Cosa ho imparato incontrando i genitori cattolici con figli LGBT
Testimonianza di Lisa, operatrice parrocchiale, sull’incontro 3volteGenitori per genitori cristiani con figli LGBT, operatori pastori e cristiani LGBT (Firenze, 28 aprile 2018)
Che cosa mi sono portata a casa da questa giornata all’incontro 3volteGenitori di Firenze? Una cosa soprattutto: lo sguardo d’Amore di tanti genitori cattolici nei confronti dei propri figli omosessuali. Uno sguardo che scruta al cuore, aldilà dei pregiudizi, dei preconcetti, della “legge” e non ho potuto fare a meno di pensare, che lo sguardo di Dio quando si posa su di noi sia proprio così!
Infinitamente Amante di tutto anche delle nostre debolezze. Ed è proprio lì, nelle profondità del nostro cuore (che a volte non piacciono neanche a noi) che ci viene a cercare e proprio lì ci custodisce e ci ama profondamente.
Un’altra cosa molto importante è stato il desiderio tangibile di incontrare la Chiesa come Madre, che accoglie, che com-patisce, che sostiene e che quindi non abbandona.
Ascoltare i racconti dei genitori e dei vissuti che hanno caratterizzato la loro esperienza, mi ha reso partecipe di quanto possa essere doloroso essere nella comunità parrocchiale, ma non sentirsene parte. Il pregiudizio, lo sdegno, talvolta “lo scandalo” riconosciuto al genitore che ha avuto il coraggio di parlare dell’omosessualità del proprio figlio in parrocchia, mi ha fatto apparire in maniera chiara e netta la necessità di camminare ancora delle nostre realtà ecclesiali. Cosa che in realtà già sapevo. Addirittura che non sia giusto colpevolizzare una madre, a tal punto da farla sentire responsabile “se suo figlio è così”. E purtroppo è accaduto!
Lo stesso vissuto è stato tale anche per i racconti di due miei cari amici. Il primo, era anche accolito (e dico era) perché dopo aver fatto coming out non si è più sentito “degno” di portare l’Eucaristia agli ammalati e l’altra che ora si dichiara atea, perché nella Chiesa non c’era posto per lei omosessuale cattolica: vivere in solitudine come fosse consacrata per mantenere la fede o unirsi ad una compagna in unione civile e abbandonare la fede. Non era possibile essere entrambe le cose: questo lei ha vissuto.
Dal punto di vista pastorale occorre continuare il dialogo che sta cominciando a maturare nuovi spazi e nuovi incontri. C’è da camminare sicuramente, ma il Signore suscita attraverso il Suo Spirito quale sia la via giusta da percorrere. Ed amare i propri figli e soprattutto accettarli nella loro unicità, mi fa pensare che sia una di queste vie.