Dalla falsa “ideologia di genere” alla vera teoria del complotto
Articolo di Marc Endeweld * pubblicato su TÊTU (Francia) n°191 del settembre 2013, libera traduzione di Dino
Rientro scolastico ad alto rischio (in Francia). In piena estate, la Manif pour tous (associazione che si mobilita per la difesa del matrimonio tra uomo e donna, ndr) ha annunciato che da settembre vuole intraprendere delle azioni contro la “teoria del genere” che sarebbe insegnata a scuola. “Siamo scandalizzati che si possano turbare dei bambini in tenera età con questa teoria”, denuncia Ludovine de la Rochère, presidente del collettivo, reclamano “il ritiro del concetto di genere dai manuali, dai decreti e dai progetti di legge” e incoraggiano i genitori degli alunni a creare ovunque in Francia dei “comitati di vigilanza”. Per Ludovine de la Rochère “bisogna agire contro la propaganda”. In realtà è proprio tramite la mobilitazione degli anti-matrimonio-per-tutti che si è sviluppata questa opposizione.
Così in marzo l’Unione Nazionale Interuniversitaria (UNI), associazione di studenti molto a destra e molto attiva nella contestazione del matrimonio per tutti, ha fondato l’Osservatorio della teologia del genere, proponendo di “aprire gli occhi sulla teoria del genere”, una “ideologia […] che mira a mettere in discussione i fondamenti delle nostre società “etero-centrate”, di sostituire al concetto marxista della lotta delle classi, quello della lotta dei sessi”. Addirittura! Dall’inizio dell’anno, anche alcune oscure associazioni hanno organizzato delle conferenze che si propongono di “smascherare il genere”.
Su Internet questa tipologia di iniziative si concentra sul sito (Francese) della cattosfera di estrema destra, il Salon beige. I deputati UMP Xavier Breton e Virginie Duby-Muller hanno addirittura richiesto una commissione d’inchiesta sulla “teoria del genere”…
A metà maggio La Manif pour tous vomitava fuoco contro l’organizzazione, da parte dello SNUipp-FSU (principale sindacato dell’insegnamento primario) di un seminario sul tema “Educare contro l’omofobia fin dalla scuola elementare”. E ad inizio giugno, in occasione dell’esame all’Assemblea nazionale (francese) del progetto di legge sulla riforma della scuola, gli stessi militanti si sono opposti ad un emendamento che prevedeva una “educazione all’uguaglianza di genere”. Con successo: la sua autrice, la deputata ecologista Barbara Pompili, alla fine ha preferito ritirarla.
Stesso dietrofront del ministro dell’Educazione nazionale, Vincent Peillon, che a fine maggio ha dichiarato su France 2: “Sono contrario alla teoria del genere, sono a favore dell’uguaglianza ragazzi/ragazze. Se l’idea è che non ci siano differenze psicologiche, biologiche tra gli uni e le altre, la trovo un’idea assurda”. Divertente scorciatoia.
Già al momento del rientro a scuola nel 2011 era scoppiata una polemica a proposito dell’introduzione delle questioni di genere nei nuovi programmi di scienze della vita e della terra (SVT). Ottanta deputati UMP, guidati da Richard Maillé, eletto delle Bouches-du-Rhone, così come Christian Vanneste, Lionnel Luca e Jacques Myard, i fondatori del collettivo della Destra popolare, in una lettera inviata all’allora ministro dell’Educazione nazionale, Luc Chatel, avevano preteso il ritiro di manuali scolastici di SVT di prima L e ES (classi della scuola francese) che spiegano “l’identità sessuale” degli individui sia nel contesto socio-culturale che in base al loro sesso biologico. “Secondo questa teoria, le persone non sono più definite come uomini e donne, ma come praticanti di alcune forme di sessualità: omosessuali, eterosessuali, bisessuali, transessuali” scrivevano nella loro lettera… confondendo orientamento sessuale e identità di genere!
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La paura dell’omosessualità
Fin dalla primavera 2011, erano stati l’insegnamento cattolico e Christine Boutin ad aver lanciato l’offensiva contro i nuovi programmi. Claude Berruer, vicesegretario generale dell’insegnamento cattolico, metteva allora in guardia dalla “teoria del genere, che si va diffondendo nella nostra circoscrizione”.
Quanto alla Confederazione nazionale delle associazioni cattoliche (CNACF), essa denunciava con una petizione “una specie di falsa libertà che invita a scegliere il proprio orientamento sessuale in un’età in cui già mancano i punti di riferimento strutturanti, in particolare nel campo della sessualità”. E in una lettera a Luc Chatel, Christine Boutin scriveva: “Non possiamo accettare che la scuola diventi un luogo di propaganda, nel quale l’adolescente diventerebbe ostaggio delle intenzioni di gruppi minoritari che tentano di imporre una visione della ‘normalità’ che il popolo francese non condivide”.
