Fede e omosessualità. Ricordi e impressioni dal Campo Agape 2008
Testimonianza di Antonio del Gruppo Ponti Sospesi di Napoli
Anche quest’anno ha avuto luogo ad Agape (Piemonte) il 29° campo su fede ed omosessualità ma se “la settimana del campo omo termina ogni anno, l’agape non verrà mai meno. Nel nostro piccolo abbiamo sperimentato questo messaggio costruendo una rete di relazioni significative”. Una settimana che stimola “ad agire, ad amare, a migliorarmi, a crescere come persona e quindi come gay e come credente” e che “mi ha insegnato l’importanza di dedicare parte delle mie energie a gay e lesbiche che hanno bisogno di un piccolo puntello per cominciare o ricominciare il loro percorso verso la pienezza di vita e l’autenticità”. Ecco il racconto di quei giorni.
“Qualcosa è cambiato. Gay adulti capaci di vivere il proprio tempo”. Questo è il tema proposto per il 29° campo di fede ed omosessualità che si è tenuto ad Agape dal 19 al 26 luglio.
E’ difficile per me riportare in uno scritto tutte le trame che attraversano il mio cuore e la mia mente durante e dopo “quella” settimana. E’ il mio 7° anno consecutivo di partecipazione, i primi tre come campista e gli ultimi quattro come organizzatore.
“Questa” settimana è diventata un cardine della mia esistenza, un luogo dove sperimentare l’accoglienza e dove intessere relazioni amicali, un tempo per prendermi cura di me e degli altri, per condividere il mio vissuto ed ascoltare il vissuto altrui.
Un luogo dove ridere, piangere, abbracciare, giocare, servire, pregare, in comunione con persone che da sconosciute diventano subito potenzialmente amiche. E’ un luogo ed una dimensione in cui sento presente lo Spirito, in cui si adempie la scrittura “amatevi gli uni gli altri come Io vi ho amato” in modo spontaneo, al primo sorriso ed al primo sguardo. Ciascuno immediatamente pronto ad aprirsi all’altro.
“Questa” settimana mi ha sempre stancato e rinfrancato nello stesso tempo, stimolandomi ad agire, ad amare, a migliorarmi, a crescere come persona e quindi come gay e come credente.
“Questa” settimana mi ha insegnato l’importanza di dedicare parte delle mie energie a gay e lesbiche che hanno bisogno di un piccolo puntello per cominciare o ricominciare il loro percorso verso la pienezza di vita e l’autenticità.
Forse a questo punto, chi ha avuto la pazienza di leggere del mio personale rapporto con il campo fede ed omosessualità di Agape si starà chiedendo: “OK. Ma che cosa accade in questo campo, come è organizzato e da chi ? Come è la giornata tipo ? La struttura che ci ospita com’è ? Insomma, notizie e non impressioni personali”.
Partirei dalla struttura che ci ospita: il Centro Ecumenico internazionale di Agape sito a Prali (TO), nelle valli valdesi a circa 1800 m. di altitudine. Lungo il crinale di una montagna ricca di boschi e prati, Agape è una presenza discreta, tutta in pietra e legno, con ampie vetrate che fanno entrare il panorama mozzafiato della valle e rendono visibile dall’esterno la vita delle persone. Come troverete scritto nel sito del Centro (www.agapecentroecumenico.org) :
“Agape si definisce Centro Ecumenico e intende il suo ecumenismo in un senso molto ampio. Incontro fra credenti di diverse fedi e confessioni religiose, certamente, ma con un carattere laico che fa sì che anche chi non crede si senta a casa propria. E poi incontro tra atei, agnostici e credenti, in un dialogo in cui ognuno/a lasci cadere la presunzione di sapere e di possedere la verità.”
“Il nome di Agape richiama l'amore di Dio per l'umanità che si riflette nella vita di chi crede: l'apostolo Paolo afferma: "l'agape non verrà mai meno" (I Corinzi 13).
”“Fin dall'inizio il lavoro di Agape è caratterizzato dal volontariato, e da subito si costituisce una comunità residente che gestisce l'organizzazione.” “Nei periodi di maggior afflusso di persone nel centro (estate, Natale, Pasqua) un gruppo di 'campolavoristi/e' italiani/e e stranieri/e viene ad affiancare il gruppo residente.”
“Agape non ha una cappella. Lo spazio che si chiama “chiesa all’aperto” rappresenta bene il senso della fede e della spiritualità qui ad Agape. Non ha muri, è attraversata dalle voci di coloro che studiano, cantano, giocano. E’ il luogo che rappresenta la decisione iniziale di non volere muri di separazione. Né muri che separino le persone, né muri che delimitino spazi riservati al rapporto con Dio da spazi riservati alle discussioni profane. Discutere “come se Dio non ci fosse” e trovarsi poi confrontati con la sua presenza attraverso coloro che la portano come parte della propria vita.”
