Omosessuali e cattolici. Il cammino per eliminare il tabù
Articolo di Joséphine Bataille pubblicato sul sito del settimanale La Vie (Francia) il 2 giugno 2011, liberamente tradotto da Ylenia Gori
Come conciliare la fede con l’amore di una persona dello stesso sesso? E che dice oggi la chiesa cattolica riguardo l’omosessualità? Nell’era dei Gay Pride, (il settimanale cattolico francese) La Vie apre un capitolo sensibile. Non è né una provocazione, né una rivendicazione, ma l’opportunità per i cristiani di aprire gli occhi su una realtà, su delle vite, delle persone da accogliere, da accompagnare e da ascoltare.
“Alla facoltà, nel nostro ambiente professionale, non abbiamo più bisogno di nascondere ciò che siamo. Ma in chiesa dobbiamo stare a testa bassa”. Louis, (il suo nome è stato cambiato, ndlr), 28 anni, sente di non poter vivere da cristiano come gli amici.
Lui aspira ad unirsi a un gruppo di lettura biblica, o di rilettura di vita, come tanti suoi amici. “Ma come potrei parteciparvi appieno se sento che non posso accennare alla mia spiritualità ancorandola alla dimensione relazionale ed affettiva della mia vita? “
Cristiani ed omosessuali, il soggetto resta un gran bel tabù nella chiesa cattolica. Incomprensione verso una realtà che spesso identifica una cultura “gay” che non fa che rivendicare diritti, amalgamandola con la pedofilia (che ha potuto ancora recentemente essere nutrita nelle più alte sfere della chiesa cattolica): le resistenze sono molteplici. Come se i cristiani avessero sempre un problema a riconoscere che l’omosessualità li riguarda allo stesso titolo del resto della società.
Dominique si ricorda dolorosamente dello scandalo che ha dato quando ha dedicato un articolo a questo tema nella rivista diocesana, peraltro gestita dal vicario generale. “Chiesa e omosessualità sono due mondi che si ignorano, tra i quali tentiamo di gettare dei ponti” ammette Jean-Michel Dunand, fondatore della Comune contemplativa Béthanie, che si vota alla preghiera “al servizio delle persone omosessuali”.
All’interno dell’istituzione nessuna commissione, nessun gruppo, neppure al Vaticano, né nelle conferenze episcopali, nessuno si occupa della questione. Un vuoto disastroso, secondo Philippe Ariño, autore di tre opere sulla cultura gay. “La Chiesa ha il dovere di aprirsi a questo universo e di comprenderne i meccanismi al fine di essere in grado di proporre correttamente il suo messaggio “ dichiara questo cattolico impegnato, 31 anni.
Fu il teologo moralista Xavier Thévenot, negli anni 1980, a rivoluzionare lo sguardo della Chiesa ponendo le basi teologiche e pastorali per l’accettazione degli omosessuali. Ma da allora il caso non è mai stato veramente riaperto. In Francia, la teologa domenicana Véronique Magron svolge regolarmente conferenze con un certo “sentimento di solitudine”: “Si crederebbe quasi che la Chiesa ritenga d’aver già fatto troppo riguardo questo argomento.
Ma non tutto è stato detto” sottolinea lei. “Se per esempio è per noi essenziale, sul piano teologico, pensare una coppia strutturalmente aperta alla fecondità e alla vita, ciò non impedisce di riconoscere che le coppie omosessuali possano avere un’etica di vita molto profonda.
Perciò abbiamo ancora della strada da fare e la riflessione antropologica non può arrestarsi.” Infatti la questione della coppia resta delicata, anche se il magistero riconosce che è preferibile al vagabondaggio.
I pastori esprimono il loro timore di shockare gli altri parrocchiani. Julien ha provato ad integrare il gruppo di riflessione per giovani coppie della sua parrocchia, ma ne è stato dissuaso “Per costruirsi cristianamente come omosessuale, tutto è ancora da inventare, ci sentiamo molto soli” dichiara.
In pratica, l’accettazione delle persone omosessuali nella Chiesa cattolica si vede essenzialmente nella discrezione dell’accompagnamento personale. Al fine di iscriversi in un azione collettiva, alcuni si rivolgono ad associazioni come Devenir un en Christ o David & Jonathan. È quel che ha fatto Louis, un po’ a malincuore, sentendosi coinvolto in un comunitarismo nel quale non si riconosce a priori.
“Io vorrei essere percepito nient’altro che come un figlio di Dio. Ma non c’è alcuna ragione per la quale debba occultare la mia omosessualità!” Le parrocchie nelle quali queste associazioni sono inserite, come Saint-Merri a Parigi, manifestano di fatto la loro apertura. Allo stesso modo, gli ordini contemplativi si mostrano particolarmente recettivi alla domanda dei movimenti.
Venticinque comunità hanno accettato la cinquantina di ritiri che si sono svolti in questi ultimi cinque anni, come le cistercensi di Cabanoule per la Comunione Béthanie.
Alcune persone omosessuali scelgono nondimeno di unirsi a uno di questi luoghi cosiddetti “inclusivi”, che accolgono minoranze di ogni genere. Numerosi cattolici frequentano così il tempio protestante della Maison Verte a Parigi, la Chiesa MCC (Metropolitan Community Church) a Montpellier o il gruppo Lambda della cattedrale americana (anglicana) di Parigi, come i Vecchi Cattolici di Utrecht, ancorati all’eredità romana, per temperare lo shock dovuto al cambiamento di tradizione.
