Cristiani di seconda categoria? La sfida della pastorale cattolica con i cristiani LGBTIQ+

Articolo di Cristóbal Rodríguez* pubblicato sul sito di Shangay (Spagna) il 26 settembre 2025. Liberamente tradotto dai volontari del Progetto Gionata
Non è raro che, ancora oggi, nella maggior parte degli ambienti della chiesa cattolica, quando si parla di una pastorale della diversità sessuale o di un accompagnamento delle persone LGBTIQ+, chi ascolta rimanga sorpreso.
Di fronte a questo tema, emergono reazioni molto diverse: da chi teme che aprirsi ad accogliere e rispondere alla realtà sociale in trasformazione sia l’inizio della fine, la perdita di una dottrina che considerano erroneamente immobile e immutabile, fino a coloro che, invece, accolgono con gioia una risposta della chiesa a realtà prima ignorate o messe da parte.
Il mancato contatto diretto con queste esperienze porta facilmente all’incomprensione e, di conseguenza, all’esclusione. Quest’ultima rappresenta un autentico scandalo per chi osserva dall’esterno: come è possibile che la chiesa, che per sua natura dovrebbe essere uno spazio di comunione, abbia permesso, in certe occasioni, l’esclusione e la separazione tra cristiani di “prima” e “seconda categoria”?
Questa constatazione non riguarda solo lo sguardo di chi è fuori, ma deve interrogare anche l’interno della comunità ecclesiale. Come è possibile che uomini e donne battezzati in Cristo, per il semplice fatto di essere come sono, senza averlo scelto, vengano rifiutati ed esclusi dal cammino comunitario?
Il pontificato di Papa Francesco, fin dall’inizio, ha insistito su una pastorale fondata sulla misericordia, radicata nell’amore gratuito di Dio per ciascuno e in una visione sinodale e fraterna della chiesa.
La misericordia diventa così la chiave che ci invita, con creatività, ad aprire percorsi di crescita e sviluppo nella vita cristiana per tutti i fratelli e le sorelle. Allo stesso tempo ci spinge all’umiltà: ascoltare la realtà, riflettere sulle cause profonde dell’esclusione, riconoscere il male compiuto e chiedere perdono, impegnandoci a rendere possibile un’altra realtà.
Qual è la vera novità dell’approccio di Francesco alle periferie? Anzitutto, ha permesso alla chiesa di decentrare lo sguardo da sé stessa e di porre davanti a sé i volti degli esclusi, in ogni latitudine e condizione.
Inoltre, ha dato un respiro nuovo all’annuncio della Buona Notizia sulla famiglia, attraverso l’esortazione Amoris Laetitia (La gioia dell’amore), che ci offre preziose chiavi teologico-pastorali per avvicinarci alle diverse situazioni di confine. Insieme a Evangelii Gaudium (La gioia del Vangelo), questi testi diventano riferimenti fondamentali per l’elaborazione di un pensiero e di una prassi ecclesiale inclusiva.
Ma accanto al magistero scritto, ciò che colpisce di Francesco è il suo “magistero non scritto”: una moltitudine di gesti di vicinanza, di tenerezza e di attenzione a persone diverse, nei contesti più vari, culturali e sociali.
Il mio libro Amados, creados y soñados prodigiosamente (Amati, creati e sognati prodigiosamente) nasce in questo orizzonte. È frutto di un percorso più ampio di ricerca, già presentato nella mia tesi di dottorato discussa lo scorso maggio alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, intitolata ¿Cristianos de segunda categoría? Presencia de los creyentes LGTBIQ+ en la Iglesia: acompañamiento e itinerarios de vida cristiana (Cristiani di seconda categoria? Presenza dei credenti LGBTIQ+ nella Chiesa: accompagnamento e itinerari di vita cristiana).
Due sono gli obiettivi di questa riflessione. Da una parte, rendere visibile e riconoscere la legittimità dell’esperienza spirituale dei cristiani LGBTIQ+ e delle loro famiglie. Si tratta di un atto di giustizia, nato dalla consapevolezza di un’esclusione reale e di un inserimento fragile nella comunità ecclesiale.
Dall’altra, offrire – a partire dai tre verbi del capitolo VIII di Amoris Laetitia (discernere, integrare, accompagnare) e dalla spiritualità ignaziana – strumenti per il discernimento personale e per l’accompagnamento spirituale, sia individuale che comunitario, delle persone LGBTIQ+.
Questo lavoro vuole anche mettere in luce esperienze già avviate da gruppi in varie parti del mondo, mostrando che un cammino pastorale inclusivo è già in corso e porta frutti concreti. In questo senso, l’autore parla di “portare alla luce” un cammino che esiste e cresce.
Nella mia riflessione ho cercato costantemente un dialogo interdisciplinare con le scienze umane, integrando le loro più recenti acquisizioni. Non si tratta di offrire soluzioni immediate a una realtà tanto complessa, fatta di persone concrete, spesso ferite e segnate da un intenso cammino di sofferenza e di lotta. Piuttosto, l’intento è quello di “provocare”, nel senso di suscitare attenzione e incoraggiare altri a riflettere su questo tema, per il bene delle persone coinvolte.
Il processo potrà sembrare lento, ma questo studio dimostra che non è impossibile. E questo perché prima di noi è stato il Signore stesso a camminare con queste persone, senza mai abbandonarle né smettere di amarle come figli amati, creati e sognati prodigiosamente dall’eternità.
Il libro Amados, creados y soñados prodigiosamente (Editorial San Pablo, 2025) Hernández sarà presentato dall’autore a Madrid il 4 ottobre presso lo Spazio Anette Cabelli (Calle Ribera de Curtidores, 2), alle ore 19.
*Cristóbal Rodríguez (Tenerife, Spagna) è sacerdote cattolico, dottore in Teologia Spirituale vive e svolge il suo ministero a Bologna, dove si dedica in particolare all’accompagnamento pastorale dei credenti LGBTIQ+ nella chiesa cattolica.
Testo originale: El cura español que arrasa en Italia luchando por una Iglesia LGTBIQ+ inclusiva (y ‘saca del armario’ la realidad de muchas personas)

