Desiderio e amore coniugale omosessuale. Una spiritualità del desiderio
Riflessioni di Luigi Testa*, terza parte
Un’ultima considerazione può forse venire sul piano della vita di fede in senso stretto, anche se già finora è stato chiaro quanto il discorso sia intrinsecamente, ed inestricabilmente, spirituale. Se la mancanza nella forma del desiderio costituisce la cifra essenziale dell’umano, e se, per alcuni motivi (non propriamente strutturali, ma piuttosto ambientali), essa assume una dimensione così rilevante nell’esperienza delle persone omosessuali, essa non può non avere un ruolo determinante nella vita spirituale di queste persone.
La proposta di quella che può sembrare una spiritualità delle persone omosessuali non deve spaventare. La tradizione della Chiesa è ricca di spiritualità “tagliate su misura”, e se è vero che talvolta c’è stato un eccesso su questo versante, dimenticando forse almeno di fatto l’unicità della vocazione battesimale, è pur vero che è ragionevole che il modo di vivere la fede e l’amicizia con il Signore non può che aderire alle forme interiori di ciascuno, alle sue esigenze, al suo stato di vita, e all’universo dei suoi desideri.
D’altra parte, una spiritualità del desiderio può aiutare chiunque viva nella propria carne l’esperienza – che in alcuni tratti può rivelarsi dilaniante – di un desiderio che appare indomabile, o almeno difficile da gestire. Si tratta di riconoscere in questo desiderio il sacramento della nostalgia di Dio, il segno vivo e reale del nostro essere per Lui, senza che sia possibile trovare compimento in qualcosa che sia meno di Lui; di mantenere la pace anche dinanzi ai nostri desideri disordinati, perché essi comunque sempre parlano della nostra sete di Lui – ed anche dinanzi a quella quota di desiderio inguaribile che può resistere in una relazione di amore sincero, lasciando che essa continui a parlarci di Dio, senza tentare di otturarla; e, infine, di tenere sempre viva l’attesa, vivendo quella dimensione vigiliare che tiene acceso nel cuore il desiderio dello Sposo definitivo.
Proprio la dimensione sposale del rapporto con il Signore Gesù – che il Signore stesso adotta come modulo privilegiato per parlare di sé, nel Vangelo – può essere una chiave fondamentale in questa spiritualità del desiderio. L’anima desidera Cristo perché Egli solo può rispondere infinitamente al desiderio infinito piantato nel cuore; in questo senso Egli è “lo Sposo”: solo Lui può rispondere in maniera definitiva alla nostra “domanda di riconoscimento”; solo Lui può dirci in maniera convincente «Io non posso perderti» – e, del resto, il mistero della croce sta tutto qui: in un Dio che non può sopportare di perdere alcuno (Gv 6, 39, e altrove). In altre parole: solo in Lui può trovare definitivo compimento quel desiderio di essere desiderati che è tipico dell’amore sponsale. Negarlo significa o negare la natura infinita del nostro desiderio, ed è la semplice realtà che ci smentisce, o ritenere che ci possa essere qualcuno di infinito oltre Dio, ma questo è per definizione impossibile.
Il che non implica necessariamente la scelta di un’attesa vissuta nella forma di una verginità consacrata, come profezia di un amore esclusivo per Dio. Ad alcuni lo Spirito chiederà una scelta simile, ma non alla maggior parte delle persone, cui semplicemente è chiesto di non confondere il relativo con l’assoluto. È normale che, in ogni storia d’amore e in ogni relazione significativa, il cuore si chieda se finalmente quello non sarà il compimento del proprio desiderio; forse il cuore un po’ stanco, di approdo in approdo, ogni volta si chiederà: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?» (Mt 11, 3). Una spiritualità del desiderio aiuterà a non illudersi: «Non è lui. Devi attendere un altro – l’Altro. Non è lui che guarirà del tutto la tua sete. Ma non perché non sia un amore vero, non perché non sia una relazione valida, non perché in lui manca qualcosa – ma perché sei fatto per un “di più”. E questo desiderio che di tanto in tanto ancora sentirai morderti sta lì per ricordartelo, senza che tu possa spegnerlo mai del tutto».
Nella storia dello spirito, non mancano esempi rilevanti di tale spiritualità. Si parte da Maria Maddalena – donna del desiderio, anche disordinato, anche teologicamente imperfetto – a David Maria Turoldo, di cui si trovano poesie bellissime che si inscrivono proprio in questo canale –, passando naturalmente per Giovanni della Croce.
«Perché, avendo questo cuor piagato, poi non l’hai sanato? E avendolo rubato, perché me l’hai lasciato e non cogli la preda che hai rubato? Estingui i miei affanni, che nessuno vale ad annientarli. Ti vedano i miei occhi, perché ne sei la luce: per te solo desidero serbarli»: Giovanni della Croce chiede così nel Cantico Spirituale (9-10).
Egli riconosce nel suo cuore la ferita del Desiderio di Dio, piantata irresistibilmente dentro di lui, senza possibilità di liberarsene; riconosce questa sete, questa fame, che gli appare insopportabile, così indomabile da averlo stancato, fiaccato, fisicamente e spiritualmente. Come Paolo, sente questa spina nella carne, sente si essere trascinato di approdo in approdo dalla “domanda di riconoscimento” che si porta dentro, e che nessuno riesce a guarire. Nessuno riesce a calmarlo; nessuno è colui che deve venire senza che si debba attenderne un altro.
Questa tensione interna tra la natura infinita del suo desiderio e quella finita delle risposte che riceve a volte forse lo scoraggia, ma ora la sua scelta è quella di decifrare i propri desideri alla luce del Desiderio con la maiuscola, alimentando l’attesa, e chiedendo anzi che sia anticipato il momento in cui questo Desiderio sarà definitivamente colmato.
«Se vuoi, ormai finisci! Squarcia la tela di questo dolce incontro», scoppia in Fiamma viva d’amore (1). È la preghiera d’amore ormai disperato di chi è schiacciato dal suo desiderio infinito, come certe volte ce ne sentiamo ingombrati anche noi in questo “frattempo” fino a quando non verrà a baciarci con i baci della sua bocca.
*Luigi Testa è autore di testi a carattere giuridico e scrive su alcuni quotidiani nazionali. “Via crucis di un ragazzo gay” (Castelvecchi, 2024) è il suo primo libro di natura spirituale, altre sue riflessioni sono pubblicate anche su Gionata.org