Frecce di desiderio. Perchè San Sebastiano è diventato un’icona omo-erotica?
Articolo di Charles Darwent pubblicato su The Indipendent (Inghilterra) il 10 febbraio 2008, liberamente tradotto da Adriano C.
I Santi Cristiani non finiscono tutti i giorni in copertina sulle riviste gay, tanto meno astutamente lucidati con olio per bambini e vestiti solo di un paio di mutande Calvin Klein. Questo però è successo sull’edizione di Luglio (2007) della rivista re-FRESH: il santo in questione era impersonato da Sebastien Moura un muscoloso poliziotto francese ora diventato personaggio televisivo. Forse impersonava Ignazio di Loyola? Francesco d’Assisi? Paolo di Tarso? Non proprio. Il solo santo che possa realmente apparire come ragazzo-copertina è San Sebastiano, quel riccioluto giovanotto ucciso trafitto dalle frecce per ordine dell’Imperatore Diocleziano. Il riferimento di Sebastiano con gli omosessuali sembra ovvio. Era giovane, maschio, apparentemente celibe e martirizzato dal sistema.
Diversamente da Sant’Agostino d’Ippona, si guarda volentieri, vestito di un perizoma e legato ad un albero. E Sebastiano non è mai stato più accattivante che nelle sette versioni di lui, dipinte da Guido Reni, sei delle quali saranno in mostra il mese prossimo alla Dulwich Picture Gallery (agosto 2008).
Prima di guardarle però, facciamo un salto indietro per un momento. Seguitemi, se lo volete, a Roma, nella chiesa di San Pietro in Vincoli, non lontana da San Sebastiano Fuori le Mura, dove i resti del martire trafitto giacciono dall’anno 287 d.C..
Qui, in una nicchia a sinistra, c’è il mosaico del settimo secolo, di un uomo di mezza età, con barba e abito di foggia bizantina. Dato il nome della chiesa potreste scambiarlo per san Pietro, ma sareste in errore. Malgrado egli non abbia mai raggiunto i 40 anni e non sia visibile neanche una freccia, questo è San Sebastiano.
Cosa è successo? Be’, Sebastiano è la prova vivente che se non esistessero i santi, dovremmo inventarli. Grazie alle frecce, lui è l’unico martire che possiamo riconoscere immediatamente in un dipinto. (L’iconografia è così ingiusta. Chi riconoscerebbe Santo Stefano per le pietre e San Lorenzo per la graticola?). Certo, ci aiuta anche la vista di un torso adolescenziale. Eppure, secondo il suo agiografo, Ambrogio di Milano, Sebastiano era un gagliardo capitano della guardia pretoriana, un centurione di mezz’età: egli è il santo dei soldati e degli atleti, non quello dei parrucchieri.
Lungi dal far innervosire Diocleziano per il proselitismo dell’amore omosessuale, egli venne ammazzato per la conversione dei Romani al Cristianesimo. E sappiamo tutti com’è andata a finire. Ma c’è di peggio. Sebastiano non era solo di mezz’età e mascolino, ma non venne neanche ucciso dalle frecce. Trafitto sì, ma non ucciso.
Il corpo del santo, irto di strali, venne recuperato e salvato dal rogo funerario per mano di Santa Irene da Roma (una donna, ragazzi), successivamente curato e riportato in salute: ma dopo aver ripreso le forze, al passaggio della lettiga dell’Imperatore Diocleziano, nuovamente arringò le folle contro di lui.
Indifferente alla sua tenacia, l’imperatore ferì Sebastiano a morte e il suo corpo venne gettato nelle fogne di Roma. Se la storia fosse stata meno gentile, sarebbe potuto diventare patrono della cacca. Come tutto questo abbia potuto influire a farlo diventare un ragazzo-copertina gay, non lo sapremo mai.
Posso ricordare solo una rappresentazione artistica di San Sebastiano gettato nella Cloaca Massima, dipinta da Lodovico Carracci, contemporaneo e collega bolognese di Reni, che è esposta al Getty Center di Los Angeles. Al contrario ci sono numerosissime pitture di Sebastiano trafitto dalle frecce, più di qualsiasi altro martire si possa pensare, i dipinti vanno da Aleotti a Zick passando da Rubens, Botticelli, Tiziano e John Singer Sargent. Solo la National Gallery ne possiede una dozzina, includendo quelle di Crivelli, Gerrit Honthorst e Luca Signorelli.
E sono tutte dello stesso Sebastiano, quello che finisce, infine, sulla copertina di reFRESH: un modello di bellezza maschile, dal corpo tonico, graziosamente bloccato dagli strali, esposto al nostro sguardo; il martire descritto da Oscar Wilde (che durante l’esilio in Francia prese lo pseudonimo di “Sebastian Melmoth”) con le parole “un bel ragazzo bruno con ciocche ricciolute e labbra rosse”.
Allora come possiamo ottenere da un Sebastiano sporco di escrementi un Sebastiano in piena fioritura come Sebastien Moura? Per questa risposta, dovreste fare un viaggio a Dulwich. I sei Sebastiani di Reni non sono mai stati esposti prima e probabilmente non si vedranno nuovamente dopo questa esposizione. (Uno arriva dalla Nuova Zelanda, un altro da Puerto Rico. Un settimo, che è al Louvre, è stato ritenuto troppo fragile per viaggiare. Se avete bisogno di una scusa per un weekend a Parigi, eccovela servita).
