Giuseppe e la forza del perdono (Genesi 45:1-15). Trasformare il dolore in speranza
Testo di Gary Simpson*, pubblicato su Whosoever** (Stati Uniti) il 1 gennaio 2013. Liberamente tradotto dai volontari del Progetto Gionata.*
Nella Bibbia la vita di Giuseppe è una storia piena di drammi, quasi una soap opera carica di suspense. Cresciuto in una famiglia tutt’altro che perfetta, Giuseppe ha vissuto alti e bassi: amato e favorito dal padre, ha ricevuto da lui un manto variopinto, simbolo di distinzione. Ma il suo dono di avere visioni profetiche e il senso di superiorità che traspariva dai suoi racconti hanno suscitato la gelosia dei fratelli, che lo hanno venduto come schiavo in Egitto.
Anni dopo, la sua storia prende una svolta inaspettata. La carestia spinge i suoi fratelli a cercare cibo proprio in Egitto, senza sapere che la persona da cui avrebbero dovuto acquistarlo è lo stesso Giuseppe, ora in una posizione di potere. Ed è qui che Giuseppe si rivela a loro.
La Bibbia racconta che, sopraffatto dall’emozione, Giuseppe non riesce più a trattenersi. Ordina a tutti i presenti di uscire, lasciando la stanza solo con i suoi fratelli. Ma il suo pianto è talmente forte che gli egiziani lo sentono comunque, persino la casa del Faraone viene a saperlo. Poi, con un’emozione che nessun punto fermo potrebbe contenere, Giuseppe pronuncia le parole decisive: «Io sono Giuseppe!». E subito aggiunge: «Non affliggetevi e non siate adirati con voi stessi per avermi venduto, perché Dio mi ha mandato qui per preservare la vita» (Genesi 45:1-5, Moffatt Bible).
Perché Giuseppe ha voluto che tutti gli altri uscissero? Forse voleva evitare che gli egiziani scoprissero il suo passato come schiavo venduto dai fratelli. Oppure, come uomo di potere, non voleva apparire vulnerabile agli occhi di chi lo ammirava. Qualunque sia la ragione, il suo momento di rivelazione è carico di lacrime, emozione e riconciliazione.
Un atto di rivelazione e uguaglianza
La storia di Giuseppe che si rivela ai suoi fratelli risuona profondamente nelle esperienze delle persone LGBTQ+. Dichiarare la propria identità non è mai semplice. È spesso accompagnato da paura, lacrime e un tumulto interiore. Proprio come Giuseppe, anche noi affrontiamo il momento in cui pronunciamo quelle parole che cambiano tutto: «Io sono…».
Nella mia Bibbia, la frase di Giuseppe termina con un punto fermo. Ma un semplice punto non rende giustizia a un momento tanto intenso. Questa è una dichiarazione che merita un punto esclamativo! Uscire allo scoperto, dichiarare chi siamo, è troppo potente per essere relegato a una punteggiatura debole. È un momento che esige enfasi, un’affermazione di esistenza e di dignità.
Giuseppe non si limita a dire chi è. Va oltre: si identifica come loro fratello. È un passaggio straordinario. Dopo essere stato tradito, venduto e trattato come uno schiavo, avrebbe avuto tutto il diritto di umiliarli. Eppure, sceglie di non farlo.
Sceglie di essere un fratello. Il commentatore ebraico Sarna sottolinea che, pur essendo stato trattato come un estraneo, Giuseppe decide di agire da vero fratello. Non restituisce il male ricevuto, non si vendica, ma compie un atto di perdono autentico.
Dichiarare chi siamo è un atto di affermazione e uguaglianza. Non si può vivere nell’ombra sperando di essere trattati con rispetto. Il coming out è una dichiarazione: «Io sono uguale. Merito rispetto, dignità, luce». È un passaggio dalla solitudine all’appartenenza, dall’invisibilità alla verità.
Il potere del perdono
Dopo essersi rivelato, Giuseppe si preoccupa subito della salute dei suoi fratelli. Questo dettaglio non è banale. Se non li avesse già perdonati, non si sarebbe curato del loro benessere. Le sue parole – «Non siate adirati con voi stessi» – dimostrano che non solo lui ha perdonato, ma desidera che anche loro si perdonino.
La storia di Giuseppe è la storia di un torto inimmaginabile. Ed è anche la storia di un perdono altrettanto inimmaginabile. Non so cosa sia più sorprendente: il male subito da Giuseppe o la sua capacità di perdonare. Il danno è enorme, ma la grazia con cui lo supera lo è ancora di più.
Lezioni per oggi
Ottobre è il mese del Coming Out. È anche il mese in cui Matthew Shepard è stato brutalmente assassinato in un crimine d’odio. La storia delle persone LGBTQ+ è segnata da dolore, discriminazione e tragedie, tra cui i suicidi di giovani queer. È in tempi difficili che la storia di Giuseppe ci offre una guida.
Perdonare non significa dimenticare il dolore subito. Significa scegliere di non portarne il peso per sempre. Come scrive Archibald Hart, il perdono è rinunciare alla possibilità di ferire chi ci ha feriti. Chi ha più potere ha anche la maggiore tentazione di vendicarsi, ma il vero perdono si manifesta quando scegliamo di non farlo.
Il perdono autentico non è sottomissione. Non è rimanere in silenzio di fronte all’ingiustizia. Il perdono avviene tra persone che si riconoscono come pari. Un servo che accetta in silenzio il male subito non sta perdonando: sta solo sopravvivendo. Il vero perdono è la scelta consapevole di chi ha il potere di vendicarsi e sceglie invece di costruire un ponte.
Nonostante il dolore e le ferite, la storia di Giuseppe ci mostra che il bene può emergere anche dalle situazioni più oscure. Le famiglie possono guarire, le società possono crescere, e la verità può portare nuova vita. Dio trasforma il caos in creazione, e ci invita a partecipare a questa opera di rinnovamento. Uscire dall’ombra, abbracciare la verità e scegliere di perdonare sono passi verso un mondo più giusto, onesto e umano.
* Gary Simpson è stato insegnante ed educatore per oltre 25 anni, membro della Canadian Counseling and Psychotherapy Association. Ha tenuto seminari su alleanze tra persone LGBTQ+ e eterosessuali, bullismo, difesa spirituale e identità cristiana queer. Ha studiato al Starr King School for the Ministry di Berkeley e ha conseguito lauree in Educazione, Psicologia e Teologia in varie istituzioni accademiche.
** Whosoever è una rivista ecumenica online statunitense, fondata nel 1996, dedicata alla spiritualità e alla fede delle persone LGBTQ+. Il suo obiettivo è offrire riflessioni teologiche, testimonianze e risorse per coloro che cercano un cammino di fede inclusivo, superando il rifiuto e le discriminazioni spesso incontrate nelle comunità religiose tradizionali.
Testo originale: Joseph Comes Out | Genesis 45:1-5