Con Amoris laetitia Francesco ha iniziato la discussione sull’accoglienza delle persone LGBT+ nella chiesa
Articolo di Aaron Bianco* pubblicato sul sito LGBTQ cattolico Outreach (Stati Uniti) il 20 maggio 2022, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro, parte sesta e ultima
Con Amoris laetitia Francesco ha iniziato la discussione, che però non si deve fermare qui. Ci sono molte persone, non solo LGBT, che non si sentono a casa nella loro parrocchia. Da Francesco odono bellissime parole di speranza, come “Io ho accompagnato nella mia vita di sacerdote, di vescovo, anche di Papa, ho accompagnato persone con tendenze omosessuali, e anche con pratiche omosessuali.
Le ho accompagnate, le ho avvicinate al Signore: alcuni non possono, ma io li ho accompagnati e mai abbandonati. Le persone si devono accompagnare come le ha accompagnate Gesù. Quando una persona che ha questa condizione arriva da Gesù, Gesù non dirà sicuramente ‘vattene via perché sei omosessuale’”.
D’atro canto udiamo da altri, per esempio da monsignor Joseph Strickland, vescovo di Taylor, in Texas, che le persone LGBTQ “che vivano o meno apertamente lo stile di vita omosessuale, non sono degne della mensa del Signore”.
Con Amoris laetitia papa Francesco ha avuto l’opportunità di superare la Chiesa del giudizio e della lettera della legge, ma questo non è successo. La lettera è stato un primo passo positivo, perché ha portato all’attenzione della Chiesa degli argomenti che per troppo tempo non ha voluto discutere.
Noi che ci occupiamo di cura pastorale LGBT negli Stati Uniti vogliamo sentire da papa Francesco parole concise di accoglienza e totale accettazione. La nostra Chiesa è a un bivio, e i fedeli non devono subire altre ambiguità.
La gerarchia deve fare tesoro di ciò che abbiamo imparato da Amoris laetitia e produrre un documento che inviti tutti i figli e le figlie di Dio ad essere pienamente parte della Chiesa. Termino con una citazione finale dall’esortazione [n. 310]: “Non possiamo dimenticare che «la misericordia non è solo l’agire del Padre, ma diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli. Insomma, siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia»”.
Questo non è romanticismo deteriore, né una risposta tiepida all’amore di Dio, che sempre vuole ciò che è meglio per noi, perché la misericordia è il fondamento stesso della vita della Chiesa. Tutta la sua attività pastorale dovrebbe essere intrisa della tenerezza che mostra ai suoi fedeli; mai, nella sua predicazione e nella sua testimonianza al mondo, deve mancare la misericordia.
È pur vero che a volte agiamo come controllori della grazia, invece che come suoi facilitatori, ma come afferma Evangelii gaudium [n. 47] “la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa”.
* Aaron Bianco insegna teologia all’Università di San Diego ed è l’ex coordinatore dei ministeri LGBT della diocesi di San Diego. Questo intervento, che trovate integralmente qui, è stato pronunciato da Aaron ad una conferenza sulla lettera apostolica Amoris laetitia (La gioia dell’amore) organizzata a Roma dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e dalla Pontificia Università Gregoriana.
Testo originale: I was hounded from my church job because I’m gay. This month, I spoke at a Vatican conference on love.