Gli effetti dell’amore. Come ho superato il mio senso di colpa
Testimonianza di Joanne pubblicata sul sito christianlesbians (Stati uniti), liberamente tradotta da Domenico Afiero
Mi chiamo Joanne, sono una lesbica di 37 anni e vivo in una cittadina dello stato del Nuovo Galles del Sud in Australia. Se mi guardo indietro già sapevo di essere gay a 15 anni. Vivevo a Sidney con i miei due genitori e i miei tre fratelli.
Abbiamo avuto un’educazione cattolica e, almeno un paio di volte a settimana, andavamo in chiesa con gli altri per imparare ad essere ‘buoni cattolici’. Quel catechismo non mi ha incoraggiato verso uno stile di vita gay ma, a quell’età, non mi sentivo neanche ostacolata. Forse perché non avevo ammesso con nessuno, neppure con me stessa, le vaste dimensioni delle mie cotte di studentessa.
Quando ho abbandonato la scuola, ho iniziato a lavorare per lo Stato, ero completamente soddisfatta del mio lavoro e delle nuove amicizie che facevo. Lavorare come statale voleva dire non essere discriminata ed io mi sentivo libera di continuare le amicizie con una serie di colleghi gay.
Loro mi fecero scoprire la sfrenata vita gay della capitale australiana ma, mentre mi sentivo sempre più a mio agio ed accettata, non mi vedevo ancora come lesbica.
Dopo un paio di anni, decisi di entrare in un ordine religioso per ‘darmi al Signore ’. Mi sentivo euforica, stimolata , piena di Spirito Santo. La mia vita era bella come non lo era mai stata. La famiglia e gli amici mi erano sempre vicino.
Questa sensazione di pienezza durò un anno e mezzo circa, cioè sino a quando non mi scoprii attratta sessualmente da una donna della parrocchia. Fu proprio in quel periodo della mia esistenza che iniziò il mio inferno.
Vivevo male la mia vocazione religiosa mentre provavo “strani sentimenti” per questa donna. Sebbene fossi giovane, era impossibile convincermi che stavo bene. Fu così che abbandonai l’ordine religioso e me ne andai a lavorare nello stato del Queensland.
La mia famiglia non sapeva nulla delle motivazioni che mi avevano spinto ad abbandonare l’ordine e dei miei ‘strani sentimenti ’, di cui non feci parola con nessuno. Ero da sola. Dopo un anno me ne andai in Scozia, il paese natale di mio padre. Fu dalla Scozia che scrissi a mia madre per spiegarle che ero lesbica.
Allora, mia madre, si trovò da sola di fronte ad una nuova figlia, perché avevo perso mio padre quando avevo 17 anni. La mamma non mi ha mai disconosciuta, né minacciata, ma ha espresso il suo disappunto e le sue paure per il mio futuro.
Io , invece ero interessata ad andare a letto con tante donne e a vivere le sfrenanti notti dei nightclub. Il che durò per parecchi mesi, prima di incontrare Jackie. Cominciammo a vederci e ad innamorarci. Fu questa la ragione per cui non desideravo più andare a letto con sconosciute a destra e a manca.
Il mio sogno si era realizzato. Vivevamo insieme a Edimburgo e , sebbene ne fossi contenta, era evidente la mia inquietudine di non essere nella pace del Signore. Per un paio di anni ho avuto il terrore di essere condannata per l’eternità , mentre Jackie cercava di convincermi del contrario.
Infine, cercai l’aiuto di una professionista ed andai da una psicoterapista. Era una donna lesbica e cristiana.
Ci siamo incontrati ogni settimana per un anno finché non ho capito che Dio mi ama e desidera che io continui una relazione con lui. Lui mi ha creato come sono e mi vuole sincera e contenta. Jackie mi è stata vicino per tutto quel tempo.
Dopo ben 7 anni, mi sentivo pronta a rientrare a casa, in Australia, per affrontare la mia famiglia. Io e Jackie abbiamo chiesto di ritornarvi come coppia dello stesso sesso e, dopo mesi di estenuanti interviste, siamo state accettate dal governo australiano.
Siamo arrivate nell’aprile del 1996 e abbiamo attraversato un brutto periodo a causa della mia famiglia. Mia madre è stata magnifica e, nonostante le sue riserve, ci ha accettato a pieno.
Ormai sono passati sette anni e, dove viviamo, siamo state accettate da tutti. Jackie gestisce un centro di ricreazione infantile ed io, da quando ho lasciato il catering, mi sono messa a studiare per diventare contabile. Noi due siamo felici e stiamo vivendo il nostro tredicesimo anno di relazione e d’amore. Jackie è parte integrale della mia famiglia ed è amata da mia madre e dai miei fratelli.
Credo che Dio mi abbia dato la vocazione religiosa per uno scopo e solo per un certo tempo. Mentre la Chiesa cattolica, non riconoscendo il nostro amore e il nostro reciproco impegno, non ci permette di ricevere i sacramenti, ma so che il Signore sostiene il nostro amore e mi ama senza riserve. Ho una relazione col Signore e Jackie è una parte del suo amore verso di me.
Jackie è uno dei molti doni che mi ha offerto il Signore ed io , a mia volta, sono un dono per lei. Certo il senso di colpa, nato dal mio essere cattolica, mi ha fatto mettere in viaggio. Un viaggio che non era necessario, ma è stato il modo in cui, alla fine, ho scoperto l’amore di Dio.
Testo originale: A Catholic Guilt