Donne e famiglia nella Bibbia
Intervento tenuto dalla Pastora Letizia Tomassone al convegno Refo-FDEI su “La realtà delle nuove famiglie nelle Chiese e nella società” (Milano, 16 Novembre 2013)
FAMIGLIE PATRIARCALI. La Scrittura ci presenta la famiglia nelle sue molte versioni patriarcali: famiglia poligamica, famiglia larga e gerarchica con il capo famiglia che gestisce schiavi, lavoranti, figli e figlie, moglie o mogli e concubine, famiglia in cui l’uomo domina la moglie, anche nella versione più paternalista e protettiva verso la donna. Ma scavando un po’ più a fondo constatiamo che sono le donne la vera base su cui poggia la famiglia patriarcale.
In Gen.2 la nuova coppia viene invitata a vivere presso la famiglia della donna; sono le donne che portano in dote i pozzi o lottano per avere le sorgenti che rendono possibile abbeverare le greggi e coltivare i campi.
Inoltre sono i figli delle mogli più amate, nella pletora di mogli e concubine, che disegnano la futura genealogia messianica, come se questa potesse essere intrecciata soprattutto con incontri d’amore, e non con incontri obbligati e consumati per dovere.
Abbiamo infatti Isacco che nasce da Sara, Giuseppe da Rebecca, Samuele da Anna, Obed da Rut: si tratta di relazioni scelte, da cui nasce un figlio della promessa, un figlio che porta con sé il futuro pieno della benedizione di Dio.
Ma proprio queste storie in cui si descrive un amore preferenziale tra un patriarca e la sua sposa si intrecciano spesso ad altre storie, di duri conflitti con le altre donne della famiglia, di gelosia, di trabocchetti e inganni, di commerci necessari a sopravvivere per le donne in una struttura famigliare tanto sfavorevole alle donne.
Basti pensare al conflitto tra Sara e Agar, e alla cacciata della serva nel deserto dove sarebbe morta senza l’intervento di Dio; o al conflitto tra Lia e Rachele, che diventa tanto paradigmatico di un legame d’amore e odio lungo tutta la vita da dar origine a un midrash in cui Rachele insegna a Dio stesso la via impossibile del perdono.
Tra i conflitti vanno annoverati anche quelli che vedono alcune donne prese tra diverse fedeltà, la fedeltà a Dio o al proprio popolo che si frappone nel dover decidere se sedurre o meno il proprio marito (il re, nel caso di Ester); il proprio ospite (il nemico accolto nella tenda, nel caso di Jael); o addirittura, nel caso di Giovanna, nel dover scegliere tra il marito – tesoriere di Erode – e il discepolato al seguito di Gesù.
Le donne facevano parte della famiglia patriarcale come schiave, come patrimonio al pari della terra o come mezzo per accedere alla terra (si pensi al tema del matrimonio obbligato di Rut, a cui lei riesce a sottrarsi grazie alla complicità della suocera Naomi e di Boaz).
DONNE E POVERTA’. Un altro modo di entrare nel mondo delle donne bibliche è la categoria della povertà. La povertà in quelle società antiche era definita nella condizione di isolamento della donna dalla famiglia, come orfana, vedova o ripudiata, soprattutto se senza figli. Sono molte infatti le indicazioni che la Scrittura dà sulla necessità di prendersi cura delle donne sole e povere o degli orfani e degli stranieri, privi di rete famigliare.
Sappiamo come il tema della povertà femminile sia un indicatore effettivo della miseria anche nel mondo contemporaneo, e sappiamo come donne sole con figli e figlie a carico siano le più esposte all’impoverimento.
Eppure la Bibbia ci sorprende mostrando anche storie di donne che resistono da sole e costruiscono una prospettiva di futuro per sé e per i propri figli (per es. la madre di Mosè, che è circondata da un gran numero di donne che collaborano alla salvezza del suo neonato, ma il cui marito non compare; oppure Agar che sopravvive nel deserto con il figlio Ismaele, benché cacciata dal marito Abramo; o ancora la donna cananea che lotta contro i pregiudizi espressi da Gesù per ottenere un futuro per la figlia). La benedizione di Dio incontra donne che lottano per la sopravvivenza e le sostiene nella loro forza di resistenza.
SESSUALITA’ TRA VIOLENZA E TENEREZZA. Ancora un altro elemento è da sottolineare: nella struttura narrativa della Bibbia, la sessualità viene raccontata in tutte le sue varianti – dalla violenza alla tenerezza. Vi sono descritte infatti storie infami e umilianti di violenza sulle donne: violenze incestuose o violenze compiute da un branco, come nel caso della concubina del levita.
Spesso le violenze sono accompagnate da una sorta di indifferenza maschile alla violenza subita dalle donne, poiché la priorità è data ai temi dell’onore maschile violato, o allo scatenamento di vendette tribali che usano la violenza contro le donne come elemento da cui partire per i loro commerci di guerra.