Arrivare qui per la prima volta, ma anche per le successive, e sentirsi immerso in un luogo di grande bellezza, sentirsi accolto dai volontari di tutto il mondo che gestiscono la struttura e dai residenti che sviluppano il progetto di Agape, avvertire la presenza di Dio ovunque senza avvertire il peso della “legge” e poterti consentire di essere esattamente ciò che sei, con le tue debolezze e i tuoi doni, perché accolto per quello che sei…già da solo varrebbe il viaggio…ma è solo l’inizio. Perché poi ci si trova insieme a decine (quasi settanta) di gay che provengono da tutta Italia o addirittura da altri paesi. Ci si sistema nelle camere fino a quattro letti e ci si inizia a chiedere: Ma che cosa accade in questo campo ?
Sul volantino di presentazione c’è scritto: “Il campo si svolge in “laboratori” che propongono attività sia personali che in piccolo e medio gruppo, oltre che in plenarie, che affrontano il tema proposto secondo modalità attive a partire dalla storia, dalle esperienze e dalla percezione di ogni partecipante.
A chi viene al campo per la prima volta vengono richiesti disponibilità, curiosità, spirito di adattamento; a chi ritorna una rinnovata motivazione a ripensare la propria esistenza in relazione a sé e agli altri, nel ritrovarsi insieme sotto un tetto familiare ed accogliente. L’attività del campo prevede anche momenti di svago e di preghiera quotidiana, la cui presenza è facoltativa. Ad ogni partecipante viene chiesto di “fare servizio” per una giornata a sua scelta ossia di apparecchiare, sparecchiare, asciugare le stoviglie per i tre pasti di quella giornata.”
E’ tutto vero, ma quello che accade dentro ciascuno è la parte più importante del campo. Le proprie elaborazioni, l’ascolto emozionale, il riavvolgere il nastro della propria esistenza e cercare di coglierne il senso, il comprendere la propria unicità e il mettersi in relazione, il rileggere i propri amori, le proprie storie, ma analizzare anche il contesto politico e sociale in cui si vive.
Il pregare insieme, il benedirsi reciprocamente, ma anche divertirsi e divertire organizzando pezzi per le serate. E poi, soprattutto, volgersi al futuro con una maggiore consapevolezza del proprio passato. E’ ciò che accade nel campo più o meno a tutti coloro che hanno deciso di viverlo pienamente.
Penso che il lettore a questo punto si stia chiedendo: Da chi è organizzato il campo ?
Da un gruppo di una decina di volontari, la cosiddetta “staff”, composta da gay che sono stati anche loro campisti e che hanno dato la disponibilità a farne parte. Tra di loro ci sono persone “professionalmente” competenti ad animare incontri di crescita personale, ma anche persone che con il proprio percorso hanno acquisito tale competenza, ciascuno con il proprio “talento” e soprattutto con tanta voglia di rendersi utile.
Lo “staff” si riunisce cinque o sei weekend durante l’anno per individuare il tema, che viene approvato dal Consiglio di Agape, e per progettare tutte le attività del campo. Affianca la staff oppure ne fa parte uno dei direttori del Centro, di solito una pastora o un pastore, che si occupa in prima persona delle attività di meditazione e della celebrazione del culto comunitario finale.
Insomma nessun genio, ma ognuno con un vissuto gay, pastori a parte, che ha riconosciuto nella settimana del campo un forte stimolo alla crescita.
Come si svolge la giornata tipo ? : Pasti a parte (8,30 – 13,00 – 20,00) le attività si svolgono dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 15,30 alle 18,30. Alle 19 inizia la meditazione, che è facoltativa ma vivamente consigliata. Dalle 22.30 in poi è sempre tempo di “festa”, con discoteca o serate a tema.
Si OK, ma di cosa si è discusso durante il campo di quest’anno? Il tema era centrato su cosa significhi essere gay adulto oggi. Due le dimensioni prese in considerazione, quella collettiva e quella individuale.
Per la prima abbiamo proposto come elementi di discussione:
– la visione del docu-film “Improvvisamente l’inverno scorso” di Gustav Hofer e Luca Ragazzi (www.suddenlylastwinter.com) ”È la storia di Luca e Gustav. La loro vita di coppia cambia radicalmente, quando il governo italiano nel febbraio 2007 propone una legge sulle unioni di fatto estesa anche alle coppie omosessuali. Il paese si è così diviso tra chi si diceva a favore dei DiCo e chi gli sparava contro.
Dai pulpiti delle chiese e dai salotti televisivi, si è arrivati a livelli parossistici di intolleranza. Gustav e Luca si sono trovati, così, in mezzo a un’omofobia crescente. Per capirne i motivi hanno iniziato un viaggio in un’Italia a loro finora sconosciuta”.
