Chiesa cattolica e persone omosessuali, in Francia si percorrono nuove strade
Articolo pubblicato su Le blog de paroissiens-progressistes (Francia) il 23 Aprile 2018, liberamente tradotto da Valentina Picano
Anne-Bénédicte Hoffner nel suo articolo (sul sito del settimanale cattolico) la-Croix.com, pubblicato lunedì 23 Aprile 2018, riflette su come la legge che consente il matrimonio alle persone dello stesso sesso, approvata (in Francia) il 23 Aprile 2013, ha creato una profonda frattura nelle comunità cristiane. Per molti cattolici, l’intenso dibattito (ndr contro il matrimonio egualitario), che ha preceduto la votazione della legge, è stato rivelatore di una profonda sofferenza e del sentimento di rifiuto verso la Chiesa cattolica vissuto da numerose persone omosessuali e dai loro cari.
In diverse diocesi, laici, diaconi e a volte preti sono stati incaricati di analizzare la situazione e di proporre dei camini pastorali, integrando il lavoro già effettuato dai movimenti degli omosessuali cristiani. Da Nantes a Saint-Étienne, da Nîmes a Lille, le testimonianze sono (spesso) le stesse. Quelle di laici, sposati o non, a volte solidamente impegnati nelle loro parrocchie ma brutalmente congedati da ogni responsabilità dopo aver rivelato la loro omosessualità – a volte dopo una «denigrazione durata ore, da parte del parroco», come racconta un prete – oppure vengono «ostracizzati» dai parroci.
Anche i genitori si trovano a confrontarsi con la scoperta dell’omosessualità dei figli, spesso soli con le loro domande: “cosa abbiamo fatto per arrivare a ciò? Sarà felice?”.
«Le persone omosessuali e i genitori credono che la Chiesa parli di accoglienza, ma che poi li metta da parte» riferisce Fabienne Daull, membro del gruppo Cados (Chrétiens s’accueillant dans leurs différences d’orientations sexuelles), ovvero credenti che accolgono le differenze nell’orientamento sessuale di Nîmes.
«Molti si sono sentiti aggrediti dalle manifestazioni, vissute così dolorosamente da credere che la Chiesa ne fosse la responsabile» aggiungono Loïc e Delphine Hussenot, responsabili della pastorale con le persone omosessuali nella diocesi di Saint-Étienne. L’omofobia, ancora molto presente in tutta la società, «resta una delle cause maggiori di suicidio di adolescenti», ricorda Isabelle Parmentier a chi monsignor Pascal Wintzer, arcivescovo di Poitiers, che ha iniziato questa missione nel 2013 e che, da allora, non rinuncia al compito di accompagnare i genitori, le persone o le coppie omosessuali, credenti o non, ed eventualmente ricostruire il loro legame con la Chiesa. Constata che «In alcune famiglie cattoliche, la sofferenza è aggravata dall’idea che i figli omosessuali “vivano nel peccato”».
Le reticenze sono ancora presenti, tra i preti come tra i fedeli, nei confronti di tutte le proposte pastorali indirizzate agli omosessuali. Nei primi incontri dopo la votazione della legge (sul matrimonio omosessuale), Claude Besson, pioniere nell’accoglienza delle persone omosessuali nella Chiesa, ha constatato che alcuni cattolici temono una «banalizzazione dell’omosessualità, al punto che i giovani, e quindi i propri figli, possano pensare “perché no”?»
«Io stesso ho esitato prima di impegnarmi in questa pastorale, per paura delle reazioni dei miei confratelli» riconosce un prete, oggi responsabile di un gruppo diocesano. «Una paura giustificata visto che un prete, durante uno scambio abbastanza vivace, mi ha detto: “Beh tu, in ogni caso, potresti sposare una coppia gay!”». I manifesti sulla porta della chiesa che annunciano una conferenza (sull’omosessualità) vengono strappati. Il vescovo ha ricevuto «degli insulti inimmaginabili» quando «si è saputo nella diocesi» del suo desiderio di accogliere una formazione sul tema.
Numerose diocesi ne hanno preso coscienza e si sono organizzate per accogliere al meglio le persone omosessuali. Il cammino va avanti. Fino a questo momento molto discreto, se non nascosto o riservato, di «alcuni preti» conosciuti come «più aperti», ma l’accoglienza e l’accompagnamento delle persone e anche delle coppie omosessuali ora escono allo scoperto.
Papa Francesco ha apportato, in due momenti, un sostegno inaspettato a coloro che erano favorevoli, a volte da tempo, a un segno di apertura da parte della Chiesa. Inizialmente con la risposta data a un giornalista che lo interrogava nell’aereo che lo riportava a casa dal GMG di Rio: «Se una persona è omosessuale e cerca il Signore con buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Successivamente, in maniera più strutturata, con l’esortazione apostolica Amoris Laetitia.
Cinque anni dopo il «matrimonio per tutti», 35 diocesi hanno «affidato la missione» ad alcune persone «di proporre delle iniziative legate all’omosessualità», si rallegra Claude Besson, che conta di inviare un elenco ricapitolativa a tutti i vescovi. «Certamente qualcuno vorrebbe che le proposte siano più veloci e andassero più lontano, ma dieci anni fa non avrei mai pensato che oggi saremmo arrivati fin qui».
Grandi conferenze, ma anche giornate di marce spirituali come quella dei «Chemins d’Emmaüs» (i Cammini di Emmaus), nati a Nanterre, o ancora cicli di formazione ad immagine dei «Jeudis de la différence» (Giovedì della differenza), realizzati in quattro sessioni da Isabelle Parmentier a Poitiers…
Le proposte si moltiplicano e si differenziano nei confronti degli omosessuali, dei loro cari, o da «l’insieme di comunità cristiane». Organizzatore dei «Jeudis de la différence» a Nantes, padre Bernard Ollivier ha constatato «la sete di prendere parola e di essere ascoltato». «Alcuni condividevano cose pesanti, altri hanno raccontato serenamente come erano riusciti a realizzarsi nella propria vita e nella vita di coppia, altri non hanno detto nulla ma hanno ascoltato.»
