Corpus Domini. L’amore in bocca
Riflessioni di Paolo Spina*
Un Dio che si fa corpo. Che si dona, si spezza, si mescola alle nostre vite.
Un Dio che ci tocca, ci nutre, ci desidera vivi e interi, non puri e perfetti.
Oggi celebriamo un amore che non resta in cielo, ma ci attraversa la pelle, la fame, le labbra.
E ci ricorda che ogni corpo è sacro. Anche il nostro.
Da più di 7 secoli la Chiesa cattolica celebra solennemente il mistero della presenza reale di Cristo nel sacramento dell’Eucaristia con la festa del Corpus Domini: a prima vista un accrocco tra devozione popolare di infiorate per le strade e cervellotiche controversie teologiche, ci consente invece di cogliere non poche sottolineature che avvicinano questa festa non solo alla vita concreta, ma anche alla comunità LGBTQIA+.
Innanzitutto è una festa mobile, che cade il giovedì (o la domenica, a seconda degli Stati) dopo la domenica della Santissima Trinità: cioè praticamente sempre a giugno, o comunque alle sue porte, nel mese in cui celebriamo la fierezza dell’essere creatə in un corpo a immagine e somiglianza di Dio anche nelle nostre identità sessuali e interessi affettivi.
Spesso per il Corpus Domini parrocchie e cattedrali organizzano processioni in cui il Santissimo Sacramento è portato per le strade, unico giorno dell’anno in cui un culto feriale, discretamente celebrato tra le mura delle chiese, straripa all’esterno tra canti, preghiere, campane a distesa: qualcosa di non così distante dalle parate del Pride, i cui cortei celebrano i valori del riconoscimento di ogni differenza perché possano essere ricordati ogni giorno del calendario.
In francese, il Corpus Domini è comunemente chiamato “Fête-Dieu”, una locuzione intraducibile, interpretabile soltanto con l’accostamento del nome di Dio a quello di “festa”.
Tante sono le definizioni di Dio quante sono le nostre sensibilità, eppure Gesù l’ha ricordato molte volte, in diverse parabole: il Regno di Dio, Dio stesso, è simile a un banchetto, a una festa, a un invito a nozze.
Il Corpus Domini è un giorno che insegna qualcosa sul Dio rivelato da Gesù: non un giudice implacabile, non un asettico amministratore delegato, ma una vera e propria festa. E una festa nuziale, per di più, dove il motivo per cui essere gioiosi è proprio l’amore.
Già, l’amore. Quando una mamma o un papà ama una bimba o un bimbo, lo “mangerebbe di baci”. Quando si fa l’amore, la pulsione è così forte da desiderare di bersi (“l’amore in bocca”, come cantano i Santi Francesi).
Mi piace una festa dove celebro un Dio che, per restarmi accanto, vuole che io lo mangi e lo beva, come più volte Gesù (durante l’ultima cena, ma anche in altri discorsi precedenti) disse ai suoi discepoli, suscitando non poco scandalo nei religiosi del suo tempo.
Com’è possibile mangiare Dio in un pezzetto di pane, berlo in un sorso di vino? Difficile spiegarlo perfino per il patrono dei teologi, Tommaso d’Aquino che, incaricato di scrivere i testi liturgici proprio per la festa del Corpus Domini, in un inno afferma “Non i sensi, ma la fede, prova questa verità”.
I sensi sono la cosa più limitata di cui disponiamo per farci un’idea della realtà, eppure anche quella più immediata. Se continuo a dirmi discepolo di Gesù è perché può accadere di fare esperienza di Dio anche in una carezza, un abbraccio, un bacio, una parola buona, un profumo a lungo atteso, un incontro insperato.
E tutte le volte in cui questo accade, è festa. Venite il Corpus Domini.
* Paolo Spina è un medico, appassionato di Sacra Scrittura e teologia femminista e queer, che collabora con il Progetto Cristiani LGBT+ e con La tenda di Gionata scrivendo su temi di attualità e cristianesimo.