‘Chiamare le cose con il proprio nome’. La Diocesi di Crema e la pastorale per l’accoglienza delle persone omosessuali
Articolo di Silvia Lanzi, volontaria del progetto gionata, del 15 marzo 2011
La notizia è di quelle che sbalordiscono parecchio – in senso buono, ovviamente. Soprattutto me che, essendo di Crema, ne sono toccata in prima persona. Come si è dato conto qualche tempo fa, infatti, la diocesi cremasca ha inaugurato una pastorale per gli omosessuali. Finalmente!
Era almeno un paio di anni che, a scadenze più o meno regolari, inviavo email in tal senso al mio vescovo, mons. Oscar Cantoni. Lui mi rispondeva in modo gentile ma evasivo, forse un po’ imbarazzato dalla mia richiesta così particolare.
Magari le mie richieste sembravano troppo onerose, o magari si sentiva a disagio nell’affrontare un argomento così delicato. Così gli mandai una lettera – a lui e a “Il nuovo torrazzo”, il settimanale diocesano della città. Una lettera che non venne pubblicata e alla quale non ricevetti alcuna risposta – nemmeno un cenno di avvenuta ricezione.
Nel frattempo contattai il gruppo diocesano cremonese Alle querce di Mamre per cercare aiuto e sostegno. Come avrete capito vivere il mio essere lesbica al di fuori della Chiesa mi stava un po’ stretto. Volevo – voglio – starci tutta intera nella comunità ecclesiale. Iniziai a frequentarlo e intanto mi chiedevo: perché qui e non a Crema?
Passarono mesi e quando incontrai il direttore del Torrazzo lui mi diede un nome ed un numero di telefono, quello di don Franco Mandonico, responsabile diocesano della pastorale della famiglia. Lo contattai e ci incontrammo.
Fu un colloquio lungo e cordiale, don Franco ascoltava attentamente, faceva domande. Aveva capito che per me, e spero per altre persone omosessuali, era importante sentirci accettati nella Chiesa senza dover nascondere una parte così importante di noi.
Parlammo per circa un paio d’ore. Poi, a casa, mi dissi che sarebbe stato bello dare ancora più risalto a quest’esperienza, nella speranza di raggiungere qualcuno che ne sentisse il bisogno. Per questo e per far capire meglio ai lettori lo spirito che anima questa nuova realtà, ho posto alcune domande a don Franco. Eccole, insieme alle sue risposte.
Perché la necessità di una pastorale specifica per gli omosessuali a Crema? e perché proprio ora?
Ciò che mi sembra importante è cercare di vivere secondo lo stile del Vangelo e dal Vangelo è chiaro che Gesù ha incontrato tutti, si è lasciato avvicinare, toccare… perché per tutti Egli era la presenza paterna/materna del Padre. Siamo arrivati adesso perché è più possibile parlarne con serenità e soprattutto perché è so di persone omosessuali che hanno sofferto e vogliono vivere la loro condizione nella pace.
In un recente articolo apparso su “Il Corriere della Sera” (19/02/11) si dice che il vescovo di Crema abbia ‘copiato’ questa iniziativa dalla diocesi di Cremona (è noto, in effetti, che sia mons. Cantoni che mons. Lanfranconi sono di origine comasca)?
Non so precisarti: quello che so è che quando ho fatto pervenire al Vescovo Oscar Cantoni il testo del messaggio (ndr con cui si dava inizio alla pastorale per le persone omosessuali), lui mi ha confermato l’opportunità perché nel tempo si erano rivolte a lui persone che chiedevano un aiuto del genere.
Gruppi di cristiani omosessuali ce ne sono moltissimi, sparsi in tutta Italia. C’è una specificità, e qual è, in quelli approntati dalle Curie rispetto agli altri?
Anche su questo ambito non so darti spiegazioni pertinenti perché conosco poco al riguardo. Quello che so è che come Chiesa (non tanto Curie) e come comunità cristiana non è corretto lasciare che delle persone si sentano emarginate a motivo della loro condizione – relazione omosessuale.
Cosa significa la massiccia presenza, nella Chiesa, di gay e lesbiche che non vogliono più nascondersi?
E’ un grande segno di maturazione nella consapevolezza della dignità e del rispetto di ogni persona. Nel tempo diverse acquisizioni hanno portato a cambiare prospettiva nei confronti degli omosessuali. Loro stessi, se non tutti, buona parte di essi si sono posti sempre più seriamente ad interagire con la chiesa essendo credenti cristiani.
Le gerarchie si stanno ponendo in dialogo con questi loro figli o tali iniziative, sempre meno sporadiche, sono affidate alla sensibilità dei singoli vescovi?
Io credo che quanto più saremo autentici e secondo lo stile del Vangelo, riusciremo a chiamare le cose con il proprio nome e sperimenteremo condivisione. È ancora tutto da costruire, con pazienza e fantasia. In questo senso don Franco aspetta suggerimenti ed indicazioni e chiunque lo voglia fare può contattarlo e-mail: lafamiglia@diocesidicrema.it – tel. 0373.257320.
C’è ancora tanta, tantissima strada da fare. Ma il seme è gettato.