Cosa dice la Bibbia sull’omosessualità?
Articolo di Myles Markham* pubblicato sul sito dell’associazione LGBT Human Rights Campaign (Stati Uniti), liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Dietro alle affermazioni secondo cui la Bibbia direbbe chiaramente che “l’omosessualità è proibita da Dio” si nascondono una scarsa conoscenza della Bibbia stessa e molti pregiudizi culturali.
Introduzione
Negli ultimi vent’anni il Pew Research Center rileva costantemente che una delle questioni etiche che più dividono le tradizioni cristiane è la diversità sessuale. Molti cristiani si sentono ripetere sempre la stessa domanda: “Cosa dice la Bibbia sull’attrazione per le persone dello stesso sesso?”.
Nonostante sia improbabile che gli autori biblici sapessero qualcosa di orientamento sessuale (per esempio, il termine “omosessuale” fu coniato solo nella seconda metà del XIX secolo), molti credenti considerano la Bibbia una guida senza tempo, che insegna a onorare Dio attraverso le nostre vite, inclusa senza dubbio la nostra sessualità.
Prima di chiederci come i cristiani possano onorare l’autorità della Bibbia, e allo stesso tempo sostenere la diversità sessuale, può essere utile cominciare con una concisa ma esauriente rassegna degli assunti cristiani riguardo la Bibbia.
Cos’è la Bibbia?
I cristiani che considerano la Bibbia Parola di Dio pensano comunemente che Dio l’abbia prodotta ispirando degli autori umani a scrivere della creazione, di come il peccato sia entrato nel mondo, e di come la redenzione e la salvezza si trovino in Gesù Cristo.
Vista sotto questa luce, la Bibbia diventa la fonte primaria per sapere come dovrebbe vivere il popolo di Dio. È importante far notare che “Parola di Dio” non significa che possiamo comprendere cosa è giusto e cosa è sbagliato leggendo passi isolati; la maggior parte dei cristiani fa tali considerazioni studiando cosa l’intera Bibbia dice riguardo uno specifico tema, prendendo in esame il contesto linguistico, storico e culturale in cui i passi sono stati scritti, e confrontando tali scoperte con quello che sappiamo essere, più in generale, il carattere di Dio.
Se la Lettera agli Ebrei afferma che “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre”, la nostra capacità di comprendere e applicare gli insegnamenti biblici cambia e si approfondisce mentre cresciamo nella fede e conosciamo meglio il mondo.
Cos’è l’interpretazione biblica?
Ogni volta che qualcuno apre la Bibbia, comincia un processo di interpretazione. Chi è attratto dalle persone dello stesso sesso, e perviene a conclusioni positive circa le sue relazioni e la sua identità, viene regolarmente accusato di porre la propria esperienza personale al di sopra delle Scritture, e di rifiutare l’autorità della Bibbia nella propria vita. Ma, e lo chiediamo umilmente, questa è un’affermazione corretta e veritiera? Esistono interpretazioni neutrali? Esiste un solo modo corretto di interpretare la Bibbia, e se sì, chi lo determina?
Lo studio delle interpretazioni bibliche è definito “ermeneutica”, e ci aiuta a rispondere a domande di questo tipo. L’ermeneutica è quando prendiamo un testo e non ci limitiamo a chiederci “cosa dice”, ma “cosa significa”. Quando ci chiediamo “cosa dice la Bibbia sull’omosessualità” (o, in termini più appropriati, “cosa dice la Bibbia sull’attrazione per le persone dello stesso sesso”), il nostro compito è studiare che cosa i passi biblici che riguardano questo tema significavano nel loro contesto originale, e cosa significano per noi oggi.
In particolare, cerchiamo di determinare se gli autori biblici stessero condannando specifiche pratiche del mondo antico, o se stessero invece condannando qualsiasi tipo di relazione omosessuale, in tutte le epoche.
