Geoffrey James Robinson: “Verso una nuova comprensione delle vite e dell’amore omosessuale”
Intervento di Geoffrey James Robinson*, vescovo emerito della diocesi cattolica di Sidney (Australia), tenuto a “Le strade dell’amore”, conferenza internazionale per una pastorale con le persone omosessuali e trans. (Roma, Italia, 3 ottobre 2014), liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
La tesi di questo documento si divide in tre parti: 1. Non c’è possibilità di cambiamento per l’insegnamento della Chiesa Cattolica riguardo gli atti omosessuali, a meno che e non prima che ci sia un cambiamento nel suo insegnamento riguardo gli atti eterosessuali; 2. C’è un serio bisogno di cambiamento radicale nell’insegnamento della Chiesa riguardo gli atti eterosessuali; 3. Se e quando questo cambiamento avverrà, avrà inevitabilmente un effetto sull’insegnamento riguardo gli atti omosessuali.
PARTE PRIMA
Non c’è possibilità di cambiamento per l’insegnamento della Chiesa Cattolica riguardo gli atti omosessuali, a meno che e non prima che ci sia un cambiamento nel suo insegnamento riguardo gli atti eterosessuali.
L’argomentazione costantemente ripetuta dalla Chiesa Cattolica è che Dio ha creato il sesso tra esseri umani per due ragioni: come mezzo attraverso il quale una nuova vita umana viene portata all’essere (aspetto procreativo) e come mezzo di espressione e nutrimento dell’amore all’interno di una coppia (aspetto unitivo).
L’argomentazione prosegue dicendo che l’atto sessuale è “secondo natura” solamente quando adempie ad ambedue questi scopi stabiliti da Dio, e che ambedue sono autenticamente presenti solo all’interno del matrimonio e, anche in questo caso, solamente quando il rapporto è aperto alla nuova vita, così che tutti gli altri usi della capacità sessuale sono moralmente sbagliati (1). Se questo è il punto di partenza, non c’è possibilità di approvazione per gli atti omosessuali (2). Non è di alcuna utilità cercare il cambiamento all’interno di questo insegnamento.
PARTE SECONDA
C’è un serio bisogno di cambiamento radicale nell’insegnamento della Chiesa riguardo gli atti eterosessuali. Se noi concepiamo la “procreazione” come la produzione di figli adulti invece che come la produzione di bambini, non ho difficoltà ad affermare che il matrimonio, come istituzione della razza umana, contiene sia un aspetto procreativo che uno unitivo. Ma ho cinque serie difficoltà nel pensare, come afferma il Magistero, che ogni singolo atto sessuale debba contenere ambedue questi aspetti.
Prima difficoltà. Un peccato contro Dio: La prima difficoltà è che, attraverso questo insegnamento, la Chiesa sta dicendo che qualsiasi utilizzo del sesso che non sia al tempo stesso procreativo e unitivo è un’offesa diretta a Dio perché è una violazione di ciò che si presume essere l’ordine divino e naturale stabilito da Dio. Questo solleva due serie questioni, una riguardante la natura e l’altra riguardante Dio.
Riguardo alla natura: Se tale ordine divino e naturale esiste in relazione alle nostre capacità sessuali, non dovrebbe esistere anche in molte altre aree della vita umana? L’argomentazione della Chiesa riguardo il sesso non dovrebbe indicare molti altri campi nei quali Dio assegnato uno scopo divino a delle cose create, di modo che sarebbe un peccato contro di lui usare quelle cose in modo diverso? Perché una tale affermazione viene avanzata solamente in relazione al sesso?
Mi ricordo di aver letto, anni fa, l’argomentazione umoristica secondo la quale lo scopo che Dio ha assegnato agli occhi dell’uomo è guardare in avanti (ecco perché sono posti nella parte anteriore della testa), così che gli specchietti retrovisori delle auto sono contro natura, perciò immorali. Certo, questa è una battuta, che tuttavia solleva delle domande su cosa intendiamo per “natura” e su come sia difficile ricavare delle conclusioni morali dalla pretesa che esista una natura divinamente stabilita.
Riguardo a Dio: Colpire un re o un presidente è sempre stata considerata un’offesa più grave del colpire un semplice cittadino. Si diceva, in linea con questo pensiero, che il re più grande di tutti fosse Dio, quindi un offesa rivolta direttamente a Dio è molto più grave di un’offesa rivolta a un semplice essere umano.
