Gay in Congo. Tra molte ombre e poche luci
Articolo di Paul Parant tratto dal mensile TETU n.198 (Francia) dell’aprile 2014, pag 44- 47, libera traduzione di Marco Galvagno
Tétu (il mensile lgbt francese) pubblica un reportage sui gay in Congo, la sua autrice fotografa e giornalista ha colto i gay congolesi nei rari momenti di calma e di felicità nella repubblica democratica del Congo, un paese che stigmatizza gli omosessuali e in cui in ogni momento possono essere attaccati e arrestati.
Per raggiungere un certo grado di intimità con le persone fotografate ci è voluto molto tempo e molta fiducia reciproca. La fotografa Jana Asenbrennerova si è recata l’anno scorso nella repubblica democratica del Congo in cui ha passato 4 mesi, di cui buona parte è servita a seguire i gay congolesi nelle loro attività quotidiane.
Non tiravo fuori la macchina fotografica fino a che non mi avessero raccontato la loro storia, che si sentissero a loro agio e che avessero dato la loro autorizzazione a farsi fotografare.
Arrivata a Bukavu per documentare l’azione a favore dei diritti dei diritti dell’uomo dell’organizzazione ONG Protection international, la giovane fotorepoter vi ha scoperto una realtà anche peggiore di quella che si sarebbe aspettata, per i gay la vita è piena di umiliazioni e di ipocrisia e vengono trattati come appestati.
In questa ex colonia belga nessuna legge vieta l’omosessualità, per ora. Anche se nel paese si respira l’omofobia galoppante dei paesi limitrofi come la Zambia e l’Uganda e molti deputati vorrebbero introdurre leggi antigay.
I gay scelgono spesso di restare nascosti per proteggersi dagli attacchi e dalle discriminazioni. Ho capito che facevano la loro battaglia da soli in un paese completamente distrutto dalla guerra e che non c’era nessuno ad aiutarli.
Una delle storie più tragiche è quella di Joseph Saidi, è uno dei pochi congolesi ad avere fatto coming out pubblicamente. Questo ragazzo di 26 anni ha fondato l’associazione Rainbow Sunrise Mapambazuko per aiutare i gay di Bukawu sia dando loro sostegno morale sia aiutandoli a proteggersi dal virus dell’hiv.
Il 4 maggio 2013 alcuni poliziotti sono entrati nella sua camera accusandolo di essere il capo dei diavoli e di voler distruggere la cultura africana. L’hanno arrestato. Joseph ha trascorso tre giorni in carcere senza cibo ne acqua ed è stato picchiato e violentato dai suoi compagni di cella.
Per fortuna non ci ha lasciato le penne, ma ha dovuto abbandonare il lavoro associativo e fuggire dal paese, dato che era in pericolo di vita. Mentre prima pensava solo ad aiutare gli altri gay, ora deve pensare a se stesso e chiede aiuto per trovare una terra d’asilo in cui riprendere gli studi e la lotta, riferisce allarmata Jana Asenbrennerova.
Ma in Living Unnoticed (vivere nell’ombra) questo reportage realizzato realizzato qualche settimana prima di questi avvenimenti, il dramma è celato. Le immagini svelano piuttosto un’altra realtà: quei rari momenti in cui i gay sono sereni e apparentemente felici tra di loro in un paese che è ostile.
Questo racconto per immagini ha ricevuto un premio nella categoria vita quotidiana dell’edizione World press photo ed è stato questo premio che ci ha dato l’occasione per pubblicarlo. Ci ricorda che in questo paese dell’Africa come in molti altri c’è ancora molta strada da fare prima che ai gay venga riconosciuta la parità dei diritti o per lo meno la possibilità di una vita più degna.
Testo originale: Congo l’ombre et la lumière