Essere imam, gay e algerino in Europa
Articolo di Imane Rachidi pubbblicato sul sito M’Sur – MediterráneoSur il 17 ottobre 2016, libera traduzione di Marco Galvagno
E’ un apostata omosessuale per alcuni, un imam tollerante per altri. I suoi atti di ribellione gli sono costati intimidazioni e minacce da parte di alcuni algerini che vogliono privarlo della nazionalità perché per loro è un “figlio dell’inferno”. Ludovic Mohamed Zahed, un algerino con nazionalità francese, che continua a lottare contro l’ala più conservatrice dell’islam fin da quando era giovane. Aveva poco più di venti anni quando riconobbe pubblicamente la propria omosessualità e decise di conciliarla con la religione. Afferma: “Maometto era un ribelle per questo oggi se fosse vivo sicuramente sposerebbe le coppie omosessuali”.
Nato, a Algeri nel 1978, Mohamed Lofti Zahed ha aggiunto Ludovic al proprio nome quando ha chiesto la nazionalità francese. Da adolescente è stato membro di un gruppo di salatiti algerini. Ora viaggia tra le capitali europee per educare alla tolleranza verso i musulmani rifugiati arrivati di recente in Europa.
“Il cosiddetto dovere di uccidere gli omosessuali e i transessuali è una menzogna. È stato inventato da quelli che sono portavoce di idee dogmatiche e estremiste. L’islam è una religione che predica il rispetto e la tolleranza” e afferma “Il profeta Maometto ricevette in casa sua uomini effeminati che non provavano alcun desiderio sessuale verso le donne”.
Secondo lui ciò che il Corano condanna sono le pratiche sessuali violente, pagane, di dominio sugli altri o inumane come lo stupro. Constata che il libro sacro dell’islam non parla dell’omosessualità e non afferma nemmeno quello che molti sostengono “se trovi due persone dello stesso sesso che hanno un rapporto uccidi sia l’attivo che il passivo.”
E’ in viaggio verso Berlino dove terrà una serie di lezioni. Spiega che vi sono circa 3500 musulmani gay nella capitale tedesca, la maggior parte di loro sono rifugiati politici che vengono molestati e minacciati dai loro compagni, ma “non vivono nemmeno in pace con se stessi.” Secondo questo imam molti di loro hanno rimorsi di coscienza, provocati da pressioni sociali o religiose. “Provengono da società instabili in cui sono vittime dell’ostilità degli islamisti come le donne o le minoranze etniche.”
La sua lotta è sia contro l’omofobia che l’islamofobia, che sono a suo avviso due facce della stessa medaglia, che purtroppo spadroneggiano al giorno d’oggi. “Fin da quando sono piccoli si inculca loro l’idea che l’omosessualità sia proibita dall’islam, ma Allah non dice nulla contro di noi nel Corano”. Ricorda gli attacchi avvenuti nei centri per i rifugiati di vari paesi europei: i gay sono stati aggrediti e minacciati di morte.
Con le sue lezioni intitolate “decostruzione dell’omofobia” vuole ottenere che i rifugiati provenienti da vari paesi conservatori del Medio Oriente riescano a vivere in pace con se stessi, gli altri e la loro religione, accentando la propria omosessualità. Avverte che non spiegherà loro come devono comportarsi, ma che ogni orientamento sessuale è bene accetto nell’Islam.
Moschea inclusiva
Dall’inizio dell’anno la Germania ha aperto vari centri d accoglienza per rifugiati politici gay, lesbiche e trans per evitare che siano molestati dai loro compagni negli altri ostelli. I Paesi Bassi stanno ancora discutendo se prendere provvedimenti analoghi o no, dato che molti politici ritengono che vararli sarebbe dare ragione ai più radicali, come ha detto il primo ministro Mark Rutte.
Michil Satel, nato ad Aleppo trenta anni fa, conferma di avere subito violenze insieme ai suoi amici gay. “Ho paura perché ho subito minacce di morte. Fanno la pipì nel mio letto, mi tirano avanzi di cibo e spazzatura e mi dicono «andrai all’inferno».”
Questo giovane siriano preoccupato narra di essere arrivato in Olanda nel novembre dell’anno scorso e di trovarsi in un centro per profughi vicino alla frontiera tedesca, nell’attesa che la concessione dell’asilo politico gli permetta di continuare il suo viaggio.
Ludovic Zahed sostiene di essere abbastanza ottimista, nonostante molto resta ancora da fare, le minoranze sessuali non sono più le vittime di una caccia alle streghe. Ha chiaro che “nemmeno il profeta Maometto se vivesse al giorno d’oggi sarebbe omofobo e che sicuramente benedirebbe matrimoni omosessuali”. Lui lo ha fatto, si è recato a Stoccolma per assistere al matrimonio di due donne iraniane, una delle quali colpita da una rara malattia genetica.
