Contro i gay in Africa vige ancora l’apartheid sessuale
Articolo tratto dal trimestrale BBC Focus on Africa dell’ottobre/dicembre 2003*
Essere gay, può sembrare paradossale, ma è l’ultima forma di discriminazione praticata apertamente in quasi tutti gli stati Africani “in base all’interpretazione dei precetti religiosi o perché la considerano contro natura”. Ma in Sudafrica qualcosa è cambiato…
“L’ultima forma di discriminazione nel continente africano”, osserva Bbc Focus on Africa, “è quella contro gli omosessuali”. Molti capi di stato si sono espressi contro gay e lesbiche: Robert Mugabe (Zimbabwe), Yoweri Museveni (Uganda) e Sam Nujoma (Namibia), nonché gli ex presidenti Frederick Chiluba (Zambia) e Daniel Arap Moi (Kenya).
Le leggi ordinarie o religiose puniscono l’omosessualità nella maggior parte dei paesi africani. Gay e lesbiche sono legalmente ammessi solo in undici stati, ma anche lì sono di fatto discriminati.
Le adozioni da parte di coppie omosessuali sono ammesse solo in Sudafrica. I matrimoni omosessuali sono vietati ovunque, ma in Sudafrica una coppia lesbica ha presentato un ricorso in tribunale per chiederne la legalizzazione (N.d.r che, dopo un lungo dibattito, il 30 novembre 2006, è stata sancita da un’apposita legge approvata dal parlamento sudafricano).
Ma le associazioni di gay e lesbiche, osserva il trimestrale britannico, stanno partendo al contrattacco in quasi tutto il continente, anche negli stati più intolleranti come Zimbabwe e Algeria: “Le autorità continuano a mettere al bando l’omosessualità in base all’interpretazione dei precetti religiosi o perché la considerano contro natura. I razzisti negli Stati Uniti e in Sudafrica si basavano sugli stessi concetti per giustificare la segregazione razziale”.
* traduzione e adattamento da Internazionale.it