Davide e Gionata: la forza di un amore che sfida i secoli
Testo di Anthony Oliveira*, pubblicato su The Queer Bible (Regno Unito) in data 8 settembre 2017. Liberamente tradotto dai volontari del Progetto Gionata
Leggere la Bibbia ebraica è come trovarsi davanti a un linguaggio ridotto all’essenziale, quasi spogliato fino all’osso. Lo studioso Erich Auerbach, nel suo saggio Odysseus’ Scar (La cicatrice di Ulisse, 1977), spiegava che i poemi omerici amano soffermarsi sui dettagli: descrivono motivi, pensieri, scene luminose in cui tutto è chiaro e spiegato. La Bibbia invece procede in un altro modo: non riempie i vuoti, lascia silenzi e sospensioni. È come un cielo di ferro che resta muto, finché la voce di Dio non irrompe all’improvviso come un tuono.
Quando Dio parla ad Abramo, ad esempio, non ci viene detto da dove arrivi, né cosa stesse facendo poco prima. Non è come gli dèi greci, che scendono da un banchetto divino per intervenire nelle vicende umane. Dio nella Bibbia appare e basta: non si spiega, non si giustifica. È meno una “causa” e più un modo del popolo di Israele di rappresentare la realtà: un’irruzione misteriosa che lascia il resto nell’ombra.
Questa essenzialità diventa ancora più forte quando incontriamo le storie bibliche nel contesto delle letture comunitarie: frammenti ascoltati in chiesa, passi spezzati che ci raggiungono come fasci di luce attraverso una vetrata colorata. Chi ha generato chi? Chi parla? Chi ama? Da piccoli, come lo ero io, rapito e confuso seduto su una panca di legno in una chiesa, il lavoro che ci resta è quasi investigativo: ricomporre i pezzi, cercare i legami, fare da archeologi della parola.
E per chi legge da credente queer, questo scavo diventa ancora più impegnativo. Anche le storie più chiare di amore tra persone dello stesso sesso vengono spesso oscurate o minimizzate: “non erano davvero innamorati”, “è una traduzione sbagliata”, “erano solo amici”. Sono i filtri di teologi e predicatori che non vogliono riconoscerci né nei testi, né nei banchi delle loro chiese.
Eppure noi sappiamo riconoscerci. Anche nel deserto più spoglio o sul campo di battaglia più violento, sappiamo ritrovare uno sguardo, un segno, un legame che parla di noi.
La storia di Davide e Gionata
Su una pianura desolata e implacabile, Davide si toglie l’ingombrante armatura e affronta il gigante Golia, scagliandogli contro la sua maledizione: «Io darò oggi stesso le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche, perché tutta la terra sappia che c’è un Dio in Israele» (1Samuele 17,46). Con la sua fionda conficca una pietra nel cranio di Golia e, salendo sul corpo immenso del filisteo abbattuto, con la stessa spada del gigante gli recide la testa. Poi porta il trofeo a Saul, re d’Israele, e racconta davanti alla corte reale la storia della sua vittoria, al cospetto anche del figlio ed erede di Saul, Gionata.
E di nuovo rimbomba il tuono, quando un versetto scarno orienta radicalmente le coordinate della vita di Davide e della storia di due regni: «Quando Davide ebbe finito di parlare con Saul, l’anima di Gionata s’era già talmente legata a quella di Davide, che Gionata lo amò come se stesso» (1Samuele 18,1).
Nella Bibbia non abbondano le storie d’amore, e ancor meno quelle in cui l’amore è redentivo. Una è quella di Rut e Noemi, il cui voto reciproco è divenuto la base dei moderni voti nuziali («Dove andrai tu andrò anch’io; dove starai tu io pure starò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio» (Rut 1,16)). Un’altra è quella del centurione che supplica Gesù stupito in favore del suo servo amato (Luca 7,1-10).