A volte i gruppi vanno a tentoni. A Lille, come a Nîmes, i servizi d’accoglienza permanenti non hanno ricevuto molto sostegno. «Forse le persone hanno paura di farsi irreggimentare dalla Chiesa, o che sia loro servito il discorso ufficiale, con più o meno tatto», afferma Michel Anquetil. «La partecipazione è in ogni caso maggiore quando possono venire in maniera anonima» L’obiettivo resta lo stesso: «dire e ridire che si può essere cristiani e omosessuali, che non è né incompatibile né contrario alla fede», riassume Fabienne Daulle. «Il mandato che mi ha dato il vescovo è molto chiaro: aiutare gli uomini a vivere la loro omosessualità e a trovare Dio nella vita» sostiene Isabelle Parmentier.
Nella diocesi di Créteil, come in molte altre, tutto è iniziato cinque anni fa. Dopo la votazione della legge sul «matrimonio per tutti», il vescovo Monsignor Michel Santier – e il suo consiglio episcopale – hanno visto fino a che punto i parroci fossero divisi. Così è nato il gruppo «Se parler» (Parlarsi), affidato ad un diacono e a sua moglie, costituito da omosessuali – soli o in coppia, che hanno stipulato un patto di solidarietà o che si sono sposati – e dai genitori di ragazzi che hanno rivelato la loro omosessualità. Nessuna missione esplicita, se non quella di «testimoniare una presenza fraterna della Chiesa» accanto alle persone interessate, e di esserne «il segno all’interno della diocesi».
«Il primo anno, l’abbiamo passato a scoprirci, a ascoltare le ferite di ciascuno e a curare le piaghe», racconta Augustin Grillon, che allora preparava l’ordinazione diaconale e non si attendeva affatto di ricevere questo dossier delicato. «L’anno si è concluso con una marcia, durante la quale il vescovo ha detto ai partecipanti di “far parte del corpo di Cristo”. Alcuni, che non ascoltavano queste parole da molto tempo, hanno pianto…»
L’obiettivo dei gruppi pastorali è anche di facilitare l’integrazione delle persone omosessuali nelle parrocchie. Anche lì il compito è immenso. Bisogna ricordare loro che possono prendersi delle responsabilità, che i loro figli possono essere battezzati, ecc. Riguardo le domande di benedizione delle coppie dello stesso sesso sposate civilmente, le pratiche differiscono ancora una volta da una diocesi all’altra, e anche da un prete all’altro.
Nella diocesi di Saint-Étienne, il vescovo – Monsignor Dominique Lebrun – ha attaccato un manifesto. «Ha scritto una nota ricordando che l’accoglienza di tutti i credenti era una necessità assoluta, sottolineano Delphine e Loïc Hussenot. Riguardo i battesimi, domanda ai responsabili pastorali di ricordare la contraddizione tra la scelta di vita dei genitori e la posizione della Chiesa, ma anche di accogliere il bambino. Per quanto riguarda le domande di benedizione dopo un matrimonio, suggerisce un momento di preghiera con la coppia, per affidare a Dio il suo amore, meglio fuori la Chiesa per evitare qualunque tipo di confusione. »
A Angoulême o nella regione parigina, dei gruppi diocesani condividono le loro riflessioni su scala provinciale o regionale. Di strada ne è stata fatta in cinque anni, ma il lavoro è solo iniziato.
Diventa difficile accogliere gli omosessuali in Chiesa finché ci limitiamo a una visione parziale dei testi biblici tirati fuori dai loro contesti. Come mostra l’articolo di rts.ch del 18 Marzo 2016 «Thomas Römer: L’homosexualité revisitée» (Thomas Römer : l’omosessualità rivisitata), l’omosessualità è oggi uno dei grandi temi della società.
Il dibattito si iscrive anche nel quadro della vita delle Chiese, quando i cristiani affrontano questo tema l’argomento biblico gioca un ruolo decisivo. Ora, il ricorso alla Bibbia è una questione piena di inganni, perché molto spesso sono citate le Scritture per legittimare la propria posizione sulla questione.
Al di là delle letture apologetiche che hanno troppo spesso ridotto i testi biblici al ruolo di argomenti che giustificano o condannano l’omosessualità, però non possiamo utilizzarli nel mondo in cui viviamo, perché bisognerebbe reintrodurre la pena di morte, la poligamia, lo schiavismo, l’inegualità tra uomo e donna.
Il concetto di omosessualità non esiste nel testo biblico, è un’idea moderna che vede la sessualità come un indicatore d’identità.
Thomas Römer e Loyse Bonjour in «L’homosexualité dans le Proche-Orient ancien et la Bible» (L’omosessualità nel Medio Oriente antico e la Bibbia) edito dalle edizioni ginevrine Labor et Fides, nel 2016, mostrano che gli esempi scelti per condannare l’omosessualità non possono essere giustificati.
Riguardo Sodoma e Gomorra, per esempio, essi stabiliscono la fragilità nel rapporto tra mito e omosessualità, e rilevano che ciò che predomina è la dimensione dell’aggressione sessuale e la violazione del principio di ospitalità. I testi, dell’Antico o del Nuovo Testamento presuppongono una società che non ha niente a che vedere con la nostra. Immaginare di poter utilizzare questi testi come se non avessero una storia o un contesto storico è, quella si, un’aberrazione.
Testo originale : Eglise et homosexuels, la porte s’entrouvre