Il mio cammino di ragazzo trans alla scoperta della mia identità e della mia fede
Testimonianza* di Ethan Caspani
La curiosità è stata forse tra i doni più fecondi e generativi che Dio mi ha dato. Da sempre è stata e continua ad essere quella “compagna di viaggio” che ha ispirato interrogativi, suscitato interessi, avviato percorsi, favorito incontri, consentito scoperte. Il mio mondo interiore è in continua evoluzione.
Sono nato in una famiglia cristiana cattolica: tra i miei ricordi d’infanzia più vivi ci sono i pellegrinaggi a San Giovanni Rotondo organizzati dai nonni, molto devoti a padre Pio. Fino alla scuola media ho frequentato assiduamente il catechismo, ricevendo tutti i sacramenti. Dopo la cresima, però, decisi di allontanarmi da questo mondo, nel quale in realtà non credevo e al quale avevo aderito semplicemente come a una prassi, una tradizione a cui non ci si poteva sottrarre.
Negli anni, inoltre, mi sono scoperto inizialmente lesbica e ho avvertito un allontanamento da parte della Chiesa nei miei confronti. Quando poi, verso i diciotto anni, mi sono scoperto un ragazzo trans, ero ormai totalmente fuori dalla Chiesa da parecchio tempo.
Tuttavia ho sempre sentito dentro di me una spinta spirituale: mi ritenevo sì ateo convinto, ma in fondo avvertivo che questa parola e lo stile di vita che essa comportava non mi corrispondeva completamente. Sentivo che la vita non poteva essere solo materia, sentivo che c’era qualcosa di più grande, che ci doveva essere per forza dell’altro.
Ricordo in particolare gli insegnamenti molto umani di un docente di religione del liceo che ravvivarono la mia curiosità circa l’esistenza di Dio. Mi riaffacciai a messa ma non mancarono le esperienze negative: ricordo una signora che, turbata probabilmente dal mio aspetto, si rifiutò di porgermi la mano al momento della pace e una omelia particolarmente offensiva verso la comunità LGBTQ+ che mi indusse ad alzarmi e allontanarmi.
È stata la conoscenza di una amica di mio padre, molto più in là nel tempo, che ha rappresentato la svolta. Era una donna adulta, molto credente, praticante e impegnata nella sua comunità e ciò che mi ha subito conquistato è stata la sua capacità di ascolto non giudicante nei miei confronti.
Tra noi è nato spontaneamente un libero e reciproco raccontarsi e si è creato così uno spazio di dialogo e di scambio nel quale ho liberato tutta la mia curiosità sulla fede.
In fondo in fondo, infatti, ho sempre “invidiato” le persone come lei, quelle la cui fede genuina dona loro una spinta in più, quelle la cui fede io avrei voluto tanto avere. Come fai ad avere tutta questa fede? Esiste allora un Dio o no? L’ho interrogata tanto e più mi rispondeva più le mie domande aumentavano, per cui si è avviato un percorso di approfondimento.
Quello che ho compreso è che noi non possiamo constatare che un Dio esista, non ci sono delle prove che lo dimostrino. Come si fa dunque trovare qualcuno che non si fa vedere? Quello che ho fatto io è stare semplicemente in silenzio e in ascolto. Nel momento in cui ho cominciato a cercare Dio e ho aperto il mio cuore ho sentito la sua presenza.
Quando la gente mi chiede come mai credo in Dio faccio fatica a spiegarlo perché è qualcosa che arriva da dentro, è come quando mi chiedono come faccio a essere sicuro di essere un ragazzo trans, come posso dimostrarlo. Sono entrambe cose che non si possono dimostrare, cose che si sentono da dentro. Io l’ho sentito e parlando e dialogando con Lui, credo in lui e credo che esista. Così è nata la mia fede, dall’ascolto e nient’altro.
Successivamente ho ripreso a leggere il Vangelo per conto mio, perché cercavo delle risposte e me ne sono innamorato: più leggevo e più sentivo nascere dentro di me un fuoco. Quando lo leggi in solitaria capisci proprio quanto parla di noi, dell’animo umano, quanto sia attuale. Sentivo che stesse parlando di me anche se scritto tanti anni fa.
Un significato particolare ha per me anche il rapporto tra la mia fede e la mia identità di persona transgender. La riscoperta della fede è arrivata quando avevo già in gran parte concluso il mio percorso di scoperta interiore e di affermazione di genere.
Forse una volta lasciatomi alle spalle i dubbi e le incertezze sulla mia identità, mi sono sentito maggiormente me stesso, più felice, più libero e quindi più predisposto anche ad un nuovo incontro.
Prima invece ero molto introflesso, facevo fatica ad aprirmi al mondo, non sapevo chi fossi e questo non mi rendeva pronto a un incontro con Dio. La fede è un incontro con Dio, certamente Lui ti chiama sempre, ma tu ci arrivi quando sei pronto ad accoglierlo.
Perché ho vissuto per tanto tempo questo timore, questa titubanza ad avvicinarmi a Lui? Me lo sono chiesto spesso.