Ma di quale flagello si preoccupano questi responsabili e queste associazioni cattoliche? Cosa intendono per “teoria del genere” o “gender theory”? Di quale “propaganda” e di quali “gruppi minoritari” parlano? Dietro a questi discorsi in realtà si nascondono la paura dell’omosessualità e soprattutto il timore di vederla accettata da parte della società.
Il programma incriminato dell’Educazione nazionale consiste semplicemente nel “differenziare, partendo dal confronto di dati biologici e di rappresentazioni sociali, ciò che dipende: dall’identità sessuale, dai ruoli in quanto individui sessuati e dai loro stereotipi nella società, cioè da fattori connessi con l’ambito sociale; e ciò che dipende dall’orientamento sessuale, che invece è connesso con l’intimità profonda delle persone”.
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Il complotto del genere
Questo non ha importanza, per questi cattolici, convinti che la questione dei generi nasconda un progetto “sovversivo” di trasformazione della società -addirittura un vero complotto- nel quale l’omosessualità sarebbe una scelta consapevole e volontaria! Nel giornale Le Monde del 22 aprile, Bruno Perreau, professore del Massachussets Institute of Technology, sottolineava al proposito: “La ‘teoria del genere’ esiste soltanto nella testa di quelli che si oppongono all’uguaglianza dei diritti.
Questa convinzione trae origine dall’idea erronea e preconcetta secondo la quale il sesso e la sessualità potrebbero essere determinati attraverso un semplice discorso. Parlate di omosessualità e diventerete omosessuali.
Evocate le molteplici maniere in cui i ruoli maschili e femminili sono stati concepiti nel corso della storia, e rischiate di far nascere ogni sorta di devianza di genere! Nella realtà, l’identità è un processo molto più complesso. Ed è proprio questa complessità che ricercatrici e ricercatori stanno studiando nel campo dell’endocrinologia, della storia, del diritto, della sociologia, ecc.”.
Stesse conclusioni da parte della sociologa Laure Bereni, che nell’ottobre 2011 denunciava: “Questa etichetta utilizzata dagli oppositori delle ricerche sul genere suggerisce che esisterebbe un corpus ideologico omogeneo e dotato di una precisa strategia politica”. L’ultraconservatore monsignore Tony Anatrella, autore del “Lessico dei termini ambigui e controversi sulla famiglia, la vita e le questioni etiche” denunciava fin dal 2005 che “la teoria del genere […] provocherà più danni di quelli causati dall’ideologia marxista”.
Perché per i sostenitori di Anatrella è lo stesso concetto di “genere” che dev’essere combattuto. In effetti, per la teologia vaticana, il genere è accettabile solo in quanto consegue dal sesso e dunque in quanto è “fondato” in natura.
In realtà la tensione di una grande maggioranza di cattolici riguardo agli studi di genere, avendo in sottofondo la falsa idea che in queste ricerche è forzatamente questione di omosessualità, pone la questione del rapporto della Chiesa cattolica e delle religioni con il quadro democratico.
Perchè le società democratiche pretendono di definire loro stesse le proprie regole, le proprie norme e le proprie leggi, senza cercare di legittimare le proprie posizioni ricorrendo a qualche principio trascendente, qualunque esso sia -Dio, la Natura o anche la Scienza-.
“Il cammino [degli oppositori al genere] è molto simile a quello dei conservatori americani che attaccano sistematicamente l’insegnamento della biologia nelle scuole prendendo come bersaglio la ‘teoria dell’evoluzione’, accanto alla quale, secondo loro, bisognerebbe insegnare la ‘teoria del disegno intelligente’ -rinascita del creazionismo più antiscientifico-“, scrivevano nel mese di giugno su “Libération” alcuni ricercatori in scienze umane in risposta a Vincent Peillon.
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Capri espiatori
In “Le sfide della Primavera francese” il giornalista cattolico di estrema destra Rémi Fontaine vilipende anche questo “Stato insegnante che vuole essere sempre più autorità temporale e allo stesso tempo autorità spirituale secondo una teocrazia rovesciata cara a Vincent Peillon”, colpevole a sua detta di diffondere “la teoria del genere”. Aggiungendo, con tono particolarmente bellicoso: “Sono un governo e un presidente socialisti ad esserne oggi i rappresentanti più attivi e dobbiamo impedir loro di nuocere, combattendoli come tali, come dispensatori di errori funesti e di crimini contro l’umanità”.
E attacca anche il prete carismatico Daniel-Ange, a sua detta colpevole di condannare “una deriva teocratica della Repubblica”: “Siamo consapevoli dell’ampiezza mondiale della teoria del ‘gender’, pietra angolare del ‘nuovo ordine mondiale’, imposto a tutto il pianeta paese dopo paese?”.
