Ideato un nuovo “atto d’amore” per le coppie omosessuali
Articolo di Valentina Ciaramella del 7 luglio 2013 pubblicato su Roma che verrà
Ieri sera al Gay village ho partecipato al matrimonio di Nicola ed Harris. Si sono sposati con una madrina d’eccezione, Vladimir Luxuria, che ha introdotto la cerimonia con la lettura del messaggio di Silo, manifesto del movimento umanista. Cerimonia toccante, ufficializzata dall’intervento di Imma Battaglia, neo consigliera comunale, terminata con la sottoscrizione dell'”atto d’amore”. Anche io ho avuto il piacere di intervenire, quale legale di Di Gay project, insieme agli altri colleghi dell’associazione, per far sottoscrivere l’atto d’amore.
L’atto d’amore (così lo abbiamo voluto chiamare per innato romanticismo) altro non è che una scrittura privata, pensata e creata dai legali di Di Gay Project, che rende, a tutti gli effetti, il matrimonio fra persone dello stesso sesso un’unione civile. Quello di Nicola ed Harris è stato un bel matrimonio, l’emozione di tutti era riconoscibile a vista d’occhio, tutti noi abbiamo condiviso la loro gioia e siamo stati posti davanti ad una realtà forte ed innegabile: Nicola ed Harris sono due persone che si amano e vogliono sposarsi, né più né meno di tante altre coppie, ma con un’unica, enorme differenza: per quanti sforzi possano fare e per quanto ostinato possa essere il loro amore, a prescindere dalle loro volontà, per il nostro ordinamento, Nicola ed Harris oggi, nonostante tutto, non sono sposati. I novelli sposi, già convolati a nozze a New York un anno fa, e che avrebbero voluto vedersi riconosciuto nel loro Paese il diritto ad essere una famiglia, per il nostro Stato non hanno alcuno di questi diritti, non hanno il diritto di sposarsi, né di essere considerati una famiglia. Già numerosi stati esteri hanno riconosciuto i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Numerose ed importanti pronunce delle corti sovranazionali, quali la corte di Giustizia europea, solo per citarne una, si sono espresse in favore del riconoscimento dei matrimoni omosessuali, eppure l’Italia, a stento, riesce a parlare di parità di diritti e, quando arriva al suo massimo sforzo, propone sottoprodotti giuridici del matrimonio con denominazioni più o meno accattivanti. La considerazione scontata che mi viene da fare è che amare non è un diritto civile, ma un diritto umano e che, pertanto, nasce in noi per il solo fatto di essere venuti al mondo, non è un diritto che si acquisisce con una, seppur discutibile, civiltà. Ed il matrimonio è un diritto, nel senso univoco della possibilità di esercitarlo, possibilità di scegliere di avvalersene o meno, ed in questo senso, uno Stato non può discriminare, e selezionare, chi possa avvalersene, e chi no.
L’omofobia ha radici profonde, non parte dalle singole anime. La paura nasce nell’anima di una società che fa della diversità una colpa ed un motivo di vergogna. Ed allora, armati di tanta pazienza, ed in attesa di tempi migliori, abbiamo cercato una soluzione “legale” ad un matrimonio “illegale”. Noi avvocati di Di Gay Project abbiamo pensato, e costruito, una scrittura privata che, come detto, abbiamo preferito chiamare “atto d’amore” con la quale due persone dello stesso sesso, che scelgono di vivere insieme, e che vogliono in qualche modo tutelare la loro unione, decidono di sottoscrivere per riconoscersi, reciprocamente, diritti e doveri che altrimenti non verrebbero riconosciuti. L’atto d’amore è un atto con il quale le parti regolamentano alcuni aspetti della loro convivenza, da quelli patrimoniali a quelli abitativi, sino a quelli legati a salute ed eredità, che in qualche modo possano tutelare la compagna od il compagno in caso di malattia o di premorienza di uno dei due. E’ doveroso dire che alcuni aspetti giuridici della vita coniugale non possono essere regolamentati utilizzando questo “contratto” perché ci sono aspetti giuridici della vita delle persone che non possono essere lasciati alla libera autodeterminazione dei singoli ma che vengono imposti per legge. E’ evidente che, non essendo riconosciuto in Italia il matrimonio fra persone dello stesso sesso, aspetti importanti, come salute ed eredità, ad esempio, possono ottenere una tutela solo parziale, molto parziale.
Sono ormai moltissime le coppie omosessuali italiane che vanno a coronare il loro sogno d’amore all’estero, addirittura molte hanno già figli con i quali vivono regolarmente in Italia. Sono oltre 100.000 i figli di coppie gay che vivono in Italia ed il nostro Stato non può continuare a chiudere gli occhi facendo finta che ciò non accada, ignorando la realtà. Per mia enorme fortuna conosco molte famiglie “arcobaleno” e trovo che le vecchie retoriche su quello che è giusto e quello che non lo è, su quello che si fa e quello che non si fa siano superate dalla vita di tutti i giorni, dalla pratica, dall’esperienza. Basterebbe osservare con l’occhio libero dal pregiudizio per capire che non c’è differenza, che l’amore per un’altra persona così come quello per i figli no ha davvero né colore né identità. Una coppia gay che chiede di sposarsi e vivere liberamente il proprio amore non solo non sta togliendo niente a nessuno, ma ancor più non sta minando alcuna tutela, riconoscimento o diritto alle famiglie ed agli amori eterosessuali. E’ ora che il nostro Stato si arrenda al riconoscimento di una realtà che, al di là di ogni previsione normativa, esiste ed in quanto tale merita rispetto e tutela.
Libero amore in un libero Stato è garanzia di umanità, di diritti e di civiltà e la libertà non è un privilegio di pochi ma è una garanzia per tutti.