Sembra incredibile che un pittore sia tornato sullo stesso soggetto così spesso, specialmente in un periodo così breve. L’ultimo studio fa risalire al 1610 tutte e sette le opere di Sebastiano, quando Guido era trentenne ed era ritornato a casa da Napoli. Alcune di queste opere potrebbero essere dovute a buonsenso politico. Bologna venne annessa nello Stato della Chiesa nel 16° secolo, e Sebastiano era il terzo santo di Roma. E poi, l’assessuato Sebastiano potrebbe aver colpito un tasto sensibile di Reni.
Secondo il suo biografo, Carlo Cesare Malvasia, il Reni “si trasformava in marmo” alla presenza di modelli femminili e visse con sua madre fino ai 55 anni. Dopo la sua morte, egli rifiutò di avere donne in casa e proibiva che una lavandaia toccasse il suoi panni sporchi e il suo vestiario. A differenza del suo contemporaneo Caravaggio, sembra che non abbia avuto una vita omosessuale. Sebastiano è un santo inequivocabilmente maschile ma il cui martirio è l’incarnazione della passività femminile.
Come la Vergine, il punto è che viene colpito ma rimane puro. Lungi dall’essere omoerotico, il Sebastiano di Reni è anti-erotico, la negazione della sessualità di un uomo al quale sembra non piacciano gli uomini, le donne o le aringhe affumicate.
Niente di tutto questo però, spiega la trasformazione dal maturo santo bizantino in un giovane ragazzo barocco. Credo che Reni fosse solo un seguace della moda. Il Polittico della Misericordia di Pietro della Francesca, dipinto due secoli prima, mostra già un giovane Sebastiano, dalla figura slanciata e leggermente truccato, Ma perché?
Nel 1348, l’Europa era stata devastata dalla peste nera: circa metà della popolazione del continente morì in un fiume di sangue. Nel loro terrore i Romani pregarono Sebastiano e la terribile epidemia passò oltre (dopotutto egli sopravvisse alle frecce). Volenti o nolenti, egli diventò il santo più in voga per la pestilenza nel Cristianesimo. E’ logico pensare ad un santo piagato come ad uno che ha il piede nella fossa (oppure nelle fogne).
Così, alla fine del 14° secolo la figura del Sebastiano anzianotto ebbe un restyling, la barba, le rughe e la vera causa della morte vennero ordinatamente ripulite nella pittura. Anche tenendo presente quanto detto, c’è comunque un salto figurativo dale tele di Reni alla copertina della rivista reFRESH. La risposta ovvia alla domanda sul motivo per il quale Sebastiano ha passato gli ultimi 400 anni come santo gay “del giorno” non sembra però quadrare.
Ci sono talmente tante spiegazioni per il suo interesse e ci sono persone che lo ce lo tentano di spiegare. Per Yukio Mishima, lo scrittore Giapponese ed appassionato sado-masochista, il suo martirio simboleggia il piacere erotico del dolore. Nel suo autobiografico libro “Confessioni di una maschera”, l’autore ha la sua prima eiaculazione sopra una riproduzione del Sebastiano di Reni. (Il motivo è difficile da spiegare, potete capirlo da soli). Successivamente Mishima si fece fotografare nei panni del santo prima del suicidio rituale avvenuto per sventramento.
Derek Jarman nel suo film Sebastiane del 1976 utilizza il drappo lombare per vestire i ragazzi e per indicare la sovrapposizione tra l’estasi sessuale e quella spirituale, mentre Oscar Wilde e Tennessee Williams lo vedono come se fosse un tardo-antico gay-gigolo. Forse la più strada reinvenzione ci viene da Thomas Mann, durante il suo discorso di accettazione al Premio Nobel. “Onora la sofferenza, che è l’eroismo simboleggiato da San Sebastiano” disse Mann, poi accalorandosi aggiunse: “L’immagine può essere audace, ma io sono allettato di rivendicare questo eroismo per la letteratura Tedesca e per l’arte della Germania”. Era il 1929.
Un decennio più tardi gli omosessuali tedeschi come Mann venivano internati ed eleminati nelle camere a gas. Tutto ciò per dire che il segreto del successo di Sebastiano potrebbe risiedere nella sua capacità di essere tanti simboli diversi per tanti uomini diversi. Insieme alle famose frecce, il simbolo del suo martirio, c’è la corda che lega le sue mani, però il modello stereotipo di Sebastiano non può essere legato.
Il romanziere e attivista politico Susan Sontag ha sottolineato che il suo volto non registra mai le sofferenze del suo corpo, che la sua bellezza e il suo dolore sono eternamente separate l’una dall’altra. Questo lo ha reso a prova di peste nel 1348 e, ai nostri giorni, lo è ancora.
Un recente libro dedicato al martire include opere di artisti tra cui Wolfgang Tillmans e Louise Bourgeois correlate all’ AIDS. S’intitola “Saint Sebastian: A Splendid Readiness for Death” (San Sebastiano: una splendida disponibilità alla morte).
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Testo originale: Arrows of desire: How did St Sebastian become an enduring, homo-erotic icon?