Dato che tutti i peccati sessuali erano considerati come offese rivolte direttamente a Dio, venivano perciò tutti considerati peccati gravissimi. I peccati sessuali erano considerati allo stesso livello dell’altro peccato rivolto direttamente contro Dio, la blasfemia, e questo ci aiuta a capire perché, nella Chiesa Cattolica, alla morale sessuale è stata data per molto tempo un’importanza esagerata. Per secoli la Chiesa ha insegnato che ogni peccato sessuale è un peccato mortale (3).
In questo campo, si pensava, non esistono peccato veniali. Secondo questo insegnamento, persino ricavare deliberatamente piacere dal pensare al sesso con una persona che non sia il proprio coniuge, per quanto brevemente, è un peccato mortale. Un insegnamento che oggigiorno non può essere sbandierato come una volta, che però è stato proclamato da molti papi (4), non è mai stato ritrattato e ha dispiegato i suoi effetti su innumerevoli persone.
Questo insegnamento ha alimentato la credenza in un Dio incredibilmente iroso, un Dio che condanna una persona all’inferno per l’eternità per un singolo impenitente momento di piacere deliberato nato dal desiderio sessuale.
Questa idea di Dio è assolutamente contraria al concetto di Dio che Gesù ci ha presentato, e io non posso accettarla. La mia prima ribellione contro l’insegnamento della Chiesa riguardo il sesso, quindi, non derivava direttamente dal rifiuto di ciò che la Chiesa diceva sull’argomento, ma dal rifiuto del falso dio presentato da questo insegnamento.
Seconda difficoltà: un insegnamento basato su asserzioni
La seconda ragione per cambiare le cose è che le dichiarazioni della Chiesa sembrano essere asserzioni piuttosto che argomentazioni. Ambedue gli elementi, procreativo e unitivo, sono aspetti fondamentali del matrimonio in quanto istituzione dell’intera razza umana, ma ne segue forse che:
– sono elementi essenziali di ogni singolo matrimonio, a prescindere dalle circostanze?
– sono elementi essenziali di ogni singolo atto del rapporto sessuale? Su quali basi?
Per esempio, una certa coppia può venire a sapere da medici specialisti che i figli che eventualmente concepiranno soffriranno di una seria malattia ereditaria che li renderà disabili, e quindi decidere di adottare i loro figli. Stanno agendo contro la volontà di Dio? Un’altra coppia potrebbe decidere di avere già molti figli e di non essere finanziariamente e psicologicamente capaci di averne altri. Su quali basi noi diciamo che stanno agendo contro la volontà di Dio?
Sorgono sempre problemi quando gli esseri umani pretendono di conoscere la mente di Dio. Che dire della dichiarazione che è volontà di Dio, anzi ordine di Dio, che ambedue gli aspetti, unitivo e procreativo, devono necessariamente essere presenti in ogni atto del rapporto sessuale? È un fatto dimostrato o una semplice asserzione? Se è un fatto dimostrato, dove sono le prove? Perché i documenti della Chiesa non presentano tali prove? (5)
Tali prove non dovrebbero comprendere l’esperienza di milioni di persone nello sforzo tutto umano di conciliare il sesso, l’amore e la procreazione di nuova vita in mezzo alla tempesta della sessualità e alle complessità della vita umana? Forse viene confuso un ideale con la realtà?
Se è solo un’asserzione, c’è una ragione per cui non dovremmo applicare il principio logico secondo il quale ciò che viene liberamente asserito può essere liberamente negato? Se non è niente più che un’asserzione, ha davvero importanza chi la pronuncia o quanto spesso viene pronunciata? Dove sono le argomentazioni in suo favore per poter convincere una coscienza aperta e onesta?
Terza difficoltà: una morale degli atti fisici
La terza argomentazione è che l’insegnamento della Chiesa si basa sulla considerazione di ciò che è visto come la natura, stabilita da Dio, degli atti fisici in se stessi, piuttosto che su questi atti visti come azioni di esseri umani. Ed essa continua a ragionare così in un’epoca in cui l’intera tendenza della teologia morale va nella direzione opposta.
