Dopo le aggressioni omofobe i gay credenti scrivono al Papa ed al card. Vallini

Prima l’aggressione da parte di un pregiudicato soprannominato “svastichella” a due omosessuali che si stavano scambiando effusioni all’uscita di un locale la sera del 21 agosto; poi il tentativo di incendiare il Qube, una discoteca punto di ritrovo settimanale della comunità gay della capitale, la notte del 25 agosto; infine, il primo settembre, un raid con lancio di bombe carta a via di San Giovanni in Laterano, a due passi dal vicariato, la cosiddetta gay street per la presenza di numerosi locali frequentati da omosessuali.
I tuoi richiami – scrive Geraci rivolgendosi direttamente al papa – quando vengono letti da un esaltato, rischiano di diventare una scusa che può giustificare un’omofobia che è tanto più pericolosa quanto meno viene riconosciuta per quello che è”. E addirittura, nel Lexicon pubblicato nel 2003 dal Pontificio consiglio per la Famiglia, si afferma “che l’omofobia non è altro che uno strumento di cui si serve la lobby degli omosessuali per propagandare un loro intrigo psichico”.
E allora, dal momento che nella Dichiarazione Persona Humana (del 1975) viene detto che “va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente”, “ti chiedo di intervenire per esprimere la tua solidarietà” alle vittime di queste settimane, prosegue Geraci, “per condannare gli episodi di violenza che si sono svolti nella tua diocesi e per condannare tutti gli episodi analoghi che si svolgono in ogni parte del mondo.
Come scrive il libro della Sapienza ‘C’è un tempo per parlare e c’è un tempo per tacere’. In materia di condanna delle violenze contro gli omosessuali credo davvero che sia arrivato il tempo di parlare, per non diventare inconsapevolmente dei complici” degli aggressori che “si dimenticano della loro umanità quando vedono due uomini che si scambiano un bacio”.
Interviene anche il portale dell’associazione romana di cristiani omosessuali liberamentenoi.it che, in una lettera indirizzata all’attenzione del vicario del papa card. Agostino Vallini, si appella alle gerarchie romane “per sollecitare una chiara condanna dell’odio, della violenza e dell’aggressione ai danni delle persone omosessuali, bisessuali, transessuali e transgender della Capitale”.
“Siamo convinti infatti – si legge ancora nella lettera aperta – che la violenza è sempre e comunque anticristiana, e in quanto tale vada apertamente condannata”. Al cardinale vicario del papa, Liberamente Noi esprime il suo rammarico per la Capitale che, scrive, “sta perdendo la propria vocazione di città solidale, accogliente, aperta alle differenze”. Ma la lettera esprime anche lo stupore che suscita il silenzio: “nessuna voce di condanna” e neppure “una parola di solidarietà verso i fratelli colpiti da un omofobo atto criminale”.
“Ogni persona – afferma Liberamente Noi – deve trovare sempre una parola di solidarietà dai pastori della comunità: sono state colpite delle persone omosessuali, che dal Catechismo devono essere accolte pienamente dalle comunità. Persone, fratelli e sorelle”.
Al card. Vallini, l’associazione chiede la solidarietà delle gerarchie, un invito ufficiale a partecipare alla veglia antiomofobia del 4 settembre, rivolto ai cattolici di Roma, la preghiera e l’impegno contro le violenze omofoniche.
Infine, chiosa la lettera, “sarebbe una testimonianza forte che disegna il volto d’amore della chiesa che è in Roma, una sua visita presso l’ospedale sant’Eugenio a Dino, uno dei ragazzi accoltellati, e portargli la sua vicinanza e solidarietà”.