Come Maria anche noi portiamo in noi qualcosa di prezioso
Riflessioni bibliche di Miguel Ochoa* pubblicate sul sito dell’associazione LGBT cattolica New Ways Ministry (Stati Uniti) il 22 dicembre 2024, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Nelle letture di oggi troviamo dei momenti di profonda rivelazione divina, e la quieta, ma potente, rivincita di coloro che spesso sono stati trascurati ed emarginati. Sono passi che ci invitano a riflettere sulle verità che riguardano in maniera diretta chi vive ai margini della società, e in particolare le persone LGBTQ+; ci ricordano che la grandezza, la pace e la gioia non emergono solamente dai luoghi del privilegio e del potere, ma anche dai tranquilli e umili angoli di vita dove ancora fioriscono l’amore e la speranza.
Nella prima lettura di oggi il profeta Michea parla di Betlemme/Efrata, un villaggio piccolo e apparentemente insignificante, scelto come luogo di nascita di un re che porterà la pace. C’è qualcosa che commuove profondamente nell’idea che un avvenimento così significativo, e così trasformativo per il mondo, possa avvenire in un luogo così spesso considerato di poco conto.
In quanto gay, vi vedo un parallelo nella mia vita, e nella vita di tantissime persone LGBTQ+. A molti di noi è stato detto per anni di essere troppo piccoli, troppo diversi, troppo fuori posto sotto ogni riguardo; ma l’opera di Dio non prende avvio da ciò che il mondo considera potente o importante, bensì dalla quiete, da ciò che è trascurato, dai luoghi e dalle persone che la società non sempre considera.
C’è una quieta promessa in questa profezia: essa ci ricorda che, anche nelle nostre lotte, anche quando ci sentiamo non considerati, il nostro scopo è il Divino. Facciamo parte di una storia più grande di noi, fatta di amore, giustizia e pace. Non è solo una promessa per il futuro, ma un invito a stare saldi e a rivendicare il nostro posto in questa storia, adesso.
Anche il racconto evangelico di Maria ed Elisabetta parla di profonda connessione e reciproco riconoscimento. È un momento che trascende la semplice visita: è un sacro riconoscimento del Divino nel cuore dell’altro. Elisabetta, ripiena di Spirito Santo, esclama “Benedetta sei tu tra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno”. È un momento in cui non sono presenti giudizi ed esitazioni, ma soltanto amore e accettazione nella loro forma più pura. Elisabetta non mette in discussione la vocazione di Maria: anzi, la conferma, la celebra, riconosce in lei uno scopo divino. Anche questo ci riguarda direttamente.
Molto spesso a noi persone queer viene insegnato di nascondere delle parti di noi stessi, di tenere nell’ombra il nostro amore, i nostri desideri e le nostre identità, ma la reazione di Elisabetta all’arrivo di Maria ci invita a uscire alla luce!
Ci ricorda che anche noi siamo degn* di essere riconosciut, celebrat*, protett*. Il nostro amore è non solo valido, è sacro! Proprio come Maria, anche noi portiamo qualcosa di prezioso dentro di noi: la vocazione divina a vivere nell’autenticità, la gioia di accogliere la nostra identità e di condividere questo amore con il mondo.
Il modo in cui il bambino nel grembo di Elisabetta sussulta di gioia al saluto di Maria mostra come la sola presenza della verità e dell’amore ci faccia reagire profondamente, visceralmente. A me sembra un’immagine potente. Ci sono dei momenti nella vita (specialmente riguardanti la nostra sessualità) in cui ci sentiamo finalmente in armonia con il nostro vero Sé, in cui siamo amati e accolti così come siamo.
In quei momenti abbiamo un innegabile sussulto di gioia dentro di noi, un’affermazione del nostro valore, il riconoscimento che siamo esattamente come dobbiamo essere. Tale gioia, tale scintilla di vita, non è solo un fatto di autoaccettazione: è la consapevolezza che l’amore di Dio è presente nella nostra autenticità e nella nostra verità.
C’è anche qualcosa che ci richiama profondamente all’umiltà in questi racconti, nel modo in cui Maria ed Elisabetta, due donne le quali vivevano in un mondo che spesso e volentieri non le considerava, si sono trovate ad essere parte di qualcosa molto più grande di loro. Si sono ritrovate insieme non per competere, ma per celebrare ognuna il cammino dell’altra.
Nella comunità LGBTQ+ conosciamo l’importanza di questo tipo di sostegno. Io stesso ho gioito nel vedere il sostegno reciproco, la condivisione e la celebrazione delle nostre storie, i momenti in cui siamo capiti e non giudicati. Queste due donne, nonostante le difficoltà che incontravano, sapevano che la connessione tra loro era sacra. Tale connessione aveva le sue radici nel rispetto reciproco, nella gioia e nel reciproco riconoscimento del valore dell’altra.
Questi due passi delle Scritture mi ricordano che la presenza divina non si trova solamente in ciò che è grandioso, potente o visibile, ma anche nei luoghi di quiete, nelle relazioni in cui l’amore è nutrito e celebrato, nei luoghi dove siamo in grado di restare saldi nella nostra verità.
Alla comunità LGBTQ+ questi passi ricordano splendidamente che il nostro amore, le nostre vite e le nostre storie sono sacre. Non soltanto sono considerate da Dio, ma fanno parte della narrazione divina di pace e gioia che Dio sta svolgendo nel mondo.
*Miguel Ochoa (lui) è musicista, attore, educatore, attivista LGBTQ+ e responsabile musicale di una parrocchia del Texas da cui è stato licenziato. Assieme a suo marito José partecipa a una associazione LGBTQ+ legata ai Padri Marianisti.
Letture liturgiche per la quarta domenica d’Avvento: Michea 5:1-4; Salmo 80:2-3, 15-16, 18-19; Luca 1:39-45; Ebrei 10:5-10.
Testo originale: Like Mary, We Too Carry Something Precious Within Us