Il risultato è che ci si impastoia in incredibili difficoltà nell’analizzare gli atti fisici senza il loro contesto di relazioni umane. Per esempio, alcune coppie sposate scoprono un’ostruzione che impedisce allo sperma di raggiungere l’ovulo, ma con un semplice procedimento un medico può prendere lo sperma del marito e inserirlo nell’ovulo della moglie, così da permettere il concepimento.
Ma la Congregazione per la Dottrina della Fede ha condannato questa procedura perché l’atto fisico non è stato considerato “integrale”, anche se la ragione precisa di questo intervento è proprio che la coppia vuole che il suo matrimonio sia unitivo e procreativo. Le argomentazioni della Chiesa riguardo il sesso si basano unicamente sull’atto fisico in se stesso invece che sull’atto fisico in quanto azione che influenza le persone e le relazioni.
Quarta difficoltà: l’idea di “naturale”
È stato Dio a creare un mondo in cui coesistono eterosessuali e omosessuali. Non è un errore compiuto da Dio, che gli esseri umani sono incaricati di riparare; è semplicemente e innegabilmente parte della creazione di Dio.
Gli unici atti sessuali naturali per gli omosessuali sono gli atti omosessuali. Non è una libera scelta compiuta tra due cose ugualmente attraenti, ma qualcosa di profondamente impresso nella loro natura, qualcosa di cui non possono semplicemente sbarazzarsi. Gli atti omosessuali sono per loro naturali, gli atti eterosessuali invece no. Gli omosessuali non possono compiere quelli che la Chiesa chiamerebbe atti “naturali” in un modo che sia naturale per loro.
Perché dobbiamo ricorrere ad astrazioni nel determinare che cosa è naturale, invece che all’esperienza vera e vissuta degli esseri umani? Perché dovremmo dire che gli omosessuali agiscono contro natura quando agiscono in accordo con l’unica natura di cui abbiano mai avuto esperienza?
La Chiesa afferma di basarsi sulla “legge naturale”, ma una legge naturale che si basa su astrazioni è una falsa legge naturale. In effetti, la Chiesa getta nel discredito l’intero concetto di legge naturale.
Quinta difficoltà: non è basata sull’insegnamento di Gesù
La quinta difficoltà è che l’intero concetto della necessità della coesistenza dell’elemento unitivo e di quello procreativo in ogni atto del rapporto sessuale non si basa su niente che Gesù abbia detto o sottinteso ma deriva da concetti extrabiblici che concernono gli atti cosiddetti naturali e gli atti cosiddetti contro natura. Nel cercare di comprendere la natura morale della sessualità come la forza più potente e importante della vita umana, perché la Chiesa non fa riferimento a qualcosa che Gesù ha detto o fatto invece di fare affidamento solamente a concetti che derivano da altre fonti?
Il dilemma
Alla luce di queste cinque difficoltà rimane il fatto che la Chiesa Cattolica propone un insegnamento che, sul terreno della logica, non è mai stato attraente, nemmeno per le persone meglio disposte ad accoglierlo. Anche all’interno della Chiesa la maggior parte della gente non lo accetta più, specialmente tra i giovani. La società occidentale, nel suo complesso, ha rigettato questo insegnamento e ha assunto una posizione che, in molti sensi, ne costituisce l’estremo opposto. Poche persone oggi tenterebbero una difesa razionale dell’insegnamento della Chiesa e non è facile nemmeno proporre una via di mezzo tra i due estremi. È quella via di mezzo che ora desidero esplorare.
La via di mezzo
Se noi decidiamo di lasciarci alle spalle un’etica che vede il sesso in termini di offesa rivolta direttamente a Dio, che mette l’accento sull’atto fisico invece che sulla persone e le relazioni, che non deriva dai vangeli e che si basa su un’asserzione invece che su un’argomentazione logica, dove possiamo andare? Io suggerisco che la risposta sta nel muoversi verso un’etica che:
1. vede ogni offesa nei confronti di Dio non causata dall’atto sessuale preso in se stesso, ma dal danno causato alle persone;
2. parla in termini di persone e relazioni invece che di atti fisici;
3. attinge le sue idee di ciò che è naturale dalla realtà invece che da astrazioni;
4. attinge consciamente e direttamente dai vangeli;
5. e poi costruisce un’argomentazione su questi fondamenti invece che su asserzioni non dimostrate.
