Essere una cattolica lesbica. La mia storia di identità e amore
Testimonianza di Anna Buescher* pubblicato su Medium (Stati Uniti) il 10 maggio 2022. Liberamente tradotta dai volontari del Progetto Gionata.
Quando si chiede a qualcuno di immaginare un omofobo, l’immagine che viene subito in mente è spesso quella di una persona anziana, bianca, cattolica, che vive in una cittadina rurale o suburbana e che pronuncia discorsi d’odio sostenendo di essere dalla parte della Bibbia.
Questo stereotipo nasce dallo stesso meccanismo di tutti gli stereotipi: osservazione e generalizzazione. Certo, può essere vero che molte persone omofobe siano cattoliche, ma questo non significa che ogni cattolico sia omofobo. Io sono cattolica… e sono lesbica! La mia storia non è unica. Sono certa che là fuori ci siano altre persone come me, ed è proprio per questo che voglio condividerla.
Il conflitto interiore che ho vissuto nel corso degli anni, tra la mia fede e la mia sessualità, è stato doloroso. Eppure, non è stato causato dai miei insegnanti, dalla Bibbia o dai miei sacerdoti, ma da sconosciuti per strada e, purtroppo, da mio padre. Non posso scegliere di essere solo una cosa o l’altra, perché sono entrambe.
Questo è il racconto della lotta interiore che comporta essere cattolica ed essere lesbica. È una preghiera personale che ho rivolto a Dio per anni. Un dialogo ininterrotto tra me e Lui.
Sono cattolica da sempre. Mia madre ha frequentato una scuola cattolica, mio padre proviene da una famiglia religiosa. Ancora prima di nascere, quando ero solo un insieme di cellule in un grembo materno, i miei genitori avevano già scelto una scuola cattolica per me e i miei fratelli.
Così, sono cresciuta andando a messa la domenica, pregando prima di dormire e ringraziando Dio prima di ogni pasto. Quando sono stata abbastanza grande, ho frequentato una piccola scuola cattolica. Nel sud dell’Illinois, nei primi anni Duemila, l’omosessualità non era un argomento di cui si parlava spesso. Da bambina, tutto ciò che sentivo al riguardo erano le storie di adulti con i loro “amici intimi” o “coinquilini”, almeno fino alla terza elementare.
Un giorno, nella mia piccola scuola cattolica, un mio compagno fece coming out con alcuni di noi. Disse di essere gay. Qualcuno gli chiese cosa significasse, e lui rispose semplicemente che gli piacevano i ragazzi invece delle ragazze. Tutti lo guardarono per un istante. Poi, un gruppo di bambini cattolici disse:
«Oh. Okay.»
E la cosa finì lì. Nessuna discussione, nessuno gli disse che era sbagliato, nessuno lo prese in giro. Per noi era normale: gli piacevano i ragazzi, e allora? Da quel momento, tutto restò esattamente come prima, solo che ora parlava delle sue cotte senza problemi.
Qualche anno dopo, in prima media, ricevetti il mio primo telefono come regalo di compleanno. Quel momento aprì davanti a me le meraviglie di Internet, e scoprii che il mondo era molto più complesso della semplice divisione tra eterosessuali e omosessuali.
Scoprii l’esistenza delle lesbiche, delle persone bisessuali, asessuali, transgender, non binarie; il mondo sembrava improvvisamente pieno di nuove parole e possibilità! Crescendo, mi era stato insegnato che il sesso era qualcosa che accadeva tra un uomo e una donna che si amavano molto, e che così nascevano i bambini.
Ora scoprivo che esisteva un intero vocabolario per descrivere l’attrazione sessuale e romantica. Rimasi sbalordita. Voglio dire… il sesso non serviva solo per fare bambini con la persona che si amava?
All’inizio dell’ultimo anno delle medie, mi resi conto di non provare alcuna attrazione per il sesso e l’idea in sé mi metteva a disagio. Feci coming out come asessuale. Dopo qualche settimana, iniziai a chiedermi perché i miei sentimenti per qualcuno dovessero avere a che fare con il suo corpo.
Mi identificai come panromantica. Questa etichetta durò un anno, forse due, prima che mi rendessi conto che i termini rigidi mi facevano sentire confinata, così iniziai a definirmi semplicemente queer e andai avanti. In tutto questo, i miei amici non mi trattarono mai in modo diverso, perché a nessuno importava davvero.
In fondo, ci avevano insegnato che Dio ci ha creati a Sua immagine, che è onnipotente e che non commette errori. Quindi, se Dio mi aveva creata così, allora andava bene.
Purtroppo, non era così semplice per tutti.
Una notte, io e mio padre litigammo, e nel mezzo di parole piene di dolore, gli rivelai di essere lesbica. La sua reazione fu negare: secondo lui, mi sbagliavo. Diceva che ero convinta di essere lesbica solo a causa dei traumi del mio passato e che sarei cresciuta e cambiata. Rimasi scioccata e ferita.
Mio padre pensava che stessi inventando tutto? Per un anno discutemmo spesso. Lui insisteva sul fatto che essere lesbica fosse sbagliato, che andava contro tutto ciò in cui credevamo. Io gli rispondevo che Dio ci aveva creati perfetti, a Sua immagine.
Una sera, durante una delle nostre peggiori discussioni, mi disse che se quello che gli avevo confessato era vero, allora non potevo essere cattolica.
Mi spezzò il cuore.
Provai a non essere lesbica. Provai a rinunciare a Dio. Per mesi rimbalzai tra queste due parti di me. Non potevo cambiare i miei sentimenti e temevo di essere costretta ad abbandonare la mia fede. Poi capii che non potevo scegliere tra le due cose, perché entrambe facevano parte di me. Decisi di essere sia cattolica che lesbica. Ed è stata la decisione migliore della mia vita.
Da allora, ho passato anni a ricostruire la mia fede. Sono apertamente lesbica e apertamente cattolica. Faccio parte della comunità cattolica nel mio college e ho trovato meravigliosi amici LGBTQ+ che rispettano sia la mia fede che la mia identità.
Io e mio padre discutiamo ancora a volte, ma abbiamo trovato un equilibrio che impedisce ai conflitti di esplodere come un tempo. Lui sa che non cambierò, e io so che forse non riuscirà mai a capire completamente chi sono. Ma ciò che conta è che siamo presenti l’uno per l’altra.
So che là fuori ci sono altre persone che lottano con la loro fede e la loro sessualità. A loro voglio dire: siete perfetti. Dio ci ha creati unici e a Sua immagine. Il Suo disegno è più grande di noi, e non possiamo comprenderlo del tutto. Quindi siate voi stessi.
Se avete bisogno di supporto, cercatelo. Sentirsi parte di una comunità è sempre importante.
*Anna Buescher è attualmente al terzo anno alla Butler University, dove studia Biologia e Francese. Usa i pronomi she/they e si identifica come una donna queer. È appassionata di diritti LGBTQ+, cambiamento climatico, funghi e molto altro.
Testo originale: The Gay Catholic — A Story of Identities and Love