I think that, for years, it has been made to me that being a transgender person and being a Christian could not go together. What are you doing then: go against God or go against what you feel deeply to be? It was a truly troubled moment, because I didn't know what to do. On the one hand I felt this call, but on the other I could not find a unitary road. I said to myself: what should I do? Do I have to change myself? Do I have to eliminate a part of what they are?
Then in the end the reading of the Gospel helped me a lot: the more I read, the more I felt that Jesus loved me just as I was, he asked me to be myself, to do good. There is nothing wrong with me. And, finally, I felt new, welcomed, embraced.
Certainly the people around me gave me a hand, but at that moment it was above all a personal experience, a personal contact with God in prayer. The reading of the Gospel and the prayer made me feel fully and fully Christian at the same time. For this I would recommend everyone to read and study the Gospel and the Bible.
After the rediscovery of faith, I started attending a parish in Milan, where I lived. I liked to go to Mass, listen to the homilies. More than anything else I considered it a moment my personal, an opportunity to listen to the Gospel and also to pray with other people.
Tuttavia mi mancava qualcosa: anche se frequentavo regolarmente la messa, nessuno mi conosceva all’interno della parrocchia. Sentivo di essere solo. Ho continuato a cercare, ho trovato su internet il riferimento a un gruppo di credenti LGBTQ+, i Giovani del Guado, e ho iniziato a frequentarlo, ritrovando così anche la bellezza della dimensione comunitaria.
Ma la fede è in continuo mutamento e la mia ricerca non si era fermata: più leggevo il Vangelo, più sentivo nascere in me domande e approfondivo con lo studio di testi di teologia. Man mano, mi sono allontanato dalla teologia cattolica e ho iniziato a cercare una realtà che fosse più vicina a quello che era il mio pensiero e il mio animo.
È stato allora che ho scoperto la Chiesa valdese. È stato un avvicinamento molto graduale: ero un po’ titubante, mi sentivo in colpa perché stavo cercando qualcosa di diverso rispetto a quello che mi era stato presentato nella Chiesa cattolica, come se fossi un traditore o stessi facendo qualcosa di blasfemo.
Ho iniziato a documentarmi online, poi ho voluto conoscere la pastora Di Carlo, che mi ha trasmesso una visione bellissima della fede valdese. A poco a poco ho cominciato a frequentare i culti, ho frequentato un corso e da giugno del 2024, sono stato effettivamente ammesso nella Chiesa valdese.
Qui mi sono sentito veramente accolto, in particolare in riferimento alla mia identità di genere: nella comunità sono in contatto con persone che non appartengono alla comunità LGBTQ+, che però mi rispettano, non mostrano i pregiudizi che ho trovato invece in alcune comunità cattoliche.
So bene che ci sono delle realtà molto aperte nella Chiesa cattolica: io stesso sono stato invitato a condividere la mia storia in alcuni incontri molto interessanti, per esempio nella diocesi di Chiavari dove ho parlato anche a seminaristi, sacerdoti, suore, in presenza del vescovo.
La sensazione, però, è che si tratti di occasioni isolate, che si verificano solo in alcune parrocchie. Invece, nella mia esperienza della Chiesa valdese – solo quella di Milano, per il momento – non ho trovato alcun tipo di discriminazione: mi sento accettato da tutti e posso essere tranquillamente me stesso.
Devo essere sincero, mi faccio ancora delle domande: la Chiesa valdese mi piace tantissimo, la sento proprio mia, ma le comunità sono poche e distanti dal luogo in cui abito. Se voglio partecipare al culto di persona devo andare a Milano e questo purtroppo mi fa vivere un po’ fuori da una comunità reale, perché riesco a partecipare quasi sempre solo ad incontri online.
Il desiderio che sento fortemente, in questo periodo della mia vita, è quello di trovare delle realtà più vicine, o magari di riuscire a crearle.
The community dimension, in fact, is an aspect that has become very important in my life of faith. Certainly you can live the faith alone, but this is not its truest sense: Jesus himself says that faith is something community.
We are here to stay together, together we manage to do good, to help each other and also to strengthen our faith. Through the experience and sharing of the life of others we can confront each other and support us, perhaps in a moment of doubt or discouragement. In these cases, the community helps to keep faith alive, also through the sharing of experiences.
* Testimony collected thanksAs part of the "Nati twice" project, with which the volunteers ofJonathan ProjectThey want to tell the paths of faith of transgender people and their family members. In May 2025, on the occasion of theVigils of prayer for overcoming homotransbphobia, some of these stories will be collected byJonathan's tentIn a free print booklet that will tell the faithful paths of transgender, Catholic and evangelical people, and their families in the different churches. A collection of testimonies with which we want to weave a bridge of knowledge between these two often distant worlds, to help throw walls and prejudices down. To read the testimonies we have already collected click onhttps://www.gionata.org/tag/nati-due-volte/. If you want to add your you write totendedigionata@gmail.comWord of mouth