Ma l’amore di Davide e Gionata è il culmine di questo amore redentivo; nonostante secoli di esegesi imbarazzate e imbarazzanti, la loro relazione è esplicitamente romantica, esplicitamente «più dolce dell’amore delle donne» (2Samuele 1,26). Ed è attraverso la forza di questo amore che Dio, nel suo solito modo di scegliere l’escluso, il secondogenito, la persona messa ai margini, rinnova il regno decadente e paranoico di Saul, portando pioggia su una terra arida.
Davide e Gionata giurano un’alleanza che dissolve il senso stesso dell’io. Gionata, principe della casa di suo padre, si spoglia per Davide, rivestendo a poco a poco il giovane pastore con gli abiti che depone: «Gionata si tolse il mantello che indossava e lo diede a Davide, insieme con il resto dei suoi paramenti, fino alla sua spada, al suo arco e alla sua cintura» (1Samuele 18,4). Questo spogliarsi che è anche un duplicarsi, mette in scena un’unione che Gionata rende esplicita condividendo con l’amato Davide il proprio diritto di nascita: «Tu sarai re su Israele e io sarò il secondo dopo di te» (1Samuele 23,17).
Questa unione, scandalosa agli occhi di suo padre, infuria Saul, sempre più ossessionato dall’eroe giovane e bello, amato dal popolo e da Dio, celebrato con canti, ricchezze e spose che accrescono la sua invidia. Più volte, durante i banchetti, Saul scaglia la lancia contro Davide mentre suona per la corte, finché il giovane è costretto a fuggire nella foresta. Gionata elabora allora un piano per avvertire Davide se suo padre avesse deciso di ucciderlo: scaglierà con l’arco – lo stesso arco con cui aveva sigillato la loro unione – e a seconda di dove cadranno le frecce, Davide, nascosto nel bosco, capirà le intenzioni del re.
Saul, fuori di sé, rinfaccia al figlio la sua scelta: «Non so io forse che tu hai preso il partito del figlio di Iesse, a tua vergogna e a vergogna della nudità di tua madre?» (1Samuele 20,30). Gionata comprende che la gelosia del padre è divenuta omicida e avverte Davide con i colpi del suo arco. I due si incontrano di nascosto nel bosco per un addio struggente che il testo racconta con sorprendente franchezza: «Si baciarono l’un l’altro e piansero insieme, finché Davide singhiozzò più a lungo» (1Samuele 20,41). Sconvolti, si separano rinnovando la loro alleanza: «Il Signore sia tra me e te, tra la mia discendenza e la tua per sempre» (1Samuele 20,42).
Si incontrano ancora una sola volta, di nascosto nella foresta, durante un’altra ossessiva caccia di Saul, e mai più.
Quando infine i Filistei invadono Israele e Saul muore sul monte Gelboe, con lui cade anche Gionata. Davide non è presente e non può impedire che i nemici infieriscano sul corpo dell’amato, spogliandolo delle armi e appendendolo alle mura.
Quando la notizia giunge a Davide, il suo dolore è devastante. Il poeta, divenuto ormai re, intona per Gionata un lamento tra i più struggenti della Bibbia:
«Come son caduti gli eroi in mezzo alla battaglia?
Gionata è stato ucciso sulle tue alture!
Io sono in angoscia per te, Gionata, fratello mio.
Tu mi eri molto caro;
la tua amicizia mi era più preziosa
dell’amore delle donne.
Come son caduti gli eroi,
sono perite le armi!» (2Samuele 1,25-27).
Per onorare la memoria di Gionata, Davide cerca suo figlio Mefiboset, rimasto storpio dopo la morte del padre. Nonostante i consigli che lo spingono a eliminarlo come potenziale rivale al trono, Davide lo accoglie a corte «per amore di Gionata» (2Samuele 9,7) e gli assegna un posto alla sua mensa per tutta la vita.
E Davide decreta che da allora in poi i figli d’Israele imparino «il Lamento dell’Arco», il canto per Gionata caduto sulle alture del Gelboe, colui che il re aveva amato come se stesso.
*Anthony Oliveira ha un dottorato di ricerca in Letteratura inglese presso l’Università di Toronto. È scrittore cattolico, critico culturale e autore queer, vive a Toronto (Canada).
Testo originale: David and Jonathan by Anthony Oliveira

