Da papa Francesco alla moschea inclusiva, i rapporti tra religioni e persone LGBT stanno cambiando
Articolo pubblicato sul sito dell’associazione LGBT Arcus Foundation (Stati Uniti) il 23 settembre 2014, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Le parole di Francesco “Chi sono io per giudicare?” del luglio 2013 hanno offerto speranza, non da ultimo ai cattolici LGBT e ai credenti di tutto il mondo, per una maggiore accettazione dell’omosessualità nella più grande confessione cristiana, che comprende almeno un sesto della popolazione mondiale. “Siamo giunti ad un punto di non ritorno in cui molti cattolici non vedono più la gerarchia ecclesiastica come centro della Chiesa” dice Marianne Duddy-Burke di DignityUSA, un’organizzazione di Medford in Massachusetts che promuove l’accoglienza delle persone LGBT nella Chiesa Cattolica. “Stanno rivendicando il potere delle loro convinzioni e… accogliendo i loro membri LGBT” aggiunge Duddy-Burke, citando la resistenza sempre maggiore di alcuni preti che tranquillamente si sono rifiutati, in anni recenti, di predicare contro il matrimonio omosessuale.
“L’esclusione perseguita i membri della nostra comunità e ha effetti negativi sul loro spirito” dice Chris Paige, direttore esecutivo di Transfaith, che nel 2013 ha sviluppato e inaugurato un modello di counseling per la prevenzione del suicidio perché le comunità religiose potessero servire meglio i loro membri LGBT. Anche i pastori battisti ha fatto passi in avanti in alcuni Paesi del mondo che meno accettano le persone LGBT, compresi almeno dieci in Africa, secondo l’Associazione Battista per l’Accoglienza e il sostegno (AWAB), composta da Chiese che accolgono i fedeli a prescindere dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. “È rischioso offrire un ministero inclusivo, così dobbiamo farlo di nascosto” dice un pastore battista della Repubblica Democratica del Congo (DRC), presidente di una delle organizzazioni partner dell’AWAB, che ha chiesto di rimanere anonimo.
Il 2013 nella DCR – uno dei pochi paesi dell’Africa centrale in cui non è illegale l’omosessualità – ha visto la proposta di legge Pratiche Sessuali contro natura che commina la prigione a chi è gay o transgender. Se passasse, seguirebbe la recente promulgazione di pesanti leggi anti-LGBT in Uganda e Nigeria. Paventando l’effetto domino che potrebbero avere queste leggi, che hanno spesso la loro giustificazione in una certa interpretazione dei testi sacri, il reverendo Michael Kimindu di Other Sheep Africa ha intrapreso nel 2013 una serie di confronti con i leader cristiani e musulmani del Kenya. Tra gli argomenti sollevati in questi seminari c’erano la salute mentale e l’abuso di sostanze, problemi a cui l’isolamento delle persone LGBT può portare, una preoccupazione crescente tra i leader musulmani kenyoti, inclusi i duecentocinquantadue che vi partecipavano.
La preoccupazione di essere scollegato da una religione che è sinonimo di famiglia e cultura è personificata da Omar El-Hajoui, 26 anni, la cui famiglia nel 1977 è arrivata a Los Angeles dal Marocco. “Il Corano è sussurrato nell’orecchio del nuovo nato. Diventa parte del tuo DNA” dice Omar: “È molto brutto quando senti di non poter essere completamente te stesso con le persone che dovrebbero amarti e proteggerti”. Dopo un isolamento durato anni tra le medie e le superiori, Omar ha trovato su internet i Musulmani per i Valori Progressisti (MPV), un’organizzazione di Los Angeles, e ricorda che l’accettazione delle persone LGBT da parte di questo gruppo è “meravigliosa. È come tornare a casa e far parte della famiglia di cui ho sempre avuto bisogno”. MPV, fondato a Los Angeles nel 2007, ha molte sedi in tutto il mondo e ha creato delle comunità inclusive dove i membri LGBT sono i benvenuti. Nell’agosto del 2013 Omar è stato il primo membro LGBT a recitare una khutbah (sermone) ad una preghiera dell’MPV. “Penso che le cose dovrebbero cambiare. Culturalmente ci stiamo muovendo molto velocemente.”
Testo originale: World’s Religions Take Small Steps Towards LGBT Acceptance