Mossa audace che ha irritato ancor di più i fondamentalisti, che lo sono venuti a sapere e lo hanno minacciato e hanno chiesto addirittura che gli si revochi la cittadinanza algerina. Lo hanno definito “un apostata omosessuale”, ma lui li ignora. “Questo matrimonio è stata una vera benedizione. È una grande storia, per me era la coppia perfetta da sposare”. L’unione religiosa ha coronato quella civile già celebrata davanti alle autorità scandinave.
Già nel 2012 Ludovic aveva aperto a Parigi la prima moschea inclusiva nella quale sono bene accolti tutti musulmani indipendentemente dal loro orientamento sessuale e dal loro modo di vestire. Uomini e donne pregano insieme nello stesso spazio, di solito stanno in due settori separati, le donne non hanno bisogno di un velo che copra i loro capelli, come avviene nelle altre moschee. È conscio dei rischi che corre e non dimentica le minacce ricevute dalle frange più conservatrici, che lo considerano un eretico.
“C’è chi tenta di imporre una rappresentazione dogmatica e totalitaria della nostra tradizione, ma siamo sempre di più e formiamo un movimento internazionale organizzato, ci stiamo associando con altre persone in modo da promuovere la creazione di moschee inclusive e egalitarie in tutti i paesi del mondo”.
Quando i suoi correligionari si resero conto che Ludovic cercava di trasmettere un messaggio di tolleranza e apertura iniziarono ad arrivare. Chiedevano che li sposassi, che pregassi per i loro morti e che emettessi fatue (regole religiose). Anche se non tutti mi ringraziavano, infatti ho subito anche tanti insulti e minacce.”
Mohamed Zahed fece coming out a ventun anni e allora decise di condividere questa realtà con i suoi familiari. Anche se da bambino aveva vissuto a Parigi con i genitori, dopo era tornato in Algeria da adolescente. A soli diciannove anni dopo un periodo salafita è tornato a Marsiglia ed ha ottenuto la nazionalità francese.
“Mio padre mi ha detto che era una cosa che sospettava da sempre . Mia madre ha avuto bisogno di più tempo per capire che la mia non era ne una perversione né uno squilibrio ormonale. Alla fine ha persino detto che avrebbe accettato mio marito se un giorno mi fossi sposato.”
Nel 2011 ha incontrato in Sud Africa un uomo con il quale si è sposato, la unione è stata registrata in Francia, un anno dopo, ma nel 2014 hanno divorziato.
Questo antropologo e teologo che ha scritto vari libri, il più famoso dei quali è Le Coran et la chair (il corano e la carne), ha avuto le prime esperienze sessuali molti anni prima di parlarne ai suoi genitori. Ha incontrato il primo amore nella scuola salafita d’Algeri dove studiava l’islam. Era una relazione impossibile nata in seno alla comunità religiosa. Recitavano il corano e pregavano cinque volte al giorno, il loro sogno era diventare dei religiosi. Ha deciso lì di diventare un imam, un esperto religioso e di studiare alla Mecca. Il suo amore salafita ha preso un’altra strada e ha rifiutato qualsiasi possibilità di portare avanti la relazione. È stato l’inizio dei dubbi che lo avrebbero portato ad abbandonare per qualche tempo l’islam e a trovare nuovi amici.
“A diciannove anni il mio partner di allora, disonesto, mi ha trasmesso il virus dell’Hiv. Nessuno è colpevole di essere sieropositivo e non è nemmeno un castigo divino per le nostre perversioni, come sostengono alcuni” racconta Ludovic ricordando una tappa giovanile della sua vita in cui aveva deciso di radersi la barba e smettere di pregare. Aveva scelto di sostituire la religione con una vita spensierata, fatta di divertimenti e faceva uso di sostanze stupefacenti, che gli fecero vivere brutte esperienze, dalle quali ha tratto però anche insegnamenti positivi.
“Ci sono moltissime persone con il virus dell’hiv, ma bisogna essere onesti e dirlo al partner… Se mi guardo indietro mi rendo conto di tutto quello che ho imparato da questa storia.”
Questa esperienza di vita non ha fatto altro che rafforzarlo nella sua decisioni di dedicarsi alla religione. Ha aderito al buddismo per un breve lasso di tempo, ma dopo riflettendo è tornato ad abbracciare l’islam per diventare un leader, ma stavolta un leader diverso. Nella sua lotta si sono frapposti molti ostacoli tra i quali l’islamofobia e il terrorismo.
Le immagini terrificanti degli estremisti dello stato islamico che buttavano giù dai tetti dei palazzi i giovani per punirli della loro omosessualità, sono le azioni che gli hanno fatto più male. “È proprio contro l’integralismo che mi sono sempre battuto.”
Ricorda che l’islam proibisce il terrorismo e la definisce una religione di pace. “Gruppi come Daesh sono aborti nati dalla crisi della fede” sostiene dopo un’energica condanna. Si dichiara soddisfatto della strada compiuta da quando ha reso pubblica la propria omosessualità e assicura che non permetterà a nessuno, né al fascismo intellettuale, né al terrorismo di porre fine ai suoi risultati.
Testo originale: Imam, gay y argelino en Europa