Gender, filosofie, teologie. Tre parole da scoprire con Damiano Migliorini
Dialogo di Katya Parente con Damiano Migliorini
Abbiamo ospitato qualche tempo fa Luciano Moia, che ci ha parlato del suo libro “Chiesa e omosessualità”. Oggi continuiamo questa sorta di percorso virtuale alla scoperta di una realtà quanto mai delicata e complessa: il mondo LGBT e i suoi rapporti con l’ambiente ecclesiale. Per proseguire il discorso è con noi il professor Damiano Migliorini, uno studioso che contribuisce, con i suoi interventi – compresi quelli sul nostro portale – a questa vitale, per i fedeli LGBT, discussione.
Come mai nella tua carriera accademica hai deciso di dedicarti agli studi queer?
Il tempo dedicato agli studi queer è stato per me un approfondimento extra-accademico. Nelle tesi sviluppate durante il periodo universitario mi sono infatti occupato di temi riguardanti la Filosofia analitica della religione (attributi divini, Trinità, teismi non-standard…). Gli studi di genere, invece, sono stati uno approfondimento autonomo (accompagnato anche da corsi seguiti nelle diverse Facoltà). Tutto è nato con la pubblicazione del saggio “L’amore omosessuale”, un testo che nasceva dall’esperienza “sul campo” (nelle parrocchie, durante degli incontri formativi) e dall’analisi di questioni di morale speciale avviata durante lo studio alla facoltà di Scienze Religiose.
In seguito a questa pubblicazione, mi è stato chiesto di contribuire ad alcuni volumi e di comporne altri, riguardanti appunto la “questione gender”. Ho quindi dovuto dedicarmi alacremente anche agli studi di genere – che già comunque avevo avuto modo di conoscere – in particolare nei loro risvolti teologici e filosofici. Ho vissuto questi momenti di ulteriore approfondimento come un dono (non sempre è facile trovare il tempo e le energie), una responsabilità e una sorta di “servizio” per la mia Chiesa, che ancora zoppica nella comprensione dei paradigmi contemporanei.
Da quanto tempo te ne occupi?
Se considero tutti i temi connessi alla “questione gender” direi almeno 8 anni.
Hai fatto dei periodi di Visiting a Oxford e Durham. Come viene affrontato l’argomento in un paese non cattolico, la cui Chiesa ha già discusso e di fatto risolto, la “questione omosessuale”?
In ambito anglosassone c’è sicuramente maggiore libertà di pensiero sulle questioni teologiche, grazie al fatto che la teologia è insegnata nelle facoltà laiche. Non avendo però tutti gli elementi per rispondere in modo esauriente alla domanda, posso raccontare un aneddoto: mi ha colpito la normalità con cui, nel College dove sono stato ospite, vi fosse una sacerdotessa donna, sposata con la sua compagna. Mi ha sorpreso, anche, che l’università offra corsi di filosofia femminista, dando a questa corrente di pensiero un peso e una dignità che in Italia fatichiamo ancora a riconoscerle.
Parlaci del tuo ultimo libro “Gender, filosofie, teologie. La complessità, contro ogni ideologia“. Qual è la sua genesi e come si colloca nel dibattito odierno?
Nella prima risposta facevo appunto riferimento a questo libro. Dopo la pubblicazione del libro “L’amore omosessuale”, mi è stato chiesto di contribuire con un capitolo al libro curato da P. Rigliano, “Sguardi sul genere“. La stesura del testo ha implicato un approfondimento e una rielaborazione del materiale bibliografico: la “richiesta” è stata la spinta decisiva a tradurre in opera (in libro!) un percorso già in parte intrapreso e qualche idea che da tempo tenevo nel cassetto.
Ma soprattutto, per la compilazione di un contributo teologico come quello richiesto, ho sentito la necessità di collocarmi, prima, in un paradigma scientifico e filosofico. Il che significa non solo conoscere temi e problemi, autori e tesi, ma anche cercare di prendere posizione. Non che quella esposta nel libro sia necessariamente la migliore (né, mi sento di dire, quella definitiva) ma almeno era il “mio” punto di arrivo allo stadio della ricerca a cui ero pervenuto.
Ecco, tale punto di arrivo è proprio il testo “Gender, filosofie, teologie”, nel quale faccio “sintesi” delle questioni scientifiche e filosofiche. Un libro “propedeutico” alla lettura del saggio presente in “Sguardi sul genere” e un lavoro personale che ho voluto mettere a disposizione di chi vuole addentrarsi nella selva delle questioni legate al genere.
Il libro analizza anche la cosiddetta “campagna anti-gender”, fornendo al lettore il lessico e la concettualità di base necessaria a comprendere ciò che è avvenuto e anche a rispondere alle accuse mosse dagli ambienti reazionari alla galassia di teorie che, oggi, si sono sviluppate attorno alla “questione genere”.
In questo senso, il libro ha alcune parti che possiamo considerare “didattiche”, altre più “propositive”. In queste ultime si tenta il faticoso, ma necessario, avvicinamento tra la cultura di genere e la cultura cattolica, superando i reciproci anatemi.
Credi che all’interno della Chiesa cattolica ci sia un dibattito, per quanto tenue e sfumato, sulla teoria del gender e, in generale, sulle istanze LGBT?
Sì, il dibattito evidentemente c’è (prova ne è la continua pubblicazione di documenti da parte di questa o quella Congregazione: intervengono spesso proprio per paura del dibattito stesso), un po’ a tutti i livelli. Sia riguardo le teorie sul genere, sia riguardo il tema più specifico dell’omosessualità (si veda il recente libro-dossier “Chiesa e omosessualità” pubblicato a cura di Luciano Moia; e, in precedenza, il libro di James Martin, “Un ponte da costruire”).
Ciò che però si può osservare, a mio avviso, è la povertà di strumenti concettuali che imperversa all’interno della Chiesa. Non sto dicendo, ovviamente, che non vi siano intellettuali cattolici formati e accorti. È il livello medio generale – dei fedeli e dei pastori – che desta preoccupazione.
Su molte questioni è mancata la “trasmissione culturale” di contenuti, coscienze ed esperienze, sia in alto sia in basso. Tuttavia, noto con soddisfazione che, sempre più, sta maturando la consapevolezza, negli ambienti cattolici, della necessità di un approfondimento più serio, della conoscenza della complessità del reale. Consapevolezza che si evince anche dalla ritrovata attenzione nell’uso delle parole, in ambienti cristiani (dalle omelie agli articoli di giornale), quando ci si riferisce alla galassia LGBT.
Ringraziamo Damiano per la sua disponibilità: la sua è una delle voci che mantengono aperto e vitale il dibattito e che rappresentano la speranza che, un giorno, la Chiesa accetterà, nella loro totalità e senza riserve, le persone queer. Il cammino è ancora molto lungo ma, se qualche spiraglio si vede, è anche grazie al contributo di questo studioso.