Gay e cattolici. In Francia è possibile vivere la propria fede?
Articolo tratto da Mediapart (Francia), 22 aprile 2010, liberamente tradotto da Roxana Balena
“Numerosi psicologi e psichiatri, hanno dimostrato che non esisteva una relazione fra celibato e pedofilia, ma molti altri hanno dimostrato e mi hanno recentemente comunicato che vi è una relazione fra omosessualità e pedofilia”.
Questa frase, pronunciata il 12 aprile 2010 dal numero due del Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, ha rilanciato una polemica ricorrente: quella della presunta omofobia del Vaticano.
Se le associazioni di gay e lesbiche hanno logicamente gridato allo scandalo, molti altri omosessuali sono oramai “vaccinati” contro discorsi del genere. Ma ve ne sono alcuni per i quali questo episodio è indubbiamente più difficile da vivere: i gay cattolici, in bilico fra una vita che non hanno scelto e la fedeltà ad un istituzione che denuncia da tempo immemorabile il loro orientamento sessuale. Ecco alcune testimonianze dall’associazione a sostegno dei gay di Digione “CIGaLES” (Francia).
La marginalità dell’istituzione cattolica in Francia
È un giovedì come gli altri nel locale di “CIGaLES”, associazione a sostegno di gay e lesbiche che organizza ogni settimana la sua serata con aperitivo aperta e tutti. Ognuno è venuto con qualcosa da sgranocchiare o da bere, alcuni dei presenti si conoscono per la prima volta, mentre gli habitué del posto si raccontano la loro settimana.
Risate, bicchieri che tintinnano: siamo lontanissimi dal Vaticano, dal Papa e dal suo primo luogotenente… Ma quando poniamo la domanda all’uno o all’altra, le risposte sono a volte pungenti: “Io sono un mangiapreti.
Non sopporto nessuna religione!”; altri non degnano tutto ciò della minima importanza: “Non inizierò a preoccuparmi per quello che pensa il Papa. Continuassero pure a parlare… non faranno che peggiorare l’immagine completamente obsoleta della Chiesa”. Una Chiesa che quindi, nel tempio del luogo gay di Digione, non sembra affatto in odore di santità.
Essere gay e cattolici è possibile
Tuttavia, dal fondo della sala un uomo vede il problema in modo diverso. Philippe è in effetti membro dell’associazione cristiana “David e Jonathan” , che riunisce degli omosessuali “alla ricerca di spiritualità”, secondo i termini impiegati dal movimento creato nel 1972.
“David e Jonathan cerca innanzitutto di confrontare le esperienze di ciascuno per aiutare a riconciliare la fede e l’omosessualità. La nostra riflessione si avvale anche dello studio dei testi santi, poiché tutto è una questione di interpretazione”.
Sulla posizione ufficiale dell’istituzione cattolica, il commento di Philippe è amaro, rimpiange infatti che “La Chiesa non si smuove. Da quando ho memoria non vi è stata alcuna evoluzione. Tutto sommato, la posizione del Vaticano non è dovuta ad una riflessione.
Il soggetto meriterebbe al contrario una vera riflessione… Su questo punto il livello è decisamente basso. E per i giovani credenti che scoprono la propria omosessualità è un colpo duro”.
I preti presto amichevoli verso i gay?
Come vivere allora pienamente la propria religione e la propria omosessualità? Secondo Philippe, bisogna innanzitutto “Mostrare che noi siamo come tutti gli altri, senza esporsi in modo oltraggioso, ma senza nascondere necessariamente delle cose o mentire agli altri”.
Questa è anche l’opinione di Jacques, cattolico praticante, che tuttavia ha impiegato molto tempo prima di accettare la sua omosessualità. “Si, indubbiamente la mia cultura religiosa non ha facilitato le cose e ho chiesto spesso a Dio perché avesse deciso così. Dopo aver a lungo rifiutato la mia omosessualità, ho vissuto un periodo nel quale ho rimesso in discussione la mia fede.
Ma finalmente sono riuscito a conciliare le due cose. In fondo, è un messaggio d’amore che i credenti sono portati a portare. L’orientamento sessuale non ha niente a vedere con tutto ciò”. Tuttavia, la presenza di Jacques alla messa della domenica è divenuta più rara.
“Bisogna vederci un legame? Non ne sono sicuro…Sapete, la comunità cattolica è molto più aperta di quanto non si possa pensare ascoltando le uscite polemiche di qualche cardinale”.
“Ho avuto un’avventura con un prete”
All’interno del clero, si può supporre che l’omosessualità esista in proporzioni comparabili al resto della popolazione, anche se, teoricamente, la “pratica”, vi è molto più rara. Antoine non è credente ma ha vissuto da vicino, dal contatto con un prete, la sofferenza dell’omosessualità contrariata da regole religiose: “Quando ci siamo incontrati, indossava abiti da civile. Prima che lui mi parlasse della sua vocazione, l’avevo trovato affascinante e avevamo simpatizzato”, spiega quest’uomo di una trentina d’anni.
“Poi ci siamo rivisti. Abbiamo condiviso un pasto e lui mi ha invitato a casa sua per un caffè. Avevo percepito che stava succedendo qualcosa fra di noi, ma non avrei pensato che questo qualcosa potesse andare oltre ad una conversazione amichevole”! E pure… ”Ci siamo abbracciati, ci siamo baciati, nient’altro”, precisa Antoine, che ha continuato a fare delle visite a questo amico particolare.
“Ma ben presto ho percepito che egli viveva questa cosa molto male, anche se la nostra relazione era sempre rimasta innocente. Parlava di possessione. Diceva che aveva fallito la prova che Dio gli aveva assegnato. Ad un certo punto ho veramente avuto paura per lui. Tutto ciò mi creava anche dei tormenti”.
Alla fine la storia nascente si è conclusa con dolcezza: “Ognuno è ritornato alla propria vita e non abbiamo mai più affrontato l’argomento. Tutto sommato quest’avventura non mi ha fatto veramente soffrire. Ma lui, come vive dopo quest’episodio? Non lo so”.
Senz’altro essere cattolici significa questo: votarsi a Dio interamente. Questa regola cambierà? Forse, un giorno…
Testo originale: Catho-gays: Comment vivre sa foi lorsqu’on est homosexuel(le)?