taluni sono giunti persino ad affermare che i gay sono “naturalmente” irreligiosi.
Anche nella Sua lettera, sembra Lei ricorra alla scienza per in qualche modo motivare l’”anormalità”, o l’orientamento sessuale “meno solido” delle persone omosessuali. E questa posizione non mi convince, come non mi convincono i tentativi di spiegare l’attendibilità della Bibbia con criteri meramente razionali.
Già Galileo (ma, prima di lui, Agostino…) contestava quest’approccio, che oggi chiameremmo fondamentalista. E mi permetta una provocazione: cos’è la norma? Soprattutto, da cosa si valuta la “solidità” di una persona? Dal suo orientamento sessuale, pur importante, o da un insieme di fattori psico-sociali? E perché riduciamo il sesso umano a semplice, squallida genitalità?
Gli omosessuali sono tutti, indistintamente, più “deboli”? La mia esperienza dimostra il contrario, senza peraltro che mi siano ignoti i limiti di questa forma di affettività. Si può pertanto essere loro amici, senza necessariamente condividere tutte le loro richieste o visioni antropologiche.
Ma guardandosi negli occhi, su un piano di parità. Anche perché il limite è insito in ciascuno di noi, omo o etero che sia; il peccato dell’epoca attuale è quello di non riconoscere tale limite, e di volerlo superare con l’autosufficienza, l’arroganza e l’egoismo. Il singolo basta a sé stesso, e ogni sua pretesa diventa automaticamente un diritto.
Manca il dialogo, la fiducia in quel Tu che per i credenti s’identifica con Dio, ma per tutti si traduce in relazione col prossimo.
A mio modesto parere, una parte della Chiesa teme che mettersi in ascolto del vissuto omosessuale rappresenti un cedimento sui valori. Ma “l’omosessuale” in sé non esiste. E non s’identifica soltanto nelle “maschere” propinateci ogni giorno dalla tv.
Esistono gli omosessuali, i quali – duole, purtroppo, ribadire quest’evidenza – nascono e crescono, talora creano anche, delle famiglie, alcuni sono pii ed equilibrati e mai si sognerebbero di attentare alla famiglia tradizionale. Alcuni esigono i DiCo e i Pacs, altri no. Alcuni si travestono con piume, altri indossano pantaloni e cravatta, oppure gonna e camicetta.
Ma tutti rifiutano di essere in blocco respinti e additati come pericolosi per la religione, la morale e la società. Tutti esigono di essere trattati da persone complete. Tutti, in fondo, questo si aspettano dalla politica e dalla Chiesa. Evangelicamente parlando, anch’essi attendono la loro redenzione.
Daniela Tuscano