Agitare le acque dell’esclusione
Per molti evangelici e cristiani conservatori, la risposta all’ultimo quesito è “sì”. La loro interpretazione stabilisce che le relazioni omosessuali non sono in grado di riflettere l’intento creativo di Dio. Tra le altre cose, asseriscono che 1) la loro è un’interpretazione “senza pregiudizi” dei passi in questione, che peraltro è stata sempre insegnata; 2) la loro credenza di base è che la differenziazione sessuale è parte indispensabile del matrimonio cristiano. Quest’ultimo punto è di enorme importanza, in quanto, secondo il Nuovo Testamento, il matrimonio è il simbolo primario dell’amore tra Cristo e la sua amata “sposa”, la Chiesa.
Per loro, le coppie dello stesso sesso (e anche i single) rimangono escluse dalla partecipazione a questo simbolo, perché mancano di adempiere a una o più dimensioni di quella categoria, spesso vaga, che viene chiamata “complementarietà di genere”.
Se la complementarietà di genere è effettivamente presente nei primi due capitoli della Genesi, vale la pena notare che, secondo questi racconti, Dio ha cominciato sì a creare gli esseri umani come maschio e femmina (definiti come il complesso risultato di combinazioni tra i cromosomi, le gonadi, i geni e i genitali), ma nulla nelle Scritture suggerisce che Dio abbia creato solamente questo binarismo. Questi racconti non dicono quasi nulla sul genere (le norme e le prassi sociali e culturali relative a ciò che viene considerato maschile e femminile).
Per complicare ancora di più l’interpretazione, le Scritture non suggeriscono affatto che rispettare l’autorità biblica significhi rigettare gli insegnamenti dell’esperienza; infatti, le parole di Gesù nel Sermone sul Monte sui buoni alberi che producono buoni frutti, e sui cattivi alberi che producono frutti cattivi (Matteo 7:17-18), indicano che l’esperienza dovrebbe guidarci nell’imparare la verità di Dio. È ciò che ha permesso ai primi cristiani di decidere di includere nella Chiesa primitiva i Gentili che non osservavano la Legge dell’Antico Testamento (Atti 15:1-19). L’esperienza è anche la base dei movimenti cristiani per la soppressione della schiavitù e per l’uguaglianza della donna.
Gli inviti a riformare la dottrina cristiana non intendono suggerire che l’esperienza debba prevalere sulle Scritture, bensì che l’esclusione, l’ingiustizia e i risultati distruttivi di credenze largamente diffuse dovrebbero indurre i cristiani a tornare ai testi biblici per prendere in considerazione diversi punti di vista, che possano essere un riflesso migliore del cuore di Dio.
Alcuni cristiani affermano che la Bibbia presenta passi molto duri sulle sofferenze che attendono i seguaci di Gesù (Matteo 16:24), ma essa non approva mai l’oppressione. Perché la sofferenza sia simile a quella di Cristo, deve essere redentiva, e la sofferenza redentiva non sostiene le forze oppressive, ma esprime sempre resistenza contro di esse. Per tutte queste ragioni, e altre ancora, i cristiani hanno l’imperativo morale di mettere in discussione la loro interpretazione di ciò che la Bibbia dice delle identità LGBTQ+.
E allora, di cosa parlano quei passi?
I sei passi [biblici] che parlano di omoerotismo nel mondo antico giudicano negativamente quegli atti, ma non ci sono prove che essi in qualche modo parlino di relazioni omosessuali fondate sull’amore e la reciprocità: al contrario, la massa di dati culturali, storici e linguistici sulla sessualità nei contesti degli autori biblici dimostra che ciò che viene condannato nella Bibbia è molto diverso dalle unioni omosessuali della nostra cultura.
I racconti di Sodoma e Gomorra (Genesi 19) e della concubina del levita (Giudici 19) parlano di violenza sessuale e dello stigma che nel Vicino Oriente antico circondava la violazione dell’onore maschile. L’ingiunzione “Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna” (Levitico 18:22; 20:13) è coerente con il contesto di una società che pensa alla sua salute, a perpetuare il lignaggio famigliare, e a distinguere Israele dalle altre nazioni.
