Don Stinghi: “La porta” della mia parrocchia “è aperta” anche ai gay
Articolo di Luigi Ceccherini tratto da La Nazione – Cronaca di Firenze, 10 marzo 2012
«In campagna, quando si voleva offendere uno, gli si diceva che era un finocchio. Da quei tempi, d’acqua n’è passata sotto i ponti». Don Stinghi è un altro dei preti ‘difficili’ della Chiesa fiorentina. Uno di quelli che fa tremila cose, che guida la parrocchia della Madonna della Tosse (ndr a Firenze) in Largo Adone Zoli, lungo il Mugnone, e che da 32 anni porta avanti la sua battaglia contro le tossicodipendenze con il suo Centro di solidarietà fiorentino che occupa buona parte della proprietà della Curia di Palazzo Pucci.
Un cammino difficile, il suo, che gli affidò il cardinale Benelli. Don Stinghi, lavorando in Comunità, si è trovato spesso anche a dover dialogare con gay e trans.
«Storie difficili — racconta — dove però dietro c’è sempre una persona che si trova in difficoltà, costretta a mille compromessi e che ti chiede una mano per riconquistare dignità e speranza. Gli unici che non mi piacciono, lo confesso, sono quelli del Gay Pride,perché giocano sull’esibizione, sulla provocazione, nell’ostentazione di una sessualità diversa. Insomma, è una cosa non sincera, non c’è ricerca, spiritualità. Corsi prematrimoniali per i gay? Beh, forse questo mi sembra un po’ troppo».
«Una ricerca della spiritualità, invece — racconta ancora don Stinghi — che ho trovato in una piccola associazione di omosessuali: il gruppo Kairos. E dopo che mi hanno invitato a un incontro sono rimasto colpito dalla loro intensità nelle riflessioni e nella preghiera. Si ritrovano presso un istituto di suore di via della Cittadella e ogni mese organizzano una Lectio Divina. Volevano invitare anche il vescovo, ma senza successo.
Sono venuti anche qui,in parrocchia, per una celebrazione di preghiera contro l’omofobia. Hanno preparato i canti, hanno recitato il rosario e si sono confessati. Erano 25 persone, anche ben preparate sui temi religiosi. Il gay è una persona, non è un sudicione, come pensa qualcuno. Vive questa sua sessualità con molta sofferenza. Come possiamo negargli l’eucarestia se richiesta in maniera seria. Eppoi, anche fra i preti, guai a chi scaglia la prima pietra.
Cosa è stato fatto per anni con Don Cantini? Nulla. E, lui stesso, ha detto Messa per quasi 100 anni e poi faceva quel le cose li che sappiamo con le bambine. E’ stato detto che era un pazzo. Ma intanto rappresentava la Chiesa e faceva la Comunione tutti i giorni. Come faccio io, oggi, a dire a te gay non ti do l’ostia? Chi sono io per giudicare. Anche il Papa ha detto ai gay: soffro con voi.
Se uno — conclude la sua riflessione don Stinghi – non paga le tasse, se evade fiscalmente, pecca, perché ruba alla comunità. E’ nei 10 comandamenti. Però consideriamo peccatori i gay o le lesbiche e non chi non paga le tasse. E’ mai possibile? Il Padreterno, un giorno, non mi chiederà quante messe ho celebrato ma quanto volte sono stato ingiusto».