Davide e Gionata, simboli dell’amore che non ha bisogno di carezze
Riflessioni bibliche di M.S.
Non molto tempo fa tenni un mini-incontro il cui titolo era : “Come ascoltare la Bibbia”. Qualcuno giustamente mi fece notare che c’era un errore, che la Bibbia andava letta, non ascoltata, ma io gli dissi che il titolo era giusto, e che poi avrei dimostrato tale definizione. Ed è lo stesso metodo che adotterò per questo mio contributo.
Mi chiedete di parlare del rapporto che c’era tra Davide e Gionata, benissimo. Lo faccio con grande piacere. Ed userò per parallelo i passi sul discepolo amato….. e vedrete perché.
“Davide terminò di parlare con Saul. Da quel momento Gionata, figlio di Saul, si sentì legato a Davide da una grande amicizia, lo amò più di un fratello. Da quel giorno Saul tenne Davide presso di sé e non lo lasciò tornare dai suoi.
Gionata strinse un patto di amicizia con Davide, perché lo amava più di un fratello. Gli regalò il mantello che indossava e anche il vestito, la spada, l’arco e la cintura”. (1 Sam. 18, 1-3)
Il “discepolo che Gesù amava” compare in vari passi:
– nel cenacolo, quando Gesù annuncia il tradimento, e reclina il suo capo sul petto del maestro (13,23);
– è presente sotto la croce di Gesù (19,26-27);
– viene avvisato insieme con Pietro da Maria Maddalena del fatto che “hanno portato via il Signore dal sepolcro”; vi corre insieme a Pietro e vi giunge prima di lui, ma non entra; entrato dopo Pietro, “vide e credette” (20,1-10);
– riconosce il Signore risorto durante la pesca sul lago di Galilea (21,7);
– segue Gesù insieme a Pietro durante l’episodio che segue al precedente: Pietro domanda a Gesù cosa ne sarebbe stato del discepolo, e Gesù risponde (in maniera non chiara) “Se voglio che rimanga finché io venga, che t’importa? Tu, seguimi”. Ciò diffonde tra i fratelli della comunità la credenza che quel discepolo non sarebbe morto (21,20-24).
Come sapete, nella Bibbia il nome della persona indica un po’ tutta la vita, la vocazione a cui è chiamato, ed allora sono andato a verificare il significato del nome dei nostri personaggi. Gionata, vuol dire “Regalo di Dio”, mentre Davide “l’Amato, il diletto”.
Stranamente mi sono accorto di una cosa….. che altri due nomi, all’interno delle Scritture, hanno più o meno lo stesso significato: Giovanni, vuol dire “dono del Signore” e Gesù è “l’amato di Dio, il prediletto del Padre”.
Ed allora mi son chiesto se fosse possibile commentare i due passi usando un nuovo criterio, forse non tanto esegetico, ma sinceramente neanche tanto inappropriato.
Mi piace chiamarlo criterio agapico, cioè basato sull’amore. Quel criterio capace di mettere ad unisono due battiti, facendoli camminare su di un’unica frequenza, un’esperienza che forse pochi fanno, visto che purtroppo oramai il Cristianesimo da noi è diventato più un fatto “culturale” che “sentimentale”… e come ben si sa, mente e cuore, non sempre vanno d’accordo.
Ed allora mi son chiesto, specie andandomi a rileggere questi due passi, qual è il principio base che lega queste persone così diverse tra loro, ma legate da qualcosa di profondo, da qualcosa che va al di là della ragione, che spinge a dare la vita per l’altro, a vincere ogni paura, a spingersi contro ogni logica umana.
È l’amore. Quell’amore puro, casto, vero. Quell’amore che si prova dall’incontro con Cristo, dall’ascolto di quel battito che ti cambia la vita, ti dona un nuovo patos, capace di vincere ogni paura e convinzione umana, che ti porta, nonostante tutto, a restare lì, sotto quella croce…
Quell’amore forte, che ti lega talmente tanto ad una persona che anche l’eros viene superato, perché oramai, tanto puro è il sentimento, che sia la mente, sia il corpo, sia il cuore ne sono sublimati.
Quell’amore che non ha più bisogno ne di carezze, ne di abbracci, ne di baci… quell’amore che naviga ad alte sfere, fatto di sguardi, di sacrifici, di casti pensieri.
Così mi piace immaginare l’amore tra questi personaggi. Così mi piace immaginare l’amore che tanti uomini e donne, consacrati e laici, preti o suore, vivono ogni giorno. Quell’amore aperto a grandi esperienze, a grandi sacrifici, a grandi sofferenze.
E se anche per un solo istante, qualcuno possa immaginare qualcosa di diverso, bé, non condanniamolo subito. D’altronde, se anche in quei brani, sotto sotto, si celasse un casto amore di tipo omosessuale, penso che ai fini della salvezza nulla cambierebbe.
Anzi, l’amore, quand’è vero amore, libera da ogni tipo di pregiudizio. Ne è esempio palese quella frase che ogni giorno si ripete sugli altari di tutto il mondo: “prendete e mangiatene tutti; prendete e bevetene tutti, questo è il mio sangue VERSATO PER VOI E PER TUTTI….”. Per TUTTI, non solo per alcune categorie di persone.
Carissimi, vedete quanto ancora siamo lontani. Vedete quanti paletti, nonostante ci sia un comandamento divino, continuiamo ad alzare. E non abbiate paura ad immaginare che quello che c’è tra i nostri personaggi possa essere anche qualcosa di inizialmente carnale poi evolutosi in qualcosa di molto più alto.
Quanto è ancora lunga la strada da fare ma ciò che conta è non avvilirsi. Scriveva don Tonino : ” la fede ci fa’ credenti, la speranza credibili, ma e’ l’amore che ci fa’ essere creduti” … e solo quando avremo il coraggio di fare scelte non guidate dal giudizio ma dall’amore, allora saremo dei veri cristiani.
Vi lascio con una preghiera che amo fare tutte le mattine e che voglio condividere con tutti i lettori: “O Signore, concedimi in questo nuovo giorno, di accettare serenamente le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso, e la saggezza per poter distinguere le une dalle altre. Amen”.