Dal punto di vista di Dio
Se è impossibile fondare un’intera etica sessuale sulla base delle offese rivolte direttamente a Dio, l’evidenza ci dice che Dio ha estremamente a cuore gli esseri umani e prende molto sul serio ogni danno a loro causato, attraverso il desiderio sessuale o qualsiasi altra causa. “Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare” (Marco 9:42).
“Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me” (Matteo 25:44-45).
In queste due citazioni Gesù si identifica con le persone più deboli della comunità e ci dice che ogni danno a loro causato è un danno causato a lui stesso. Voglio suggerire che questo danno causato alle persone è il vero peccato in materia di sesso, l’unico peccato che provoca l’ira di Dio.
Voglio perciò suggerire che dovremmo considerare la morale sessuale in termini di bene o di danno causato alle persone e alle relazioni che si instaurano tra loro piuttosto che in termini di offesa rivolta direttamente a Dio.
Da questo può seguire che il piacere sessuale, come ogni altro piacere, è in se stesso moralmente neutro, né buono né cattivo? Che sono piuttosto le circostanze che riguardano le persone e le relazioni che rendono questo piacere buono o cattivo, per esempio il piacere buono di una coppia sposata che cerca di riconciliarsi dopo un litigio o il piacere cattivo di un uomo che commette uno stupro?
La Chiesa contro la società moderna
Se scendiamo in profondità, al di sotto degli insegnamenti particolari della Chiesa Cattolica sul sesso, e arriviamo alle sue credenze di base, quello che voglio suggerire è che esiste un punto fondamentale sul quale la Chiesa e la società occidentale moderna sembrano muoversi in direzioni opposte.
Detto in termini molto semplici, la Chiesa dice che, dato che l’amore è un aspetto importantissimo della vita umana e dato che il sesso è un modo così vitale di esprimere l’amore, il sesso è una cosa seria, mentre la società moderna accetta sempre più apertamente anche l’attività sessuale più occasionale, anche quando non reca nessuna traccia di amore o di relazione.
Su questo punto fondamentale mi trovo istintivamente più in sintonia con l’opinione della Chiesa che con quella della società moderna. Paradossalmente, sono stati gli effetti degli abusi sessuali sui minori a convincermi, più di ogni altra cosa, che il sesso è una cosa seria.
“Non fare il male” e “Ama il tuo prossimo”
Dato che considero il sesso una cosa seria, non posso semplicemente concludere che il sesso è sempre buono finché non fa del male a nessuno. Non porrei mai la questione in questi termini perché ho visto troppo male causato da questo atteggiamento.
Esso viene espresso in termini negativi (“Non fare il male”) e inevitabilmente contiene in sé questo serio rischio: uno, dandosi poco pensiero del bene dell’altra persona con cui ha dei rapporti, può cercare il proprio piacere e, così facendo, arrivare vicinissimo al causare danno alla persona in questione. In un campo così pieno di rischi come questo, innumerevoli persone che si basano su questo principio oltrepasseranno questo limite.
Se apriamo i vangeli, Gesù ha detto “Ama il tuo prossimo” e non tanto “Non fare del male al tuo prossimo”, e l’amore non è semplicemente l’atteggiamento negativo di non fare il male; l’amore sottintende un genuino rispetto per l’altro e l’atteggiamento positivo di volere e cercare il bene dell’altro. La differenza essenziale tra i due è che che con l’atteggiamento “Non fare il male” possiamo mettere noi stessi al primo posto, mentre con “Ama il tuo prossimo” al primo posto sta il nostro prossimo.
Nell’applicare questo principio gesuano dobbiamo prendere molto sul serio il danno che può essere causato dal desiderio sessuale e considerare attentamente le circostanze che possono rendere moralmente sbagliata la ricerca del piacere sessuale perché può arrecare danno agli altri, a se stessi o alla comunità.
Alcuni di questi fattori sono la violenza fisica o psicologica, l’inganno e l’autoinganno, il fare del male a una terza persona (per esempio, il coniuge), usare un’altra persona per la propria gratificazione, trattare le persone come oggetti sessuali invece che come persone, banalizzare il sesso fino a fargli perdere la sua serietà, non rispettare la connessione esistente tra il sesso e la nuova vita, non rispettare l’esigenza di costruire una relazione con pazienza e cura, non rispettare il bene comune dell’intera comunità.
