Fede e omosessualità. Una storia di (non) ordinaria accoglienza in Parrocchia
Articolo di Giampaolo Petrucci pubblicato su Adista Segni Nuovi n.39, 8 Novembre 2014, pp.10-11.
È il primo gruppo del Mezzogiorno – isole escluse – che riunisce, in una parrocchia cattolica, fedeli omosessuali e transessuali. Nato da un’idea che percorreva già da oltre un anno i corridoi della chiesa San Silvestro di Bisceglie (Bt), il “Gruppo Nicodemo di spiritualità per cristiani lgbt-Puglia” si è incontrato ufficialmente per la prima volta il 19 ottobre scorso – curiosa la congiuntura con la chiusura del Sinodo straordinario sulla famiglia – e continuerà a farlo con cadenza mensile, in un percorso che non intende affatto porsi ai margini, ma mira ad una piena integrazione nella vita comunitaria. Con il placet del parroco e dei parrocchiani.
Fuori dalle catacombe e alla luce del sole, dunque, con la leggerezza e la “normalità” di un qualsiasi gruppo parrocchiale che ha voglia di incontrarsi e confrontarsi intorno alla Parola di Dio.
E che le cose stiano cambiando anche nella Chiesa cattolica, forse, lo dimostrano queste esperienze di vita quotidiana più dei pronunciamenti di papa e vescovi, ancora ambigui e comunque frenati sulla possibilità di una vera e propria rivisitazione della dottrina.
Per lo meno, questo è quanto è emerso dalla chiacchierata telefonica con Giovanna Failli, ex transessuale, ora donna, impegnata da diversi anni nella parrocchia San Silvestro, fondatrice e animatrice del gruppo pugliese “Nicodemo”.
Il 19 ottobre scorso si è chiuso, con la beatificazione del papa dell’Humanae Vitae, il Sinodo straordinario sulla famiglia. Quali le tue impressioni? Credi che le cose stiano cambiando veramente?
Il 19 ottobre scorso, oltre alla chiusura del Sinodo straordinario sulla famiglia e alla beatificazione di Paolo VI, è anche nato, a Bisceglie, il nostro gruppo. Non è stata una coincidenza voluta o cercata. In realtà non avevamo pensato a tutto quello che stava succedendo contemporaneamente a Roma. Ciononostante, mi piace pensare che le cose non accadano per caso, senza un motivo.
Grazie a questo Sinodo abbiamo tra l’altro scoperto che la Chiesa cattolica non fa più finta di non vedere la realtà, ma inizia a confrontarsi con essa. Ecco, mi sento di dire che non solo le cose stanno cambiando sul serio, ma che si sta aprendo una via nuova di evangelizzazione e di riconoscimento che parte dalla presa di coscienza delle debolezze interne alla Chiesa stessa. Noi come gruppo di credenti ci siamo messi in gioco per testimoniare una Chiesa viva che si ristruttura dall’interno e che non vive di sole parole, ma fa esperienza di condivisione fraterna e di accettazione di sé e degli altri.
Come è nato il gruppo Nicodemo a Bisceglie?
Il gruppo Nicodemo è nato da un idea che ho voluto condividere con la parrocchia, dopo circa un anno durante il quale mi sono messa seriamente a lavorare per cercare di dare vita a un cammino di spiritualità per persone lgbt. Nel corso di questo anno sono riuscita a conoscere numerose realtà del Nord e Centro Italia, le quali mi hanno aiutato a capire tante cose. Ho potuto conoscere le loro esperienze individuali e di gruppo.
Con molti di loro sono riuscita a creare una rete che ci sta sostenendo in questo periodo di “start up”. Al primo incontro hanno partecipato diversi ragazzi che si sono mossi un po’ da tutto il territorio regionale. Con loro abbiamo subito percepito la necessità che la Chiesa sia preparata ad accogliere la diversità come elemento di ricchezza per le proprie comunità. Abbiamo anche sperimentato sulla nostra pelle che con obblighi e precetti non si va da nessuna parte: solo uno sviluppo della coscienza e una conoscenza reale della vita delle persone rende la pastorale un elemento vivo e vitale.
L’anno scorso il gruppo dei genitori della tua parrocchia ha proiettato il film “Latter days”, una storia di amore tra due uomini…
Allora non c’era ancora un gruppo specifico attivo in parrocchia sul tema del rapporto tra fede e omosessualità. Ma quella della proiezione è stata un’esperienza decisiva. Infatti, il nostro cammino è nato perché dopo la proiezione del film – tra l’altro proposto dal gruppo Famiglia, nell’ambito di incontri formativi organizzati nella nostra parrocchia, e non dagli “omosessuali della parrocchia” – si è alzato un polverone, anche sulla stampa nazionale.
Come se quello che avevamo fatto in parrocchia fosse un crimine abominevole. In quel momento ho sentito il bisogno di testimoniare l’esperienza di accoglienza e di condivisione che vivo da alcuni anni in parrocchia, e sopratutto di offrire la possibilità ad altre persone di vivere la stessa esperienza con serenità ed in armonia con il resto della comunità.
Il gruppo non intende collocarsi nell’ombra, ma vuole partecipare attivamente alla vita della comunità, come un qualsiasi altro gruppo…
Sì, il gruppo non vuole essere una Chiesa nella Chiesa, ma vuole essere pienamente Chiesa. Quindi, nel rispetto dei tempi di ognuno, ha come obiettivo la partecipazione attiva di ogni suo membro alla vita comunitaria, in base ai propri carismi e alle proprie attitudini, nella convinzione che lavorare insieme sconfigga tutte le barriere.
Cos’è che rende la vostra esperienza “diversa” da quanto accade in altre parti d’Italia, dove gruppi simili al vostro vengono respinti dalle comunità e dove i parroci più aperti vengono redarguiti o puniti dai propri vescovi?
Non so in che misura la nostra esperienza sia veramente diversa da quella di altri gruppi. Noi, al momento, siamo una piccola realtà e stiamo vivendo questo periodo in armonia con la parrocchia.
Cerchiamo di fare del nostro meglio senza alzare muri, anche se a livello diocesano qualche piccola critica c’è stata, ma quando due o più sono uniti nel nome di Gesù lui è il primo a darci una mano.