Ogni volta che il Nuovo Testamento affronta il tema nelle sue liste di vizi (1 Corinzi 6:10; 1 Timoteo 1:10), molto probabilmente si parla dello sfruttamento sessuale dei giovinetti da parte di uomini maturi, una pratica chiamata “pederastia”, e ciò che leggiamo nella Lettera ai Romani è parte di una più ampia invettiva contro l’idolatria e il desiderio eccessivo ed egoista di “consumare” invece di amare e servire, come viene ingiunto per le unioni cristiane in altri punti della Bibbia.
Se è probabile che gli ebrei e i cristiani del I secolo non avessero nessuna conoscenza di una categoria come l’orientamento sessuale, questo non significa che gli autori biblici avessero torto; piuttosto, come minimo significa che la continua opposizione verso le relazioni omosessuali e le identità LGBTQ+ deve basarsi su altro che questi passi biblici, il che ci conduce alla teologia del matrimonio cristiano.
Se la differenziazione sessuale e la complementarietà di genere non costituiscono la base dell’unione cristiana, allora qual è questa base?
Se disfare tali interpretazioni dominanti ed esclusive è importante, la lotta contro le teologie positive verso le identità LGBTQ+ ha dato avvio a una messe di studi sul più profondo significato della sessualità. Da Genesi 2 a Matteo 19, a Efesini 5, ciò che è esplicito in questi passi (con echi lungo tutta la Bibbia) è qualcosa che abbiamo già menzionato: il matrimonio è sacro per i cristiani perché può rappresentare l’amore duraturo tra Cristo e la Chiesa.
L’unione cristiana crea un’opportunità per vivere l’amore di Dio. Un certo grado di differenza sembra essere importante per incarnare questa metafora, ma se comprendiamo che tutte le nostre differenze possono condurre all’empatia, alla compassione, alla capacità di ascolto, al sacrificio, al significato di “amare il prossimo come noi stessi”, sembra difficile sostenere che la nostra biologia o il nostro concetto di genere debbano essere la differenza necessaria.
Chiunque abbia avuto un qualche tipo di relazione intima può testimoniare del grande ventaglio di differenze (e dei relativi conflitti) che sono inevitabili quando due personalità cercano di integrare le loro vite. E ricordate, sono accolte come cristiane anche le persone etero non sposate, come i/le single e i/le vedovi/e.
Quello che vogliamo dire è che il progetto di Dio per l’unione cristiana intende riflettere l’amore più autentico e dolce che si possa conoscere: l’amore che dà tutto se stesso, l’amore eterno e liberatorio tra Dio e la creazione reso possibile per noi attraverso Cristo. Un compito arduo, ma comunque qualcosa che innumerevoli persone e coppie LGBTQ+ hanno vissuto e continuano a vivere oggi.
Conclusione
È importante ricordare che, nella storia della Chiesa, le nuove informazioni sull’umano e sul mondo hanno spesso indotto i cristiani a mettere in discussione ciò in cui credevano. Questo non deve farci accantonare le Scritture: è piuttosto un invito a intraprendere un confronto serrato sia con i contesti degli autori biblici, sia con la nostra esperienza vissuta. Attualmente ci sono milioni di cristiani credenti in tutto il mondo che riconoscono l’opera di Dio proprio nelle relazioni LGBTQ+.
Come afferma lo studioso neotestamentario Daniel Kirk, i cristiani di oggi farebbero bene a riconoscere, seguendo la tradizione degli Apostoli e la nostra attuale testimonianza nel mondo, che, al di là di tutte le astrazioni teologiche, Dio ha già esplicitamente accolto le persone LGBTQ+ nella sua piena comunione, e che è ora responsabilità della Chiesa semplicemente vivere e gioire di questa realtà (Luca 15).
*Myles Markham è un educatore cristiano. È laureato in teologia pratica al Columbia Theological Seminary.
Testo originale: What Does The Bible Say About Homosexuality?