Fuori dalle catacombe! Noi Cristiani Omosessuali al SiciliaPride 2009

E’ trascorso quasi un mese dal SiciliaPride 2009 di Catania avvenuto il 4 luglio (2009), ma l’emozione nel parteciparvi è stata così forte che continua a rimanere un ricordo indelebile che ispira questa mia riflessione.
Ho sempre visto il GayPride attraverso i mass media, che evidenziavano, anche in modo indiretto, provocazioni, trasgressioni ed esagerazioni tali da rasentare a volte il cattivo gusto.
Con gli altri componenti il Gruppo “Ali d’Aquila” Cristiani Omosessuali di Palermo, armato di coraggio, ho iniziato quel viaggio di due ore che mi avrebbe condotto a Catania per partecipare al SiciliaPride 2009. Più mi avvicinavo alla meta e più l’emozione aumentava.
Arrivato a Catania, ho deciso di indossare una t-shirt: nella parte anteriore v’era raffigurato un codice a barre e la scritta: “Dio non ti ha fatto in serie…”; nella parte posteriore l’immagine di un’impronta digitale e la scritta: “Dio ti ha fatto sul serio!”.
Era una t-shirt donata da una mia cara amica, ma che ho sempre rifiutato di indossare, e ciò per evitare che il Cristo in cui crediamo possa diventare un marchio pubblicitario, ovvero una sorta di griffe.
Ed, ancora, perché ritenevo come sintomo di ipocrisia utilizzare una siffatta t-shirt, come spesso fanno alcuni giovani, solo in alcuni contesti religiosi, come raduni di preghiera o di evangelizzazione, frequentati per il 99,9 % da credenti: è facile indossare in tali contesti una maglietta con una scritta cristiana!
Nessuno ti giudica, ti senti al sicuro e magari ricevi il plauso o il compiacimento dei tuoi amici o dei fratelli cristiani. E’ sicuramente inusuale, invece, indossare la stessa t-shirt in un contesto diverso, magari per strada mentre si fa la spesa, mentre si fa shopping tra i negozi, in ufficio o all’università.
Indossare quella t-shirt proprio al GayPride di Catania significava “indossare” la mia fede senza nascondere la mia omoaffettività e, nello stesso tempo, lanciare, di comune accordo agli altri componenti il Gruppo “Ali d’Aquila”, un Messaggio, una Testimonianza di fede, nonchè suscitare nella gente, che avremmo incontrato per strada, una breve riflessione sul nostro essere omosessuali e credenti presenti all’interno della Chiesa.
Oltre la maglietta da me indossata, un lenzuolo, donato da una mamma AGEDO di Palermo, che partecipa con entusiasmo agli incontri del gruppo, con la scritta: “Chi ha paura non è perfetto nell’amore” (1 Giovanni 4,18).
Una “parola” questa che ha animato la Veglia di Preghiera per le Vittime dell’Omofobia organizzata dal Gruppo il 17 maggio 2009 e che era destinata ad animare o, comunque, ad essere presente nel SiciliaPride 2009, come se tale manifestazione ne fosse la conclusione.
Con grande sorpresa, prima che il corteo avesse inizio, Paolo Patanè, Presidente dell’Arcigay Sicilia, venne a salutarci e, prendendo il microfono, ringraziò il Gruppo “Ali d’Aquila” incoraggiandolo pubblicamente per la sua partecipazione al SiciliaPride 2009 di Catania.
Ho iniziato quella “processione laica” percorrendo la centralissima via Etnea, all’inizio un po imbarazzato e impacciato, ma successivamente, mentre il corteo iniziava ad avanzare con la musica, i canti, le danze ed i colori, la gioia riempì il cuore e la paura cedette il posto alla fede!
Quella fede che aveva smosso le montagne del pregiudizio e dell’ipocrisia e che mi ha portato fin lì. Le persone ai lati dei marciapiedi si giravano perchè incuriositi nel vedere un gruppo di giovani che testimoniava la propria fede in Gesù e che, nello stesso tempo, non si vergognava o non aveva paura di manifestare la propria omoaffettività.
La gente che incrociava quel lenzuolo tornava indietro per rileggere meglio ciò che v’era scritto; le macchine fotografiche e le telecamere presenti si soffermavano per riprenderlo. Altri, incuriositi, chiedevano quali fossero i motivi della nostra partecipazione al GayPride, oppure se eravamo Protestanti o Valdesi. Molti, in vari modi, con strette di mano, sorrisi, applausi approvavano la presenza del Gruppo ed il nostro Messaggio.
Lungo il percorso ho visto una Chiesa aperta e ho sentito fortemente la necessità di fare un piccolo gesto, un segno che sarebbe valso più di ogni altra parola: abbiamo alzato il lenzuolo con la “parola” in esso impressa davanti la Chiesa senza dir nulla e solo per pochi istanti, come a voler chiedere alla Chiesa-Comunità di non dimenticarsi di noi, di non chiudere quella porta, aperta in quel momento per la Messa.
Ed un applauso si levò dal corteo e, con le lacrime agli occhi, abbiamo proseguito la marcia sino alla piazza Università per il comizio finale. Infine, un Sacerdote si fermò davanti a noi, lesse la frase scritta sul lenzuolo e, con grande sorpresa, approvò con un significativo cenno del capo il Messaggio.
Al termine del GayPride l’incontro gioioso di un componente il Gruppo I fratelli dell’Elpìs Gay Credenti di Catania, che raccontò per grandi linee la loro esperienza ventennale di Gruppo. Andò via con la promessa di rivederci ancora per condividere assieme alcune tappe del comune cammino di fede.
Mai mi sarei sognato di poter evangelizzare in un GayPride. L’ho fatto, mettendo da parte i pregiudizi, i luoghi comuni e forse anche una certa “omofobia interiorizzata”, che mi impediva di manifestare pubblicamente.
Ho partecipato con quel sano orgoglio di cristiano omosessuale che non si vergogna di manifestare pubblicamente la propria fede in Gesù senza rinnegare la propria omoaffettività.