– Un’intervista con la Pastora valdese Daniela Di Carlo, impegnata anche nei movimenti femministi, e con Gianpaolo Silvestri, ex senatore della repubblica, cofondatore dell’Arcigay e dei Verdi, militante storico del movimento gay. Partendo dal loro vissuto abbiamo chiesto di indicarci quali cambiamenti, sociali e politici, fossero intervenuti rispetto alla percezione dell’omosessualità, soprattutto nel nostro paese. E soprattutto quale futuro è possibile ed a cosa bisogna fare attenzione.
Per la seconda, la dimensione individuale, abbiamo invece proposto molteplici attività:
– Un brainstorming sulla parola “adultità”, in piccoli gruppi, e la composizione di una definizione condivisa di adultità gay. Le definizioni sono poi state illustrate in plenaria ovvero presenti tutti i partecipanti.
– La compilazione di un test di soddisfazione personale su tutti gli ambiti del proprio vissuto. Test scientifico utilizzato dagli psicologi per l’avvio di percorsi di accompagnamento psicologico. Il risultato grafico ha consentito di avere una immagine sintetica del proprio livello di soddisfazione di vita.
– Un lavoro individuale di recupero della propria storia di omosessuale (famiglia, contesto lavorativo, impegno religioso, coppia, sessualità, ecc.), mirato ad evidenziare la sintesi dei propri “cambiamenti” riferiti alle aree dell’esperienza omosessuale, lavorando sulle azioni ed i comportamenti, non su singoli episodi.
– Un lavoro di elaborazione di situazioni di “oppressione” vissute da alcuni partecipanti, in cui non hanno agito da gay adulti, per sondare le diverse possibilità che avrebbero potuto attivare per uscire dai meccanismi di oppressione. E’ stata adottata la tecnica del Teatro dell’oppresso di Boal e si è svolto in plenaria.
– Un lavoro in plenaria di riconoscimento dei “dispositivi evolutivi”, ovvero di quegli strumenti di cui ciascuno si è avvalso per crescere come omosessuale. E’ stato analizzato un episodio della storia di alcuni partecipanti in cui ha preso per la prima volta evidenza il suo essere adulto come omosessuale.
– Un laboratorio sul prendersi cura di sé, attraverso la creazione di un oggetto di creta che ci rappresenta e l’assegnazione al nostro alter-ego di un compito e di un messaggio.
– Un laboratorio sulla relazione di coppia ed in modo particolare sul modo di proporci agli altri e di scegliere l’altro, quali ambiti per noi sono negoziabile e quali sono rigidi.
– Un laboratorio sulla sessualità e sulla tutela della salute. Come stimolo sono stati utilizzati brani di film a tematica omosessuale, ponendo domande e chiedendo risposte a partire dal vissuto di ciascuno.
– Un laboratorio sulla dimensione spirituale come elemento costitutivo dell’adulto, che ha dato la possibilità ai campisti di scegliere tra tre alternative, ciascuna elaborata ed animata da un ospite:
1. Una pratica meditativa zen “su una domanda”, proposta da Stefano Ventura, psico ingegnere, con un decennale percorso meditativo buddista;
2. Una pratica filosofica sul senso della vita, condotta dalla filosofa e analista biografica a orientamento filosofico Laura Campanello, stimolando la spontaneità del proprio sentire con la realizzazione di una composizione poetica e di un disegno;
3. Una meditazione su alcuni passi della Scrittura per ripensare il nostro essere adulti nella fede, proposta dalla biblista Teodora Tosatti, presbitera Vetero-Cattolica e tra gli altri incarichi componente del gruppo per la traduzione interconfessionale del Nuovo Testamento. La meditazione è stata effettuata sullo stile ignaziano, con la condivisione spontanea di un aspetto di sé emerso.
Le meditazioni serali proposte dal pastore valdese Davide Rostand hanno riguardato passi della scrittura che si focalizzano su alcune parole chiave dell’adultità: stima di sé/fiducia, impegno, responsabilità, appartenenza ad una comunità, libertà. Chiaramente nell’ottica cristiana di un credente adulto. Questi i riferimenti: Mt 6, 25-34, Gia 2, 14-26, Mt 25, 14-30, 1 Cor 12, 12-27, Gal 5, 13-24.
Le conclusione del percorso è avvenuto:
– con la descrizione di un impegno concreto come gay adulto, che ciascun partecipante ha preso con se stesso, da attuare dopo il campo
– con la visione di un video realizzato durante il campo con le interviste concesse dai partecipanti, dalla staff, dai/dalle campo residenti e dai/dalle campolavoristi/e, dagli altri ospiti
– con la partecipazione al culto celebrato dal pastore valdese Davide Rostand ed organizzato da un gruppo di partecipanti al campo, che è culminato nella memoria dell’ultima cena e nelle preghiere spontanee.
Mentre la settimana del campo omo termina ogni anno, “l’agape non verrà mai meno”. Nel nostro piccolo abbiamo sperimentato questo messaggio costruendo una rete di relazioni significative che hanno avuto come origine Agape, il campo omo, ma che si sono dipanate nelle nostre vite e nelle città dove vivono i partecipanti al campo.