Dio è queer ed è tra noi. Il mio Pride 2025

Riflessioni di Paolo Spina
Lo ammetto: fino a 48 ore prima il caldo dell’anticiclone e il tedio degli impegni lavorativi stavano minando la mia motivazione. È quella che io chiamo “la tentazione della vigilia”, che porta a evitare fino a pochi istanti prima un appuntamento, un allenamento, un viaggio, anche a lungo attesi e desiderati.
Sabato mattina mi sono svegliato diverso. O, più probabilmente, è bastato ricordare quanto 56 anni prima le persone della mia comunità vissero a Stonewall, come a coloro che proprio in quel momento si stavano recando a Budapest, contro ogni forma di odio.
Ho preso una canotta bianca, dei pennarelli, e mi sono messo a scrivere quanto già da settimane stavo pensando, in una lunga “lectio del cuore”. Proprio alla sua altezza, ho scritto, in stampatello: Dio è queer tra noi. Si può forse chiedere a qualcuno di respirare con un solo polmone, senza l’altro?
No, certo, come per me è impossibile essere gay e non credere nel Dio di Gesù, o professarmi cristiano e rinnegare il mio orientamento sessuale e affettivo. E lo sperimento ancora e ancora quando cammino insieme a sorelle e fratelli, riconoscendo la verità della promessa di Gesù: “Dove due o più sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”, senza distinguo alcuno.
Anche per questo, sul retro della canotta – bianca come la veste che mi è stata consegnata un giorno di tanti anni fa, quello del mio battesimo – ho voluto rileggere alcuni versetti della lettera di Paolo ai Romani (8,38-39), dove l’apostolo di cui porto il nome si interroga su chi o cosa potrà mai separarci dall’amore di Cristo. Ecco, allora, che ho voluto scrivere:
“Io sono infatti persuaso che
né morte né vita,
né religiosi omotransbifobici,
né amici ben intenzionati,
né leggi discriminatorie,
né sensi di colpa,
né familiari che escludono,
né relazioni tossiche,
né letture abusanti della Bibbia,
né ideologie, totalitarismi,
preti, imam, rabbini,
politiche o religioni che negano
il valore della diversità
potrà mai separarci dall’amore di Dio”.
Sono stato grato, felice e profondamente benedetto nel poter marciare a Milano con tante e tanti amici e sconosciute, credenti o no, persone queer o solidali con noi, tutte insieme per riaffermare che, come disse Monica Cirinnà, i diritti non possono e non devono rimanere sogni.
Non vanagloriosi, non presuntuosi, ma fiere e fieri di aver ricevuto il dono di una vita proprio così.