Come navigare nella chiesa cattolica se si è cristiani queer?
Articolo di Mirjam Prell pubblicato su GCN (Irlanda) il 20 dicembre 2024. Liberamente tradotto da Marcella Petrei
Molte persone LGBTQ+ affrontano grandi difficoltà nel conciliare la loro sessualità o identità di genere con la fede cristiana. In passato, la Chiesa cattolica non si è distinta per apertura mentale.
Uno studio pubblicato sull’americano Journal Scientific Study of Religion ha infatti evidenziato che le persone cristiane queer hanno il doppio delle probabilità di abbandonare la Chiesa rispetto ad altri fedeli. Sorge quindi la domanda: è sempre possibile sentirsi bene essendo religiosi e queer?
Per Julia, trentottenne, e per Sorella Micha, oblata trentenne, la risposta è un chiaro “sì”. Essere oblati non significa essere monaci o suore, ma laici che scelgono di unirsi in preghiera con un monastero benedettino. Entrambe sono attiviste dell’iniziativa tedesca #OutInChurch, che lotta per i diritti delle persone queer e la loro visibilità nella Chiesa cattolica.
Il documentario Wie Gott uns schuf – Coming Out in der Katholischen Kirche (Come Dio ci ha creati – Coming Out nella Chiesa cattolica), trasmesso il 24 gennaio 2022 dal canale tedesco ARD, ha raccontato le storie di cinque membri di #OutInChurch.
Questa iniziativa ha dato vita a una campagna senza precedenti, durante la quale 125 dipendenti della Chiesa hanno dichiarato pubblicamente di essere lesbiche, gay, bisessuali, transessuali, intersessuali o non binari.
Tra coloro che hanno visto il documentario c’era Sorella Micha. “Ne sono rimasta profondamente colpita”, ha ricordato. Quel momento ha innescato una riflessione profonda sulla sua identità di credente e persona queer.
Sorella Micha, a metà del percorso per diventare oblata, trovava snervante dichiarare pubblicamente la propria identità.
Anni prima, si era dichiarata asessuale, affrontando critiche e rifiuti nel contesto cattolico. Si preparava dunque ad affrontare un’esperienza simile. Tuttavia, il suo convento ha accolto con favore la sua identità non binaria e asessuale. “Una delle prime persone a congratularsi con me è stato un fratello del monastero”, ha raccontato.
Julia, cristiana ma non cattolica, per un periodo si è identificata come aromantica, asessuale e transgender. Ora vive una relazione lesbica. “Ogni Chiesa cristiana trarrebbe vantaggio da una maggiore inclusività”, ha detto.
Sebbene la Chiesa cattolica non abbia ancora compiuto miglioramenti significativi nei confronti delle persone LGBTQ+, in molte parrocchie si trovano gruppi di giovani LGBTQ+ e comunità accoglienti. “Per vivere quotidianamente come cattolici, è più importante ciò che accade nella propria comunità che ciò che dice Roma”, ha sottolineato Julia.
Ma perché, diversamente da molti altri, Julia e Sorella Micha hanno scelto di rimanere nella Chiesa cattolica? Julia ha paragonato la situazione a un club sportivo: “Ci sono giocatori bravi e meno bravi. La direzione dovrebbe cambiare completamente, ma i tifosi sono fantastici. Io vado alle partite per la mia comunità, per stare con gli altri tifosi”.
“Se il nostro club si isola, lo lasciamo nelle mani degli incompetenti. L’unica alternativa è lottare per il cambiamento”, ha aggiunto.
Sorella Micha è d’accordo: “Il motivo per cui ho scelto questa comunità cristiana non significa che io non voglia cambiarla. Credo che essere queer sia parte della volontà di Dio. È stata una sfida maggiore rimanere nella Chiesa che esserne fuori”.
Per chi cerca di conciliare fede e identità queer, entrambe consigliano di entrare in contatto con altre persone credenti LGBTQ+ attraverso gruppi come #OutInChurch, Global Network of Rainbow Catholics, We Are Church Ireland o Amach le Dia. Queste piattaforme favoriscono dialoghi, scambi di esperienze e la partecipazione a celebrazioni religiose, online o di persona.
Sorella Micha suggerisce inoltre la lettura di testi teologici queer e femministi, che offrono nuove interpretazioni della Bibbia ebraica. “Alcuni passaggi biblici che giustificano la queerfobia potrebbero avere avuto senso per i popoli dell’epoca, ma non per noi oggi”. Per chi non conosce l’ebraico o desidera approfondire i significati originari, consiglia la Interlinear Bible, che presenta una traduzione letterale di ogni parola originale.
Infine, il consiglio più importante è evitare le persone nocive o non di supporto. “Il dolore inflitto dalla Chiesa a molte persone queer ha generato profonde ferite e pregiudizi”, ha affermato Julia, che spesso si ritrova a dover giustificare il proprio essere credente nei gruppi queer.
Nonostante le sfide, entrambe sono convinte che Dio sia sempre con loro, come sostegno e guida.
La fede, per queste donne, non è solo una lotta, ma un atto di speranza e un cammino condiviso.
Testo originale: How to navigate being religious and queer