A volte, solo Dio è attento alla violenza subita dalla donna e le offre vie di salvezza, come nel caso di Sara salvata due volte dall’harem di uno straniero a cui il marito l’aveva offerta come salvacondotto (e lei aveva accettato, secondo la tradizione ebraica, diventando ‘salvatrice’ del marito amato, Abramo).
Ma la Bibbia conosce anche l’amore che è incontro autentico, e non solo nel Cantico dei Cantici, ma anche nelle parti narrative, quando per esempio descrive l’amore che lega i genitori del profeta Samuele, o quando marra l’amore tra i due giovani Davide e Gionata.
Anche nel nuovo testamento vengono descritte famiglie basate su un rapporto di grande parità e dialogo tra uomo e donna – come la famiglia naturale di Gesù, in cui Giuseppe e Maria affrontano insieme le difficoltà – o Priscilla e Aquila, la coppia di apostoli che collabora con Paolo e per un certo tempo condivide con lui anche la casa. Ma sempre nel nuovo testamento vi sono anche relazioni di pesante subordinazione femminile e le donne libere che vengono descritte nei loro rapporti con la chiese iniziale paiono svincolate da rapporti matrimoniali, come vedove non più dipendenti economicamente dal padre o dal marito.
IL CONTROLLO DELLA SESSUALITA’. Un’altra funzione dei testi biblici, tanto del primo come del nuovo testamento, è quella di ottenere il controllo della sessualità, e di quella femminile in particolare. Si può leggere così il testo ancora usato nelle liturgie matrimoniali cristiane (ma non in quella valdese!) di Efesini 5.
Oppure la dura legge emanata all’epoca della ricostruzione del secondo tempio contro le mogli straniere e pagane, che gli ebrei vennero costretti a ripudiare per mantenere l’identità ebraica incontaminata (vd. il libro di Esdra e la contro-narrazione di Rut, in cui la moglie straniera è fonte di benedizione per il popolo tutto, dando origine alla genealogia di Davide, il re messianico).
NARRAZIONE E NON MODELLO. Possiamo dunque affermare che dai testi biblici emerge con chiarezza lo statuto sociale e non naturale del matrimonio, che, come la famiglia, assume molte e diversificate forme nel corso della storia e nelle diverse culture.
La Bibbia infatti è descrittiva, non normativa, e per questo non si può far derivare da essa un unico modello famigliare che corrisponda a quello ritenuto adeguato per l’oggi.
Neppure se ne può derivare un’etica famigliare dettagliata, dato che anche questa è condizionata dall’ordine con cui la famiglia si costituisce.
Nella famiglia patriarcale l’ubbidienza è il valore assoluto che prevale anche sull’affetto, poiché la struttura è gerarchica: così i ‘codici domestici’ del nuovo testamento ricalcano le norme ellenistiche di subordinazione della moglie al marito, dei figli al padre e di schiavi e schiave al padrone.
Dal fatto che la Scrittura ha un tessuto narrativo ne deriva anche che non vi sono espressi dei giudizi morali assoluti sulle forme delle relazioni umane e della sessualità in cui tali legami si esprimono, con una sola eccezione, che è la condanna della violenza.
Questo emerge già dalla condanna espressa nei confronti della donna in Gen. 3, in cui è detto con chiarezza che la subordinazione femminile al maschio è una derivazione del peccato, è una degenerazione di quella creazione voluta da Dio in cui maschio e femmina sono creati con la stessa dignità e in completo equilibrio tra loro.
LE NOSTRE DOMANDE. Certo la Scrittura descrive le società che conosce, così che per esempio descrive molte situazioni in cui vige una separazione di mondi tra uomini e donne.
Oggi noi viviamo in una società molto più mescolata fra i generi e più incerta sulle identità e anche questo ci impedisce di proiettare le nostre domande sulla Bibbia per rispondere a ciò che turba il nostro modo di organizzare le famiglie e i rapporti d’amore.
Forse solo nella comunità raccolta intorno a Gesù possiamo trovare una tale mescolanza di donne e uomini, proprio perché Gesù stesso chiama le persone singolarmente, a prescindere dai loro legami famigliari.
Ma quella comunità è descritta troppo sommariamente, e troppo velocemente viene accantonata in favore di una struttura più gerarchica e tradizionale sia di comunità che di famiglia.
Così credo che dobbiamo rifarci soltanto ai criteri principali che guidano la nostra comprensione dell’etica evangelica, anche per quanto riguarda le famiglie che mettiamo in piedi: si tratta dei criteri della giustizia, soprattutto, e dell’amore. Senza attendere risposte definitive dalla Scrittura, ma fidando che lo Spirito santo ci fa da guida in ogni tempo e in ogni cultura.