Da tutto questo si capirà che, pur considerando il piacere sessuale in se stesso moralmente neutro, ho serissime difficoltà con l’idea che “tanto, che differenza fa?”. Quando si reagisce a un estremo c’è sempre il pericolo di andare verso l’estremo opposto. Credo che questo sia ciò che ha fatto la società moderna per quanto riguarda il sesso.
Un’etica cristiana
Quello che voglio suggerire è che le questioni centrali concernenti la morale sessuale sono:
– Ci muoviamo verso un’etica genuinamente cristiana se basiamo i nostri atti sessuali su un profondo rispetto per le relazioni che danno un significato, uno scopo e una direzione alla vita umana e sull’amare il nostro prossimo come vorremmo che il nostro prossimo amasse noi?
– All’interno di questo contesto, possiamo chiederci se un atto sessuale è moralmente giusto quando, in positivo, è basato su un genuino amore per il prossimo, cioè un genuino desiderio di quello che è bene per l’altra persona, invece di basarsi unicamente sull’interesse personale, e, in negativo, non contiene nessun elemento di danno come il fare del male a una terza persona, qualsiasi forma di coercizione o inganno, o un qualsiasi danno alla capacità del sesso di esprimere l’amore?
– Chiedersi quando queste circostanze possono essere valide e se, e fino a che punto, possono essere valide al di fuori del matrimonio, può essere una base per la discussione e il dibattito per la comunità ecclesiale e per la società nel suo complesso, per una decisione e la responsabilità di fronte a Dio, agli altri e al proprio sé più profondo da parte di ogni individuo?
Molti obietteranno che ciò che ho proposto non fornisce regole semplici e chiare. Ma Dio non ci ha mai promesso che le cose che attengono alla vita morale sarebbero state semplici e chiare. La morale non è solamente fare le cose giuste: significa anche sforzarsi per sapere qual è la cosa giusta da fare. Non è solamente fare ciò che tutti attorno a noi stanno facendo: significa prendersi la responsabilità genuinamente personale di tutto ciò che facciamo. Significa anche essere profondamente sensibili ai bisogni e alle vulnerabilità delle persone con le quali interagiamo.
Io credo che normalmente l’atto sessuale abbia possibilità molto maggiori di adempiere ai requisiti che ho suggerito all’interno di una relazione votata ad essere permanente come il matrimonio piuttosto che fuori da una tale relazione. Ma dubito di poter tirare questa semplice conclusione: all’interno del matrimonio tutto è bene, al di fuori del matrimonio tutto è male. Le complessità della natura umana e l’impeto della sessualità non permettono risposte così semplici.
PARTE TERZA
Se e quando questo cambiamento (nell’insegnamento concernente gli atti eterosessuali) avverrà, avrà inevitabilmente un effetto sull’insegnamento riguardo gli atti omosessuali. Se applichiamo ciò che ho appena detto sugli atti eterosessuali agli atti omosessuali, ne seguiranno varie cose.
In negativo, non potrei accettare per gli atti omosessuali, non più che per gli atti eterosessuali, che si possa fare il proprio comodo, o che la morale possa basarsi sull’interesse personale oppure l’idea che si possa fare di tutto fino a che non si fa del male all’altra persona. Chiederei alle persone omosessuali come a quelle eterosessuali di essere ben consce di quanto facilmente i pensieri che vertono sul sesso possano essere diretti unicamente verso l’interesse personale e condurre a fare del male. Non potrei certo approvare uno stile di vita deliberatamente basato su partner sessuali che vanno e vengono, non più di quanto potrei approvarlo per quanto riguarda gli eterosessuali, perché non riesco a vedere come questo possa conciliarsi con ciò che ho detto in questo documento.
In positivo, ne segue che gli atti sessuali, sia eterosessuali che omosessuali, non sono, di per se stessi e presi isolatamente, offensivi per Dio. Questo vorrebbe dire che gli atti sessuali piacciono a Dio quando collaborano a costruire le persone e le relazioni, dispiacciono a Dio quando danneggiano le persone e le relazioni. Dato che vado cercando un’etica specificamente cristiana, voglio sperare che siano sempre basati su un affetto genuino e sul volere il bene dell’altro piuttosto che unicamente sull’interesse o la gratificazione personale.