Sotto la paura della non differenziazione tra uomini e donne, tra eterosessuali e omosessuali, c’è in realtà una volontà di mantenere le diseguaglianze. In realtà, gli studi di genere sono stati portati dalle correnti femministe dopo la Seconda guerra mondiale. Ci torna in mente la famosa espressione usata nel 1949 da Simone de Beauvoir nel suo saggio “Il secondo sesso”: “Non si nasce donna, lo si diventa”. In seguito, le discussioni scientifiche si moltiplicano. La filosofa americana Judith Butler, vittima favorita di Christine Boutin, si chiede in realtà come definire una politica femminista che non sia fondata sull’identità femminile.
“Il genere non è un artificio che ci si mette o ci si toglie a proprio piacimento, e dunque non è la conseguenza di una scelta”, ricorda. Col suo concetto di habitus il sociologo Pierre Bourdieu aveva già superato la controversia binaria tra la parte di innato e la parte di acquisito presenti in ciascuno di noi. Poiché, se il corpo esiste, esso è prima di tutto il prodotto di una storia sociale letteralmente incorporata nell’individuo.
Di fronte a tali ricerche, i “maschilisti” e i reazionari di qualsiasi appartenenza hanno paura. Come Alain Delon che criticava su “Le Figaro Magazine” del 19 luglio “questa epoca che banalizza ciò che è contro natura” e aggiungeva: “Le donne si sono battute per avere dei diritti, […] molto bene… Ma perché arrivare a comportarsi come degli uomini, perché voler assomigliare a loro?”. Da parte sua, l’editorialista Eric Zemmour denuncia “l’deologia gay” come uno dei principali intermediari “utilizzati” per invitare “l’uomo a diventare una donna come le altre”.
E all’inizio di giugno accusa il “filosofo” Alain Finkielkraut allarmato: i teorici del genere finiranno per influenzare “dei bambini che non hanno mai sentito parlare di sessualità, nè a maggior ragione di omosessualità […]. Siamo in pieno delirio”. Sì, avete letto bene! E aggiungeva: “Con la teoria del genere si assiste ad una radicale eliminazione della diversità, […] il mondo è un magazzino di identità. E l’incrocio di razze diverse è in qualche modo una variante della teoria del genere, il suo ampliamento”. Non dimentichiamo mai: ogni teoria del complotto alla fine cerca dei capri espiatori.
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Zero a Peillon
Il ministro dell’Educazione nazionale (francese) in maggio ha dichiarato di essere “contro la teoria del genere”. “Ahimè, facendo dell’ironia sugli studi sul genere, il ministro ha soprattutto cercato di calmare l’ambiente delle lobby che si autodefiniscono “anti-genere”. Senza armi, la lotta contro le discriminazioni rischia allora di ridursi ad un semplice gioco di illusionismo”, deploravano il 10 giugno su “Libération” Alexandre Jaunait, conferenziere all’università di Poitiers, Anne Revillard, sociologa (Sciences-Po Paris), Laure Bereni, sociologa (CNRS, EHESS) e Sébastien Chauvin dell’università di Amsterdam.
“Le parole del ministro relegano questi studi nel campo dell’opinione personale -si sarebbe cioè a favore o contro il genere, lo si riterrebbe buono o cattivo- attestando un disprezzo e una reale condiscendenza da parte di un rappresentante dello Stato nei confronti di universitari, ricercatori e ricercatrici” denuncia su Médiapart Pauline Delage, dottoranda in sociologia.
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Il genere, cos’è?
Come ricordava la rivista “Sciences Humaines” che dedicava il suo numero di marzo 2012 alle identità sessuali, noi possediamo in realtà cinque sessi: “Un sesso genetico (XX o XY), un sesso anatomico (pene o vagina), un sesso ormonale (testosterone o progesterone), un sesso sociale o genere (uomo o donna) e un sesso psicologico (maschile, femminile). (…) I sessi genetico, anatomico e ormonale determinano dunque l’identità sessule biologica. Ma altra cosa è il genere, cioè le differenze di stato e di ruoli sociali tra uomini e donne”. Le norme del genere possono dunque cambiare in funzione della società. L’antropologa americana Margaret Mead affermava, già negli anni 1930, che i caratteri degli uomini e delle donne sono condizionati dal gruppo all’interno del quale si evolvono. “Il genere, inizialmente, è la costruzione sociale del sesso biologico. La differenza dei sessi non è un dato di natura immutabile; essa non esiste che nella storia”, analizza Eric Fassin, ricercatore in scienze sociali.
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* La cosiddetta “teoria del genere” in questo momento è al centro del dibattito nazionale (in Francia). Ripubblichiamo quindi il dossier apparso nel n* 191 di TETU nel settembre 2013, che dedicava un completo dossier alla nebulosa reazionaria e al suo progetto di destabilizzazione del governo (francese) per mezzo della denuncia di una “teoria del genere” immaginaria. L’attualità rende necessario che pubblichiamo nuovamente questo articolo.
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Testo poriginle: Fausse «théorie du genre» et vraie théorie du complot