“Affinché le persone possano uscire fuori dalla clandestinità, bisogna cambiare il nostro modo di guardare. Non si tratta di banalizzare ad ogni costo l’omosessualità, non sarà mai così; ma la Chiesa non deve aggiungere sofferenza a sofferenza” dichiara Claude. Nel 2000, questo ragazzo di Nantes fece testimoniare dei genitori di persone omosessuali in una riunione di Pentecoste organizzata dal vescovo.
Da questa traccia nacque il gruppo Réflexion et Partage, per sensibilizzare preti e laici. Dopo tre anni di lavoro pubblicò un libretto, “Orientamento sessuale e vita cristiana”, che fu diffuso in 1000 copie. Da allora, un timido movimento di sensibilizzazione si è avviato nell’istituzione. Sono spesso dei genitori smarriti che rivelano il vuoto di proposte quando, necessitando di informazioni e di sostegno, si rivolgono alla Chiesa.
È grazie al loro stimolo che Fanny Chaligne, responsabile diocesana della pastorale familiare di Orléans, ha fondato un gruppo di condivisione. A Cambrai, Marie-Reine Guérin, storica insegnante, ha visto la sofferenza degli adolescenti e l’omofobia in atto nelle classi.
Membro del servizio diocesano della pastorale dei giovani, ha organizzato una conferenza per sensibilizzare genitori, studenti ed insegnanti. “Passiamo accanto a molti giovani facendo lo struzzo. Sappiamo sempre molto bene quali sono compresi in un determinato gruppo, ma siamo molto maldestri e poco audaci per aiutarli ad avanzare. Con questa conferenza, osiamo dire di essere disarmati e che bisogna cercare di comprendere insieme” spiega.
A Valenciennes sono stati organizzati degli incontri con l’associazione David & Jonathan da Myriam Dubois, delegata di CLER Amour et Famille per la regione Nord, al fine di formare la sua squadra, attiva sia nel campo della consulenza coniugale che nell’educazione affettiva e sessuale dei giovani.
“Il 5% della popolazione si interroga sul proprio orientamento sessuale ed esiste una enorme repressione: è indispensabile che nel nostro modo di proporre la sessualità le persone sentano che c’è una porta aperta per confidarsi. Perciò, non bisogna aver paura di toccare l’argomento: parlare di omosessualità non la provoca.”
Nella Chiesa di oggi, la direzione presa è quindi quella di informarsi riguardo a questo universo e sulle questioni che vi si pongono, per assistere meglio le persone. “Si comincia ad intravedere che l’omosessualità non è una rivendicazione identitaria ma una realtà sperimentata da delle persone che cercano di viverla in maniera responsabile” commenta padre Bernard Massarini, che accompagna alcuni membri di Devenir un en Christ. La questione dell’accettazione si pone con una particolare acutezza sul piano sacramentale.
Numerose persone domandano la comunione, la cresima, o di essere battezzate. Non l’avrebbero nemmeno preso in considerazione un tempo, sapendosi al di fuori della norma stabilita dalla Chiesa sulll’omosessualità continente o sulll’eterosessualità all’interno del matrimonio. Li si vede inoltre domandare il battesimo di un bambino. Domande gestite caso per caso, le quali hanno buon esito o meno, a discrezione dei pastori. Tutta la difficoltà, di fatto, per i preti, consiste nel prendere una posizione in rapporto al magistero, che impone la castità continente a tutti.
“Lo scopo dell’accompagnamento è di aiutare la persona a sviluppare ciò che essa è interiormente e che deve riconoscere” afferma padre Massarini. “Il magistero non è un manuale di rotta da mettere in atto: è piuttosto un parapetto che permette di evitare di cadere qualora ci siano delle virate troppo forti.
Ricordando che ci sono altri schemi di categorizzazione, che la differenza sessuale è strutturata, che la genitalità è solamente una parte della sessualità, chiede impegno nell’essere più attenti a ciò che ciascuno fa e vive. È così facendo, diviene uno strumento utile per l’umanità.”
Ma le persone omosessuali continuano ad attendere un impegno che venga dalle più alte sfere dell’istituzione. Negli Stati Uniti la lettera pastorale “Sono sempre nostri figli”, indirizzata nel 1996 dai vescovi ai genitori ed ai preti, ha costituito una notevole iniziativa d’accompagnamento ecclesiastico.
Nulla di simile in Francia. “I vescovi francesi danno prova di una grande apertura nell’intimità degli uffici ma non vanno oltre, mentre sanno essere molto audaci su altri argomenti” rimpiange Jean-Michel Dunand. “Temono che li si sospetti di appoggiare le rivendicazioni a carattere sociale che vi si accompagnano, come il matrimonio o l’adozione” secondo l’analisi di un’animatrice pastorale. “In effetti sono felici che ci siano dei laici a dire le cose”.
Nel 2006, al termine di un sinodo diocesano, Michel Santier, allora vescovo di Luçon, chiese perdono a tutti quelli che testimoniano “le ferite ricevute dalla Chiesa e dai suoi membri” citando quelli “che vivono un orientamento sessuale che non hanno scelto”. Il passo aveva suscitato lo scandalo, orchestrato dai tradizionalisti della diocesi.
“L’omosessualità suscita una tale aggressività in certi ambienti cattolici che bisogna essere molto prudenti nel nostro approccio pastorale. La parola della Chiesa rischia di essere sistematicamente mal compresa” è la sua analisi oggi.
Dal canto suo, Gerard Daucourt, vescovo di Nanterre, riconosce di sentirsi “abbastanza sguarnito per fare delle proposte che formalizzerebbero l’accettazione delle persone omosessuali, in un contesto che è sempre più teso tra quelli che che militano e quelli che condannano.”
Testo originale: Ils veulent lever le tabou