Cara Famiglia Cristiana. Sono un cattolico gay deluso dalla gerarchia della mia chiesa
Lettera inviata da Cristian al settimanale Famiglia Cristiana il 4 dicembre 2008
Cara Famiglia Cristiana, sono un cattolico omosessuale e ti scrivo per comunicare lo sconcerto che mi ha preso nel venire a conoscenza delle posizioni ufficiali della politica vaticana in sede ONU, riguardo la proposta francese sulla depenalizzazione del reato di omosessualità nei paesi ove è reato.
Le tante critiche alle parole di Mons. Migliore da parte delle associazioni di omosessuali, ma anche da parte di tanta società civile non possono che trovarmi d’accordo.
Le ragioni da egli addotte alla posizione del Vaticano sono a parer mio risibili, paventano infatti una possibile discriminazione nel consesso internazionale verso alcuni Stati, senza tenere invece conto delle condizioni di vita delle persone omosessuali in tanti paesi del mondo, dove l’omosessualità arriva ad essere punita con la detenzione, la fustigazione o la morte come ad esempio in Iran.
Personalmente frequento da anni un gruppo di omosessuali credenti che si chiama La Fonte. Il gruppo si ritrova presso una parrocchia di Milano, come noi esistono vari gruppi in diverse città d’Italia. In questi giorni come puoi immaginare ci siamo scambiati molti messaggi e telefonate, le posizioni sono le più disparate ma tutte sono in un arco di emozioni che vanno dalla rassegnazione e alla rabbia passando, purtroppo, per lo scoraggiamento.
Tutti noi siamo consapevoli che Mons. Migliore non è che un portavoce e che le radici delle sue affermazioni affondano in profondità nella politica vaticana. Scrivo politica vaticana perché la stessa esperienza dei gruppi che citavo ci rende consapevoli che la chiesa è anche altro e ben di più del vaticano e delle sue mosse sullo scacchiere internazionale.
Per questo, e solo per questo, posso dire, con molti altri cattolici omosessuali, che non perdiamo la fede e che amiamo la chiesa.
Amando la chiesa ed essendo innamorati del progetto che il Vangelo ci affida, portiamo amore anche alle gerarchie ecclesiastiche e preghiamo per la loro salvezza come per la nostra.
Certo lascia amarezza dover amare, dell’amore che un cristiano deve anche ai nemici, coloro che, non solo sono fratelli nella fede, ma dovrebbero essere i pastori che aiutano la
nostra fede a rinsaldarsi.
Ma forse è proprio questo che inconsapevolmente fanno con le loro, per noi e non solo per noi, incomprensibili posizioni sulla questione omosessuale; rinsaldano la nostra fede in Cristo sebbene a scapito della fiducia in parte della struttura ecclesiastica.
Comprendiamo in parte le posizioni della gerarchia vaticana, ovviamente non le condividiamo, ma ne capiamo le ragioni storiche e fors’anche umane. Quello che riesce difficile capire è l’irrigidimento, verrebbe da dire “ideologico”, anche su una questione di giustizia come la proposta di richiesta di depenalizzare l’omosessualità ove questa è considerata reato punibile in alcune realtà con pene che possono arrivare alla messa a morte.
Caino, che la Bibbia ci dice fratricida per invidia, ebbe comunque la protezione di Dio. Siamo noi, sono io, in una situazione tanto grave per il nostro solo esistere ed amare da essere peggiori di Caino?
Neppure il Magistero più intransigente arriva a sostenere tanto, esso infatti discerne tra condizione ed atti.
Non siamo a discutere se tale distinzione abbia senso nella concretezza della vita, se sia giusta o praticabile. Siamo a chiederci come sia possibile a chi si dice cristiano, pastore di anime e seguace del Signore della vita opporsi ad una richiesta agli Stati di non imprigionare, punire o addirittura uccidere persone che hanno la sola
colpa di essere omosessuali.
È ovvio e nessuno pensa che tale iniziativa possa avere davvero effetti concreti ed immediati nelle legislazioni nazionali, ma sarebbe un segnale, una direzione tracciata.
Inoltre sono consapevole che le gerarchie vaticane affrontano anche molti altri temi di rilevante valenza sociale, in modo molto più aderente all’idea che personalmente ho della giustizia umana e soprattutto divina.
Proprio per questo, per il buono che c’è, mando questa lettera, come cristiano e cattolico, deciso a rimanere fedele a Cristo e alla chiesa. La mando per far conoscere lo sconcerto ed il dolore di tanti. Non conosco, cara Famiglia Cristiana, il tuo specifico pensiero sull’argomento, ho letto articoli alterni nelle tue pagine.
Non so neppure cosa potresti fare nel caso fossi d’accordo con quanto ho scritto.
Mi rendo conto che la posizione di un pastore di anime è sempre delicata, non disgiunta dalle debolezze insite dell’essere uomo e che anche tu, in un certo senso, sei pastore.
Per parte mia, assieme a tanti amici cristiani ed omosessuali, continuerò a testimoniare la mia fede sia dentro che fuori la chiesa, sia dentro che fuori il cosiddetto “mondo omosessuale”. Continuerò a pregare per i fratelli come per chi ci è nemico, affinché la grazia di illumini e ci guidi all’amore reciproco nella giustizia propria del Regno.