Se l’insegnamento della Chiesa fosse basato sulle persone e le relazioni invece che su ciò che viene considerato “secondo natura” nell’atto fisico, la considerazione degli atti omosessuali esisterebbe in un mondo completamente nuovo e dovrebbe essere interamente ripensata. In breve, se desiderate cambiare l’insegnamento della Chiesa concernente gli atti omosessuali, allora lavorate per favorire il cambiamento nel suo insegnamento sugli atti sessuali in generale.
La Scrittura
Ci sono dei passi delle Scritture che paiono condannare gli atti omosessuali. Ne vengono citati in particolare cinque, due nell’Antico Testamento (Genesi 19 e Levitico 18:22) e tre nel Nuovo (Romani 1:26-27, I Corinzi 6:9, e I Timoteo 1:10). Esistono delle difficoltà nell’interpretazione di questi cinque passi, ma non ci si può rifiutare di prenderli in considerazione. Nonostante questo, ci sono quattro punti da tenere a mente.
Il Levitico chiama l’omosessualità un “abominio” ma questa parola viene usata 138 volte nell’Antico Testamento, anche per definire cose che noi oggi diamo per scontate, per esempio mangiare i gamberetti.
Il pensiero prevalente nell’antichità è che tutte le persone erano di fatto eterosessuali e su questa base si riteneva che gli atti omosessuali fossero sbagliati. Nella cultura dell’antico Israele esisteva una gerarchia sessuale nella quale gli uomini erano dominanti e le donne sottomesse. Secondo questa concezione, in un atto omosessuale un uomo dominante veniva trattato come una donna sottomessa, e questo era considerato sbagliato.
La legge concernente l’omosessualità in Levitico fa parte delle leggi di purità e la Chiesa primitiva accettava il fatto che Gesù avesse abolito quelle leggi. Le affermazioni sull’omosessualità nel Nuovo Testamento non forniscono ragioni convincenti per le loro proibizioni e danno l’impressione di essere delle reliquie delle leggi di purità. In breve, è difficile costruire un edificio così grande su questi testi. Rimane il fatto che l’intero campo della morale sessuale ha un urgente bisogno di essere ristudiato da cima a fondo.
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(1) Il più importante documento pontificio sulla morale sessuale dello scorso secolo, l’enciclica Humanae Vitae, esprime così l’argomentazione: “Tale dottrina, più volte esposta dal magistero della chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo.
Infatti, per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna. Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paternità”. Papa Paolo VI, lettera enciclica Humanae Vitae, 26 luglio 1968, no. 12.
(2) Il Catechismo della Chiesa Cattolica tratta la questione con una straordinaria concisione: “(Gli atti omosessuali) sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale.”
(3) Vedi Noldin-Schmitt, Summa Theologiae Moralis, Feliciani Rauch, Innsbruck, 1960 Vol.I, Supplemento De Castitate, p.17, no.2. Il termine tecnico costantemente ripetuto è mortale ex toto genere suo. Il peccato consistente nel provare piacere a pensare al sesso è chiamato delectatio morosa.
(4) Per esempio Clemente VII (1592-1605) e Paolo V (1605-1621) hanno affermato che chiunque neghi questo insegnamento deve essere denunciato all’Inquisizione.
(5) In anni recenti ci si è appellati all’antropologia, ma non ho visto una chiara dimostrazione del fatto che l’antropologia esiga che ogni atto del rapporto includa i due scopi, quello unitivo e quello procreativo.
* Il vescovo Geoffrey James Robinson fu ordinato sacerdote per l’Arcidiocesi di Sydney (Australia) nel 1960 e fu nominato vescovo ausiliario di Sydney nel 1984. Ha conseguito lauree in filosofia, teologia e diritto canonico presso varie università in Australia e a Roma.
Per molti anni ha presieduto il Comitato delle scuole cattoliche dell’Arcidiocesi di Sydney e la Commissione di istruzione cattolica australiana nel Nuovo Galles del Sud. È stato fortemente impegnato in aree come l’ecumenismo e gli standard professionali nel ministero. È stato autore di libri sul matrimonio, divorzio, annullamento, il Vangelo di Marco ed esperienze religiose nella vita quotidiana.